Le storie dei siciliani vincitori del permesso di soggiorno statunitense. Riccardo Pandolfini «Io e la mia famiglia siamo eccitati, ma anche spaventati». Rosario Ragusa, vincitore della Green Card Lottery nel 2008 «Qui se non riesci ad adattarti, non vai da nessuna parte».

Un biglietto di solo andata per cambiare vita, lasciarsi tutto alle spalle e realizzare un sogno, quello americano. Sarà così per Riccardo Pandolfini, 45 enne catanese, che ha da poco vinto, dopo diversi tentativi, un permesso di soggiorno permanente per vivere e lavorare negli Usa. A cambiargli la vita, una notifica da parte del governo degli Stati Uniti che lo informava di essere uno dei vincitori del Diversity Visa Lottery Program, la lotteria che permette ai partecipanti di tutto il mondo di potersi aggiudicare ogni anno, attraverso una domanda online, la possibilità di ottenere il visto per vivere in America. «Tutto è iniziato circa quattro anni fa – racconta il catanese che da anni vive a Tenerife – quando mia moglie mi parlò di questa lotteria. È da allora che tento la sorte. Quest’anno ci siamo finalmente riusciti». Riccardo, che ha lasciato la Sicilia da giovanissimo per crearsi un futuro migliore prima a Verona e poi in Spagna (dove lavora come manager di una catena di ristoranti e vive con la moglie e i suoi sei figli) è sempre stato affascinato dall’America. «Quando ho ricevuto l’e-mail ero incredulo, non sapevo se andare avanti nell’iter di selezione o rinunciare. In poco più di due mesi non solo avrei dovuto recuperare tutti i documenti da presentare all’Ambasciata americana a Madrid, ma mi sarei dovuto anche sposare o la mia compagna non sarebbe potuta venire con me e i miei figli. Le spese di questo lungo iter burocratico non sono state indifferenti, ma per fortuna abbiamo superato il colloquio finale: il nostro sogno di poter offrire ai nostri figli un futuro migliore si realizzerà».

La guida per gli immigrati vincitori della carta verde

IL SISTEMA PIU’ DEMOCRATICO. Sebbene si affidi al caso, quello della Green Card Lottery rappresenta per assurdo il metodo più probabile per ottenere il permesso di soggiorno per vivere e lavorare negli Stati Uniti. I requisiti lavorativi e familiari richiesti con gli altri metodi sono infatti piuttosto restrittivi: è necessario, ad esempio, possedere delle competenze particolarmente richiese negli Usa o avere un parente stretto già residente oltreoceano. La “lotteria”, le cui domande di partecipazione si aprono normalmente in autunno, mette in palio un numero limitato di  “carte verdi” per i cittadini provenienti dai paesi inseriti nel programma, che si basa su una politica di mantenimento della diversità etnica della popolazione americana. Per questo motivo ogni anno non sono previsti “sorteggi” per i cittadini dei paesi il cui contingente di emigrazione verso gli Stati Uniti ha superato il numero di 50mila persone negli ultimi cinque anni.

Riccardo Pandolfini e la moglie Roberta Galdiolo

RICOMINCIARE DA ZERO. «Per realizzare questo sogno – spiega ancora Riccardo – mi sono anche licenziato. Amici e parenti pensano che quello che stiamo per fare sia da folli, ma noi lo abbiamo fatto per i nostri figli perché la Spagna, come l’Italia, non offre molte opportunità alle nuove generazioni. Adesso abbiamo sei mesi di tempo per trasferirci negli Usa (pena la perdita del permesso di soggiorno ndr). Dobbiamo ancora scegliere la città in cui vivere e trovare una casa. Siamo spaventati ma allo stesso tempo eccitati all’idea di fare questa nuova esperienza. Se andrà bene, saremo orgogliosi, altrimenti ci resterà il ricordo di questa incredibile avventura e ritorneremo a vivere a Tenerife».

 L’ESPERIENZA DI CHI È GIA’ PARTITO. Ma come stanno vivendo il loro sogno a stelle e strisce gli italiani che hanno vinto la Green Card Lottery negli ultimi anni? Per molti il “sogno americano” è stato meno roseo di quanto preventivato. «Mi sono trasferito a Boston assieme alla mia famiglia – racconta il cinquantenne di Acireale Rosario Ragusa -. Ricominciare da zero, tuttavia, è stato tutt’altro che facile: in seguito al mio dottorato di ricerca, il mio desiderio era diventare professore universitario in Business Administration, ma all’inizio ho fatto il cuoco e il cameriere. Mantenere la famiglia era impossibile, così dopo nove mesi siamo rientrati in Sicilia, dove mia moglie ha ripreso il suo lavoro. Io però continuavo a vivere nel precariato, così decisi di ripartire, stavolta da solo».

IL RITORNO A BOSTON. Da circa cinque anni Rosario vive a Boston, dove insegna italiano, lavora da freelance nell’ambito delle consulenze aziendali ed è l’allenatore di una squadra di pallamano. Nonostante questo, la sua condizione economica non gli consente ancora di poter vivere con la sua famiglia. «Penso spesso all’idea di ritornare – commenta con nostalgia – soprattutto per i miei figli, ma ho cinquant’anni, cosa potrei fare in Italia? Cosa potrei garantire alla mia famiglia? È vero che la qualità della vita in Sicilia è migliore rispetto a quella americana e che qui non ho ancora realizzato il mio sogno, tuttavia continuo a crederci, e non smetto di cercare il lavoro adatto alle mie aspirazioni. Qui ho trovato quella dignità lavorativa che in Italia non avrei mai avuto. Ho imparato che, se non ti dai da fare, non vai da nessuna parte, e che se t’impegni qualcosa, prima o poi, la trovi».

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