«Per amore venne in furore e matto, d’uom che sì saggio era stimato prima». Un po’ tutti ci siamo soffermati, durante il periodo scolastico, davanti a frasi del genere. Chi con amore, chi con odio, ha avuto modo di confrontarsi con il buon vecchio Ludovico Ariosto. L’attento conoscitore della cultura e della tradizione siciliana sa che questi versi, tratti dall’Orlando Furioso, sono diventati pane quotidiano per molti cantastorie e sono stati resi vivi, con riadattamenti, nell’Opera dei Pupi. In pochi, tuttavia, conoscono l’esistenza del paladino catanese Uzeta, sebbene anch’egli sia divenuto una marionetta. Le sue leggendarie gesta sono andate perse nel tempo. Ma il paladino resta lì, a Piazza Università, con in mano uno scudo, guardando con occhi fieri la città che si muove sotto i suoi piedi.

UN BACIO RUBATO – Una vicenda fatta di re, principesse e giganti. Questo il contesto in cui visse Uzeta, figlio del palafreniere del re Cocalo. Quest’ultimo, dominava la città di Catania dall’austero Castello Ursino, in compagnia della bellissima figlia Galatea. Il giovane e povero Uzeta si imbatté un giorno nell’aitante principessa, nei pressi del Lago di Nicito. La fanciulla, caduta da cavallo e priva di sensi, fu raccolta dal ragazzo che non seppe trattenere l’istinto di baciarla. La principessa destatasi di soprassalto, alla non gradita vista di Uzeta riprese il suo cammino, non prima di averlo brutalmente redarguito. Tale episodio scosse in modo particolare il giovane protagonista di questa storia: non sarebbe mai stato accettato per via della sua condizione, ma voleva a tutti i costi dimostrare il suo valore.

I TERRIBILI GIGANTI – Il castello, sede del re, era da molto tempo assediato dai giganti saraceni Ursini che essendo stati i primi abitanti del maniero, gli diedero anche il nome. Uzeta, preso di coraggio, indossò la sua lucente armatura e iniziò ad attaccare i terribili giganti. Le battaglie proseguirono senza sosta, ma alla fine il giovane riuscì nel suo intento: la città e il castello erano finalmente liberi. Uzeta aveva dimostrato il suo valore, dalla sua povera e umile condizione era riuscito ad emergere conquistando quel posto nel cuore del re Cocalo che non poté fare a meno di offrirgli la mano della sua bella e giovane figlia. Si compie così anche una storia d’amore destinata a rimanere immortale nei secoli.

OLTRE LA LEGGENDA – L’avventura del giovane figlio del palafreniere del re è totalmente frutto dell’invenzione. Nata dall’acuta mente del celebre puparo catanese Raffaele Trombetta, vissuto agli inizi del Novecento, è stata poi rivisitata e diffusa, pochi anni dopo, dalla penna di un giornalista di nome Giuseppe Malfa. Lo stesso Castello Ursino deve, molto probabilmente, il suo nome alla locuzione latina “castrum sinus” che indica appunto la sua collocazione sul golfo di Catania e, certamente, non ai giganti di cui si parlava. Uzeta è diventato, tuttavia, simbolo di una Catania che avverte il continuo bisogno di riscattarsi dalle maldicenze e dalla scarsa considerazione dei vicini. Immortalato in una celebre scultura di M. Lazzaro ai piedi di uno dei quattro candelabri che illuminano Piazza Università, assiste fiero e austero al continuo via vai di Catanesi e turisti che, ignorandone l’esistenza, hanno consegnato la sua leggendaria vicenda, all’oblio.

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