Heidegger sguardo dominante dall’alto verso il basso di chi scruta dalla sua cattedra. Sopracciglia incurvate e rialzate, palpebre aperte, pelle sotto il sopracciglio stirata: tutti segni di sorpresa. È lo sguardo di René Descartes. Per una volta, e con l’aiuto degli studi di Paul Eckman, ci concentreremo su volto, postura, abbigliamento e qualche mania, per scoprirli umani troppo umani. D’altronde, cosa c’è di più umano di album di foto-ricordi?

Quando si va dai nonni bisogna armarsi di curiosità all’ascolto e buona memoria per fissare nella mente i volti di bisnonni, prozii e cugini di decimo grado che sistematicamente verranno riesumati da album di famiglia. Come tutte, anche la casata filosofica custodisce i suoi avi: sfogliando pagine di album di fotografie e ritratti, la fisiognomica aiuta a sentire più vicine personalità spesso considerate lontane dalla quotidianità. Teleologico, trascendentale, dialettica, teoresi, suonano termini avulsi? Esiste un modo diverso per approcciarci al loro pensiero. Guardiamoli, fissiamoli negli occhi: la vista, scrive Spengler, permette all’uomo di esercitare controllo e dominio, come per dire: «Io non ti temo». Per una volta, e con l’aiuto degli studi di Paul Eckman, ci concentreremo su volto, postura, abbigliamento e qualche mania, per scoprirli umani troppo umani. D’altronde, cosa c’è di più umano di album di foto-ricordi?

 

Sguardo dominante dall’alto verso il basso di chi scruta dalla sua cattedra; outfit di chi personifica un’istituzione; baffetto che tradisce la controversa adesione al clima del tempo; pappagorgia di chi mangia tanta kartoffelsalat (insalata con patate) ma probabilmente non solo quella. È Martin Heidegger (1889-1976).

No, non è il D’Artagnan della Maschera di ferro. Sopracciglia incurvate e rialzate, palpebre aperte, pelle sotto il sopracciglio stirata: tutti segni di sorpresa. È lo sguardo di René Descartes (1596-1650) che mette in dubbio e che mette dubbi (metodici), attratto, pare, da donne con lo strabismo. Sulla mano sinistra cappello pronto per continuare il cammino. I viaggiatori smarriti in una foresta, è meglio che proseguono risoluti in una direzione piuttosto che restare in mezzo al nulla perché, anche se non giungeranno dove sperato, arriveranno almeno in qualche luogo: è la seconda massima della morale provvisoria.

 

Anche Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) aveva la pappagorgia, che esce dal fiocco del foulard, composto come la sua filosofia sistematica. Famoso già in vita, qui è ritratto con sguardo da primogenito che sembra essere rivolto alla mamma (persa a 14 anni) in segno di approvazione, quasi fosse il servo della dialettica servo-padrone: quando due animali dominanti si incontrano, l’uno tende a sottomettere l’altro. Chissà in che modo si oggettivizza lo Spirito nella camicia da notte che tanto adorava, a tal punto da indossare in casa sopra i vestiti.

 

Postura sciolta, quasi civettuosa, collana al posto di cravatta o foulard, barba-capelli che non si sa dove comincia l’una e dove finiscono gli altri, come non si sa, a duecento anni dalla sua nascita, quando inizia la rivoluzione e quando finisce la dittatura del proletariato. La mano sinistra sulla coscia sembra spronarla ad alzarsi per agire, mentre l’espressione bonacciona è di chi: «Entra che ti offro una birra». È Karl Marx (1818-1883).

 

 

 

François-Marie Arouet in arte Voltaire (1694-1778) in outfit da ricco borghese, è qui ritratto con sorrisetto ironico, come alcune sue pagine che gli valsero l’esilio e la Bastiglia ma anche la conquista della sposata nobildonna Madame du Châtelet, che lo nascose nella sua casa di campagna dove studiarono insieme Newton e Leibniz. Tollerante e cosmopolita, è teso teso come chi beve 40/50 tazze di caffè al giorno (forse che sorride anche per la serotonina rilasciata dal cioccolato che vi aggiungeva?). Lume del secolo dei Lumi non poteva che essere ritratto con un libro in mano.

 

Sopracciglia abbassate e ravvicinate, palpebre tese, sguardo chiuso e duro, labbra serrate: sembrerebbe proprio che stia controllando la rabbia, non senza un po’ di disprezzo. Sigmund Freud (1856-1939), lui che psicanalizzava tutti, non poteva mancare in questo piccolo album di famiglia. La sua foto è soggetta a libere interpretazioni, coerentemente con la psicanalisi freudiana che, come criticò Popper, permette di dire tutto e il contrario di tutto: due comportamenti opposti trovano entrambi spazio nell’inconscio rimosso.

 

Ebbene sì, anche i filosofi hanno famiglia. Due orologi, una birra, fiori, sorrisi, una mano sul volto caro: è Richard Rorty (1931-2007), lo statunitense ironico liberale che esalta l’immaginazione per costruire mondi migliori a partire dal vocabolario e, in particolare, dalla definizione del lemma loro: loro sono ciascuno uno di noi.

 

 

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