L’ingegnere, da quest’anno membro del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Catania, ci ha parlato della sua esperienza e del suo punto di vista su giovani e università

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]L[/dropcap]a Sicilia offre alcune possibilità ma per accoglierle è necessario abbandonare la presunzione e aver voglia di “sporcarsi le mani”, bisogna insomma riappropriarsi di quella voglia di fare, che stiamo lentamente perdendo. D’altra parte quest’isola ferve di creatività ma sarebbe più produttivo concentrare le risorse in alcuni settori forti  piuttosto che disperderle e divenire, magari,  leader nei settori prescelti». Questo è ciò che per la sua terra propone Fabrizio Garufi, co-fondatore e project manager della TechLab Works e, da quest’anno, membro del Consiglio di amministrazione dell’Università di Catania. I suoi successi professionali si collocano in anni bui per l’economia del nostro paese, anni di sconforto, superati però a pieni voti, «l’ottimismo e la follia non sono mai mancati, il motto era “dobbiamo fare qualcosa!”, si aggiunga tanta testardaggine e il coraggio necessario per vincere il clima di sfiducia di quegli anni». E naturalmente un’ottima formazione, un po’ “borderline”, come da lui definita, grazie al contributo formativo della Scuola Superiore di Catania,« la formazione siciliana è di elevata qualità e l’esperienza alla Scuola Superiore lo dimostra: ho conosciuto ragazzi provenienti da diverse parti dell’isola e ciascuno eccelleva nel proprio ambito».

UNIVERSITA’: UN LINK TRA STUDENTI E IMPRESE. Il problema non è quindi l’offerta formativa scadente quanto piuttosto l’incapacità da parte dell’Università di Catania di creare un ponte con il mondo del lavoro. «Da componente del Consiglio di amministrazione dell’Università ho una buona prospettiva: l’università è abituata a ragionare in termini di formazione e di ricerca com’è giusto che sia, ma ragiona solo su questo». Il problema della terza missione e delle strategie per attuarlo diventano quindi sempre più pressanti e non solo per i dipartimenti catanesi, «l’Università deve divenire un link tra gli enti pubblici e le imprese private ed i giovani; se il ragazzo oggi dopo la laurea deve confrontarsi con la conclusione del percorso già segnato e il successivo salto nel vuoto, nei prossimi anni, dovrà poter usufruire del volano- università». Le prospettive sono quindi fiduciose e il cambiamento sembra già bussare alla porta, anche per Catania, «negli ultimi consigli si è molto discusso di terza missione per i dipartimenti catanesi. È necessario abbracciare il territorio, incrementare l’attività di progettazione finanziata (con fondi europei) a sostegno delle imprese, far scouting per le aziende, realizzare tavoli di discussione e trasportare la ricerca nel mondo del lavoro, insomma compiere un’operazione di marketing per cui la ricerca incontri le imprese e questo connubio attragga fondi europei. Nei prossimi anni ci sarà uno sforzo per agire in questo senso».

GIOVANI E SICILIA. Per il momento suggerisce ai giovani di compiere la loro formazione in Sicilia e poi scegliere se partire o restare, «forse è più comodo andare in un territorio che offre di più, però è un ragionamento che personalmente non mi piace; se tutti la pensassimo così i ragazzi più meritevoli andrebbero via e impoverirebbero il territorio, ci trasformeremmo in cavallette piuttosto che rimanere uomini che colonizzano il territorio e lo migliorano, sebbene questa sia certo la strada più difficile». Garufi ammette d’altronde di aver lui stesso in un primo momento preferito lasciare la Sicilia per un impiego sicuro e gratificante e di comprendere le incertezze di chi sceglie di lasciare una terra ricca di contraddizioni. «La Sicilia è ricca di eccellenze che però non fanno squadra, ma privilegiano l’individualismo. A ciò si aggiunga l’influenza esercita dai mass media che spesso raccontano di giovani che fanno carriera solo dopo il trasferimento all’estero, sono notizie decontestualizzate e non considerano che ciascuno, sulla base delle proprie propensioni, si sposta logicamente verso i territori che sono leader in quell’ambito; lo dimostrano le vicende di chi invece ottiene successi proprio in Sicilia investendo ad esempio sul settore turistico».

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