Ragazzi che, alcuni dopo il diploma altri dopo la laurea, hanno deciso di cambiare strada e investire il loro futuro nel settore culinario, in grado di offrire loro diverse opportunità di crescita professionale

Sono storie di fatica e sacrifici, di grandi passioni e ricette sperimentate dietro i fornelli. Storie di giovani catanesi che spinti da diversi motivi hanno scelto di dedicare la loro vita alla cucina, passando, per cominciare, dalla scuola Alma gestita dallo chef Gualtiero Marchesi. Come il ventiquattrenne Piermaria Trischitta, che sta in cucina con passione e semplicità, sognando di poter avere, un giorno, uno spazio personale sui generis dove poter esprimere il proprio estro.

«Finita la scuola e dopo una falsa partenza a Giurisprudenza mi sono trasferito vicino Londra, dove ho lavorato in una bakery», racconta. Più per imparare la lingua che i segreti della cucina, che Piermaria ha ereditato dai genitori, entrambi appassionati di questo mondo.

Le tecniche le ha affinate all’Alma, dove è andato per avere una visuale più ampia del mondo culinario e del mestiere di cuoco. «È una figura che è cambiata nel tempo – spiega Piermaria. Oggi deve essere un cuoco pensante a 360°, in grado di capire non solo cosa mettere nel piatto, ma di intraprendere un percorso di studio e ricerca sulle materie prime e sulla corretta alimentazione». Se è vero che la scuola con sede a Colorno, in provincia di Parma, offre agli aspiranti chef dei binari da seguire, sta a ognuno di loro, poi, costruire il proprio futuro, stando dietro i fornelli dalla mattina alla notte.

«Dopo lo stage svolto in Valtellina e il completamento del percorso Alma sentivo che era arrivato il momento di viaggiare, così mi sono trasferito in Germania, ad Amburgo. Quando mi sono impratichito ho deciso di volermi concentrare sui piatti della mia terra e sono stato per una stagione a Modica, alla Locanda del Colonnello».

A febbraio 2017 è la volta di Copenaghen, dove il ventiquattrenne è entrato nella brigata del 108, esclusivo locale stellato e segnalato sulle migliori guide. «Quello in cucina è il lavoro più bello del mondo, perché ti rendi conto di quanta fiducia le persone ti danno affidandoti la loro alimentazione e quanto sia fenomenale quando apprezzano il tuo modo di cucinare. È una grande responsabilità – continua – e bisogna essere impeccabili sotto tutti i punti di vista».

Un altro degli aspetti più apprezzati dai ragazzi è l’opportunità che questo mestiere offre di viaggiare e conoscere culture nuove, soprattutto dal punto di vista gastronomico. «Sono fuori dalla Sicilia da due anni», afferma la ventunenne Arianna Consiglio, che ha lavorato all’Osteria La Fefa, in provincia di Modena, e oggi si trova a Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, dove c’è il ristorante Guido da Costigliole, una stella Michelin, per cui Arianna prepara i primi piatti.

«La cucina ha sempre fatto un po’ parte della mia vita, fin da ragazzina per un motivo o per un altro mi trovavo spesso vicino a un fornello e verso la fine del liceo Scientifico mi sono trovata a riscoprire un percorso in cui la cucina era protagonista e da passatempo si è trasformata in lavoro». Che non lascia tanto spazio a hobby e passatempi, anche se Arianna non rinuncia a un buon libro o un giro in sella alla sua amata moto.

«La cosa che più amo di questo lavoro è il riscontro pratico delle mia azioni. Spesso nella vita ci si sente insoddisfatti perché si tenta di raggiungere degli obiettivi, anche se le cose non vanno mai come si desidera. In cucina invece se ti impegni riesci. Se ci metti fatica e concentrazione le cose vengono bene, tutto va al posto giusto. In questo lavoro più che in ogni altro la fatica ti restituisce soddisfazioni e per me non c’è niente di più bello».

Alma le ha dato disciplina, tecnica di base e la possibilità di confrontarsi con personalità uniche di questo ambiente. «Cuochi capaci di trasmettere abilità, conoscenza, affetto e rigore assoluto. Di metterti alla prova dandoti modo di credere nelle tua capacità ogni giorno di più».

«Un’altra faccia splendida di questo lavoro è che il futuro non esiste, non ci pensi – dice Arianna. Oggi sei qui e devi dare il massimo, domani è un altro giorno. Ho cambiato tante città, ho lavorato con persone diverse e sono ancora solo alle porte di questo mondo. Non so cosa ci sarà nel mio domani né dove mi troverò, ma sarà bellissimo».

«In un piatto trasmetti tante cose, chi sei e l’impegno che ci hai messo per realizzarlo», sostiene Giulio Gobbi, 27 anni, diploma classico e varie esperienze formative alle spalle, sfociate nel 2013 nella laurea in Scienze Politiche, indirizzo relazioni internazionali. «Volevo sperimentare il più possibile e non bloccarmi in qualcosa di statico» – racconta Giulio, che già durante gli anni universitari aveva deciso che si sarebbe spostato in cucina. «Avevo già in mente Alma perché in molti me ne avevano parlato come una scuola di alto livello e ho iniziato il corso base di due mesi. Dopo lo stop estivo, durante il quale ho lavorato con lo chef Pietro D’Agostino alla Capinera di Taormina, una stella Michelin, in un ristorante stellato di Torino, da Kilometro 0 a Catania e quattro mesi a Milano, dove ho approfondito la cottura a bassa temperatura, sono partito per il corso superiore».

Al rientro a Catania ha trovato posto come sous chef al Carato di Carlo Sichel, mentre oggi lo troviamo dietro il bancone di uno spazio studenti nato da poco in città. «Nel mondo della cucina mi ci sono ritrovato. A 12 anni avevo l’ingrato compito di prepararmi la pasta con la salsa, che dopo un po’ stava diventando monotona. Ecco perché ho iniziato a sperimentare nuovi accoppiamenti, capendo che questa attività poteva anche rilassarmi e farmi divertire».

Quando è diventato un mestiere a tutti gli effetti ha imparato che lavorare in cucina vuol dire stare molto tempo in spazi ristretti con tante persone e in una situazione di stress. Ma sta proprio nel sapersi adattare e confrontare con gli altri la sfida, senza dimenticare i momenti più belli, come la creazione del menù.

Come si vede in futuro? «Con una mia attività, che nascerà quando mi innamorerò di un posto dove vorrò passare buona parte del mio tempo, che sia una casa, un giardino o un panorama. Sarà un posto all’insegna della cordialità e dell’accoglienza, senza camerieri troppo premurosi e con un occhio di riguardo nella ricerca delle materie prime, per dare al cliente cose semplici. Anche azzardando ogni tanto, e non per la presunzione di insegnare qualcosa, ma per far divertire seguendo la filosofia della convivialità a tavola e offrendo un’esperienza culinaria che possa allietare la giornata e regalare un sorriso».

 

 

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