Lo abbiamo incontrato nel suo salone a Randazzo: «Non ho solo clienti anziani o di mezza età, viene a trovarmi anche qualche ragazzo e non mi tiro certo indietro davanti alle loro richieste»

Il tempo sembra essersi fermato al civico 99 di via Umberto a Randazzo: tra le stradine medievali di questo borgo siciliano si trova infatti un salone da barba risalente agli anni ‘60 e gestito da Giuseppe Foti, che con la sua classe 1926 è il barbiere più anziano d’Italia.

GENERAZIONI CHE SI SUCCEDONO. Don Peppino, così è noto in paese l’arzillo lavoratore, è un’istituzione a Randazzo (CT): nella sua bottega sono passate intere generazioni di ragazzi, oggi ormai clienti adulti, ma non manca qualche rappresentante dei giovani d’oggi. «La mia clientela – racconta il barbiere – è abbastanza miscelata. Non ho solo clienti anziani o di mezza età, viene a trovarmi anche qualche ragazzo e non mi tiro certo indietro davanti alle loro richieste».

UN MESTIERE CHE (NON) CAMBIA. Il signor Foti svolge il mestiere di barbiere da 85 anni, avendo iniziato ancora bambino come apprendista in una bottega. Dall’alto della sua esperienza egli racconta come la professione sia cambiata: «Oggi certamente ci sono strumenti più moderni che facilitano in parte il lavoro, ma ci vuole comunque abilità. Non si può parlare in maniera generale di un mestiere che cambia, perché in realtà il barbiere si adatta alle richieste dei singoli clienti. È il cliente infatti che sceglie il taglio, moderno o classico che sia: io con la mia esperienza devo realizzarlo per soddisfarlo».

UNA PROSPETTIVA PRIVILEGIATA. La bottega di don Peppino si trova poco distante dalla centralissima Piazza del Municipio e questa posizione privilegiata gli ha permesso, tra una rasatura e l’altra, di gettare un occhio sul suo borgo natio: «I tempi sono cambiati e il paese va inevitabilmente a perdere: – constata con amarezza il barbiere – molti giovani vanno via e qui restiamo prevalentemente noi anziani». Questa accorata riflessione ben si coniuga, purtroppo, con un’altra spiacevole osservazione di don Peppino: «Oggi non è facile per un ragazzo metter su bottega e intraprendere il mestiere di barbiere. Questo perché prima di mettersi in proprio è necessario un periodo di formazione come apprendista in un salone con qualcuno già dotato di esperienza». Il problema sta proprio qui: «Raramente però si trova una persona disposta ad assumere un giovane inesperto: io per primo – ammette il signor Foti – non lo faccio mai. Perché? Perché le tasse da pagare dopo aver dichiarato l’assunzione di un lavorante sono troppo alte! Inoltre i ragazzi richiedono giustamente di essere pagati anche quando sono ancora degli apprendisti e io non posso permettermelo».

UN “GIOVANE ANTICO”. L’anziano barbiere lavora ancora per passione, ma anche per necessità: «Ho una moglie di 84 anni che non percepisce pensione e due figlie a carico, continuare a svolgere il mio mestiere finché posso è un piacere e un dovere». Fare il barbiere richiede abilità e volontà, che non mancano certamente a questo “giovane antico”, come lo stesso don Peppino si è definito: «Chiaramente, per continuare a lavorare c’è bisogno anche di salute, ma io ho un contratto fino a 115 anni, quindi sono tranquillo» conclude ironicamente il barbiere più anziano d’Italia.

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