Sette anni fa una pallottola vagante colpì la giovane studentessa universitaria che non ha mai perso la forza di combattere e che è diventato un esempio di tenacia per molti. “La Sicilia” ha raccolto i suoi articoli in un libro in distribuzione in allegato al giornale

Ricordo ancora la giornata dell’1 luglio 2010. Avevo da poco sostenuto un esame all’università di Catania, alla facoltà di Lettere dei Benedettini. Ero felice, un altro esame era andato e dopo una mattinata all’università, potevo finalmente tornare a casa. Quel giorno, per fortuna, io sono tornata. Laura Salafia no. Perché mentre si trovava a piazza Dante con dei colleghi è stata colpita da una pallottola che le ha cambiato la vita. Quel giorno tutti noi potevamo essere Laura Salafia. Ma il destino è stato fatale con lei, che si è trovata nel posto in cui era giusto si trovasse nel momento sbagliato. Si è salvata, ma è rimasta tetraplegica. «Ricordo il mio respiro che comincia a rallentare – scrive la giovane studentessa di Sortino – piano piano ne perdo la percezione, mi accascio a terra esanime».

A sette anni da quel tragico accaduto, cosa resta nelle nostre coscienze? L’orrore, la paura, la rabbia e la presa di coscienza martellante del “Potevo essere io Laura Salafia”. Ma anche un forte senso di ammirazione nei confronti di una giovane studentessa che non ha smesso di ridere, nonostante tutto, e che è diventata esempio di speranza. Perché è questo Laura. E lo si scorge anche nelle prime pagine di “Una forza di vita “(Domenico Sanfilippo Editore), il libro che raccoglie gli articoli scritti dalla giovane per il quotidiano “La Sicilia”, da dicembre 2011 ad oggi, in cui racconta il suo percorso di vita e di come questo abbia influenzato la sua percezione della realtà, che per lei è quella del “ciclamino rosso-rosa e del grande orizzonte, che si può sempre scoprire dietro il chiasso e la confusione di questo tempo”.

I pensieri e le riflessioni, non sono la “semplice” testimonianza di un evento tragico che ha scosso le coscienze di tutti noi, ma di un percorso di vita che ci invita a non smettere di guardare alle cose con stupore in una società che oggi sconosce la “passione del vivere”. In questi anni Laura non ha mai chiuso gli occhi, e non ha smesso di influenzare con la sua positività, anche inconsapevolmente, la vita di chi gli sta accanto. Come quella di un ergastolano pluriomicida con cui hai intrattenuto una corrispondenza epistolare. «Quando ha saputo della mia storia, – scrive Laura – in lui è scattato qualcosa di diverso. Anche lui ha tirato fuori ciò che di positivo aveva dentro. Ha trovato nel mio modo di vivere una forza per andare avanti. Ha studiato, ha preso il diploma (l’ha dedicato a me). Adesso sta continuando a studiare per l’Università. Lui dovrà vivere in cella fino alla fine dei suoi giorni, ma ha trovato la speranza in questo nuovo percorso che sta facendo». Emblematici, nel libro, sono i racconti dell’incontro che Laura ha avuto con alcuni ragazzi di un liceo catanese, che le hanno chiesto risposte sul senso di vuoto che spesso li attaglia, sul senso del perdono e della libertà che per Laura, prigioniera del suo corpo, è prima di tutto, nella mente e nel cuore; l’incontro con il Papa e l’amicizia con una suora benedettina di clausura.

Il libro di Laura sarà distribuito da mercoledì 13 dicembre in allegato al quotidiano “La Sicilia” perché la sua storia non ha scosso solo l’animo di noi, studenti, spettatori increduli di una tragedia che non doveva succedere, tantomeno in luogo in cui si cerca di costruire un futuro, ma anche quello di una comunità intera e di una redazione giornalistica che si è posta il problema di andare oltre la cronaca nuda e cruda dei fatti. Con questo libro Laura Salafia apre una finestra nel nostro caos quotidiano, ci fa scorgere la speranza e ci riporta a scoprire la profondità dell’essere attraverso la sua incessante “fame di vivere”.

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