Si intitola Arabesque l’ultima fatica della scrittrice, classe ’82,  Alessia Gazzola che precisa: «Non è un libro autobiografico, ma nello stesso tempo, per forza di cose, sono un po’ in tutti i personaggi»

«Sono una che si aspetta sempre le cose più negative possibili, figuriamoci se potevo immaginare tutto questo successo». È già l’ottavo romanzo quello che a dicembre la scrittrice messinese Alessia Gazzola, medico legale di professione, ha presentato al Four Points by Sheraton Catania in occasione del ritorno dell’appuntamento L’autore per Cena, nato nel 2009 da un’idea dell’imprenditrice Ornella Laneri e di Paolo Lisi, medico di professione e poeta di passione.

Libri sì, ma accompagnati da un buon calice di vino e da un aperitivo rinforzato preparato dallo chef del Timo Restaurant Saverio Piazza, che insieme alle performance della giovane attrice d’adozione palermitana Roberta Azzarone contribuisce a creare un’atmosfera allegra e conviviale tra gli ospiti.

Si intitola Arabesque (Ed. Longanesi) l’ultima fatica della scrittrice classe 82, che ancora una volta racconta al lettore le peripezie di Alice Allevi, protagonista della saga, che in molti hanno conosciuto e apprezzato grazie alla fiction Rai L’Allieva, che ha incollato allo schermo milioni di telespettatori.

«Alice finalmente non è più una semplice specializzanda – racconta Alessia Gazzola  – ma è diventata a tutti gli effetti Specialista in Medicina legale, che come primo compito ufficiale dovrà risolvere il caso di una ex ballerina in apparenza deceduta per cause naturali, ma con alle spalle un passato trascorso in un universo competitivo e pericoloso».

Un salto di qualità professionale che comporta, dunque, anche l’assunzione di alcune responsabilità, che Alice aveva sempre schivato nei romanzi precedenti. L’evoluzione, però, la riguarda anche come persona. «Ho cominciato a descriverla venticinquenne e adesso è una trentenne. E quei cinque anni nella vita di una donna sono abbastanza fondamentali e cruciali, perché rappresentano il momento di maturazione sia dal punto di vista dell’identità professionale che affettiva. Si passa da ragazza a donna, è inevitabile, e a lei è successo proprio questo».

Rimanendo però la solita pasticciona che l’ha resa la versione made in Italy di Bridget Jones, un po’ come la sua creatrice. «In comune abbiamo il continuo senso di inadeguatezza e l’istinto di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, una caratteristica ben precisa che ho voluto tramandarle». Anche se, ci tiene a precisarlo, il personaggio non rappresenta il suo alter ego, perché c’è un po’ di lei in tutti i personaggi che animano i suoi romanzi. «I miei pensieri li metto in bocca un po’ a tutti, non è Alice l’unica portavoce delle mie esperienze ed emozioni. Non è un libro autobiografico, ma nello stesso tempo, per forza di cose, sono un po’ in tutti i personaggi».

Poteva sfruttare la fantasia della scrittrice per diventare un’astronauta, una star del mondo del cinema o della musica, una regina di altri tempi o, perché no, un personaggio di fantasia. Invece Alessia Gazzola ha scelto di dar vita a un personaggio che professionalmente la rispecchia. «Seguo la linea di pensiero che bisogna scrivere di quello di cui si conosce», chiarisce. Una lezione imparata dai romanzi dell’adolescenza, Piccole Donne e Papà Gambalunga, e diventata una regola per lei. Con le dovute eccezioni, naturalmente. «Ciò che conosci puoi anche romanzarlo, trasdurlo, traslarlo. Ma quando ho iniziato questa avventura ero una specializzanda in Medicina legale e ho voluto raccontare la storia di una specializzanda in Medicina legale».

Non c’era un progetto editoriale o un’idea ben precisa, dietro. Ha cominciato a scrivere perché ne sentiva il bisogno, per il semplice gusto di mettere nero su bianco i propri pensieri. «Avevo solo 26 anni e l’ho scritto con molta ingenuità», confessa Alessia, rimasta piacevolmente stupita quando le hanno chiesto i diritti per poter portare Alice Allevi sul piccolo schermo, dove a breve arriverà la seconda stagione. «Della serie tv ho avuto da subito una visione molto laica. Non mi interessava fosse fedele al cento per cento, ma che fosse rispettata l’atmosfera dei libri e l’identità dei personaggi. E così è stato, quindi sono assolutamente contenta».

 

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