Web e social media hanno ampliato la possibilità di confronto. O scontro? Il filosofo spagnolo delle “Meditazioni del Chisciotte” può aiutarci a fare luce su questo fenomeno

Nel 2008 dovevi aspettare di tornare da scuola per inviare trilli su Msn. I tempi erano stretti: i giga delle internet key duravano il tempo di un corteggiamento, la connessione da casa finché i tuoi non alzavano la cornetta, negli Internet point il resto di un frappè alla nutella. Oggi viviamo online e offline quasi contemporaneamente. La facilità con cui chiediamo a Google dai neuroni specchio a come fare gli slime, la velocità con cui entriamo in contatto con connazionali o gente della Nuova Caledonia sono sbalorditive. Web e social media hanno ampliato la possibilità di confronto. O scontro?

UN TASTO INIBITORIO. Quello degli hater è un fenomeno diffuso. Letteralmente sono coloro che odiano. Chi? Cantanti, attori, vip, politici, ma anche categorie etniche, religiose, lavorative, di genere e addirittura di brand tecnologici, tutti protagonisti di commenti denigratori, molestie, minacce, insulti gratuiti. A volte è l’anonimato di profili fake a far crescere la criniera; più frequentemente, la de-personificazione del web: dietro la non compresenza fisica si fanno forti lontananze emotive e l’odio diventa un sentimento virale che genera consenso. Ma offendere da una tastiera non è meno grave che dal vivo. Ne sa qualcosa Selvaggia Lucarelli, pioniere nella lotta contro i leoni da tastiera. D’altronde, è molto più facile odiare quando basta un tasto. La bomba atomica ha mostrato che basta un pulsante per schiacciare l’inibizione ed evacuare rabbia, frustrazione e quel rancore di cui parla José Ortega y Gasset nel 1914. Così siamo connessi sconnessi. «L’odio che produce sconnessione, che isola e scinde i legami, atomizza il mondo e polverizza l’individualità», scrive nel 1914 in Meditazioni del Chisciotte.

LILLIPUZIANI. Gli hater si nutrono di fake news e visioni parziali della realtà. Perché? «Quando odiamo qualche cosa, poniamo fra essa e la nostra intimità una molla d’acciaio che impedisce la fusione, sia pure transitoria, della cosa col nostro spirito. Per noi esiste soltanto quel punto di essa in cui si fissa la nostra molla di odio; tutto il resto, o ci è sconosciuto, o lo dimentichiamo pian piano» introduce il filosofo spagnolo. «Non c’è nulla di tanto illecito quanto rimpicciolire il mondo con le nostre manie e le nostre cecità». E continua, spiegando: «Quando giungiamo ai quartieri bassi del pessimismo e nell’universo non troviamo nulla che ci sembra capace di salvarci, gli occhi si rivolgono alle cose minute della vita quotidiana – come i moribondi ricordano in punto di morte ogni piccolezza della loro esistenza». Anche il nostro odio si rivolge a cose minute: acqua Evian by Ferragni, unghie della migrante Josefa. Disfare false notizie non è facile, perché si tende a credere a ciò che conferma la propria visione del mondo. Accade così che quella piazza virtuale da agorà diventi ring. Cosa fare?

L’EROS CHE CREA LINK. Quando apriamo gli occhi al mattino «c’è un istante in cui gli oggetti penetrano convulsi nel campo visivo»; pian piano «si acquietano e fissano le cose che cadono al centro della visione, poi quelle che occupano i bordi»: la nostra attenzione li ordina creando una rete di relazioni con le cose circostanti. «Se continuiamo a prestare attenzione ad un oggetto, questo si determinerà sempre di più». Per il madrileno «l’ideale sarebbe fare di ogni cosa il centro dell’universo». Qualcosa di analogo si può dire avvenga quando accendiamo il telefono: il dito scivola indifferente sulla home di social o fra titoli di testate, ma non possiamo chiuderci nella notizia di un solo sito o nei contatti di una sola pagina. «L’ansia di capire» che Ortega y Gasset vuole imprimere nei suoi saggi ci porta da un link a un altro e poi a un altro ancora. È ciò che fa l’amore, «un impeto che porta le cose a legarsi tra loro» e tutte a legarsi all’amante: «C’è quindi nell’amore, un ampliamento dell’individualità». Spargiamo allora di amor intellectualis il web, giunto nelle stanze di adolescenti per fare ricerche e non per cercare; applichiamo quell’intento che l’autore della circunstancia affida alle sue Meditazioni: «collocare gli argomenti di ogni specie, che la vita, nella sua risacca perenne, getta ai nostri piedi come inutili resti di un naufragio, in una posizione tale che il sole provochi in essi innumerevoli riflessi». Quell’ansia di capire è un architetto che costruisce ponti sopra il mare magnum di Internet. Ortega y Gasset al mattino recitava un versetto del Rig-Veda: «Signore, svegliaci contenti e donaci la conoscenza».

Il nostro impegno è offrire contenuti autorevoli e privi di pubblicità invasiva. Sei un lettore abituale del Sicilian Post? Sostienilo!

Print Friendly, PDF & Email