La Sicilia da terra di immigrati a terra di emigrati. La storia di Giuseppe, palermitano a Praga: «Sono partito 7 anni fa con nulla in mano. A spronarmi? Mio padre e la passione per la cucina siciliana»

PRAGA. Cosa ci fa un cittadino di Casteldaccia, comune di 11 mila anime, in Repubblica Ceca? La Sicilia è da sempre terra d’incontro di diverse culture e allo stesso tempo il suo è un popolo votato all’ emigrazione. Giuseppe Ragnatelli, classe 1988, è uno dei 700 mila siciliani residenti all’estero, si parla del 17% del totale nazionale. Dopo sei anni in giro per l’Europa approda all’ex predominio comunista dove è manager presso Sicily Express, locale di enogastronomia sicula, sito in Praga 1. Due i punti di riferimento per i suoi viaggi: gli insegnamenti del padre e la passione per la cucina siciliana. Il padre, noto pasticcere a Casteldaccia, è venuto a mancare quando aveva 21 anni. Da quel momento ha deciso di rivoluzionare la sua vita: lasciata l’Università, ha continuato da autodidatta gli studi di economia, convinto che studiare sia soprattutto aprire gli occhi al mondo, viaggiare. Così è partito senza nulla in mano, come tanti giovani della sua età: Nord Italia, Svizzera, Francia, Spagna, Malta fino a Praga, dov’è giunto 2 anni e mezzo fa.

DA MALTA ALLA REPUBBLICA CECA. «Nascere in una città e conoscere solo quella è come non uscire mai dalla tua stanza e non conoscere casa tua», questo il suo pensiero guida. Come molti, anche lui si è lasciato sedurre dalle aspettative di Malta che, tuttavia, si sono rivelate una chimera. Malta è veramente l’America degli anni ‘60? A questa domanda Giuseppe contesta: «Assolutamente no. A Malta ho lavorato in un ristorante per quattro euro l’ora, dovendo pagare un corso di inglese svolgevo un secondo lavoro per sostenere le spese dell’affitto: mi hanno sfruttato». È stata l’ultima tappa prima di arrivare a Praga. Qui ha lavorato subito in un ristorante italiano gestito da un albanese che, racconta, non aveva nulla di italiano, eccetto il nome (ci si imbatte in un’illusione analoga entrando al Sicily Café in Nové Město, ndr). Nell’arco di tre mesi da cameriere è diventato manager per poi entrare quasi un anno fa nel team di Sicily Express. «È stata la mancanza di mio papà a cambiarmi, mi spronava sempre a fare esperienza: “un giorno, diceva, sarà la tua valigia che ovunque sarai potrai sempre aprire, trovarvi tutto ciò di cui hai bisogno e sentirti ricco”. Così l’esperienza che accumulo è la valigia che porto nei miei viaggi: in essa c’è la Trinacria in cui mi imbatto sempre, per quanto lontano sia da casa. Per questo gestire un locale che omaggia la Sicilia mi tiene legato non solo alla mia terra ma anche alla mia famiglia, tradizionalmente inserita nell’ambito della ristorazione» (giù ha un bar e un ristorante per adesso in affitto).

ADATTARE LA CUCINA AL TRDLO. Inserire nel mercato estero i prodotti siciliani non è facile. Al Sicily Express all’inizio la gente entrava incuriosita ma con diffidenza. «Il contatto umano è la più bella via di conoscenza, bisogna parlare con la gente e ascoltarne le esigenze: questo fa la differenza nella promozione dei nostri prodotti. Pian piano abbiamo scoperto che la popolazione ceca ama i sapori decisi come i nostri, bisognava soltanto capire come offrirli, renderli appetibili presentandoli secondo i loro modi. Ad esempio i cechi amano mangiare per strada e il fatto che il locale fosse pieno di cesti di vimini con bottiglie di vino e altri prodotti, non permetteva loro di avere un’immagine chiara di essi. La presentazione basic delle pietanze, dalle barchette di carta in cui sono venduti i pezzi di tavola calda, alle vaschette di plastica rigida delle lasagne monoporzione, è dovuta alla necessità di renderli cibo da strada. La location è ubicata fra l’altro in una zona di transito dei tram». D’altronde adattamento è una parola chiave della cucina siciliana che nasce dall’integrazione originale di variegate influenze. La cassata, ad esempio, potrebbe assurgere a metafora della Sicilia stessa: i suoi ingredienti sono il più dolce lascito storico delle passate dominazioni.

ARANCINO O ARANCINA?. Parla al telefono Giovanni Salamone, uno dei tre padri fondatori di Sicily Express che, con occhio vigile da Palermo, hanno demandato la gestione in loco a Giuseppe: «La scelta è ricaduta su Praga per la sua posizione al centro dell’Europa e si è rivelata di successo: i cechi rispondono molto bene soprattutto alla pasticceria e abbiamo in cantiere l’apertura in altre metropoli europee. Il nostro sogno è far conoscere e vivere la sicilianità, alcuni visitatori non sapevano neanche fosse una regione italiana». Spiega Giuseppe che, a questo fine, ogni due giovedì organizzano il Sicily Party: «Proponiamo l’accostamento di un bicchiere di vino siciliano con degli assaggini di pietanze caratteristiche, spiegando ai clienti origine e produzione». Arancino e cassata i più gettonati, dei quali è vantata l’impronta assolutamente palermitana. Si tratta di un’emigrazione a tutti gli effetti: tutto è prodotto nel capoluogo siciliano, lavorato da mani siciliane, con materie prime, aria e acqua siciliane e, una volta attuati i processi di abbattimento, spedito. «L’arancina è femmina e come tale va rispettata» così risponde Giovanni alla provocazione circa la celebre diatriba, mentre Giuseppe, consapevole dell’usanza catanese, interviene scherzando: «Non litigate per telefono».

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