Nel suo ultimo libro la storica inviata de “Il Manifesto” indaga il rapporto tra le tre principali religioni monoteiste e la discriminazione della donna: dai testi sacri ai giorni nostri

[dropcap]L[/dropcap]a radicalizzazione religiosa come risposta alla crisi dei valori in Occidente. Da questa riflessione sulla contemporaneità prende avvio l’ultimo libro di Giuliana Sgrena, “Dio odia le donne” (Il Saggiatore, 2016), recentemente presentato al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Catania. Un testo scientifico e divulgativo allo stesso tempo, caratterizzato dalla grande capacità analitica tipica della giornalista de “Il Manifesto”. «A una progressiva scomparsa delle ideologie – ha spiegato la giornalista – corrisponde un dirompente bisogno di spiritualità che esige risposte nette, che solamente un dogma religioso può dare». Si spiegherebbero così gli innumerevoli casi di foreign fighters: giovani occidentali che vedono nell’integralismo islamico l’unica risposta possibile a quel vuoto ideologico che li attanaglia e a cui la politica non riesce a dare risposta.

«A una progressiva scomparsa delle ideologie corrisponde un dirompente bisogno di spiritualità che esige risposte nette, che solamente un dogma religioso può dare»

Risposte nette, dunque, alla base del dogmatismo religioso: ma possono queste ultime soddisfare le esigenze della complessità della società contemporanea? La Sgrena su questo non ha alcun dubbio e boccia il modello sociale veicolato dalle tre religioni monoteiste, messe a confronto nel suo libro. Un modello patriarcale, volto a discriminare la donna e a porla sotto il controllo dell’uomo. Un’inferiorità che sta scritta sui testi sacri, nero su bianco. «La prima discriminazione – continua la giornalista – è ab origine. Eva viene creata perché gli animali non erano adatti a fare compagnia all’uomo. Eva a immagine di Adamo, Adamo a immagine di Dio». Un’inferiorità congenita quindi, alibi per un patriarcato che ha posto sotto il proprio potere ogni aspetto della vita della donna.

«La prima discriminazione è ab origine. Eva viene creata perché gli animali non erano adatti a fare compagnia all’uomo. Eva a immagine di Adamo, Adamo a immagine di Dio»

Giuliana Sgrena non adotta mezze misure: per lei in tutte le storie delle religioni c’è un incrocio tra queste e il potere. Un potere che vuole controllare la donna, dalla sfera sessuale ai vestiti che indossa. Come può allora la donna affrancarsi da quest’oppressione? Può essa vivere la propria spiritualità senza rendersi veicolo di un modello sociale che nega i suoi diritti? La risposta è in un’esperienza religiosa individuale: solo vivendo in prima persona la propria religione la donna potrà prendere consapevolezza di sé, liberandosi dalle catene apparentemente volute da Dio, ma piantate e mantenute dagli uomini.


La copertina del libro (Il Saggiatore, 2106)

GIULIANA SGRENA. Nata a Masera (VCO) nel 1948. Storica firma de “Il Manifesto”, si occupa di temi relativi alla cultura islamica e alla condizione delle donne nei paesi musulmani. Il 4 febbraio 2005 è stata rapita a Baghdad, dove si trovava come inviata dall’organizzazione per la Jihad islamica. La sua liberazione è avvenuta il 4 marzo dello stesso anno per opera dei servizi segreti italiani (nell’operazione ha perso la vita N. Calipari, funzionario del Sismi che aveva condotto le trattative per il rilascio). Nel 2009 si è candidata alle elezioni europee con Sinistra e Libertà. È autrice di diversi saggi, ultimo dei quali è “Dio odia le donne”.

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