La parola è usata e compresa ovunque nella penisola. Eppure, la sua storia potrebbe essere iniziata proprio con la valuta in uso in Sicilia fino all’unità nazionale

Filosofia spicciola, soldi spicci, persone spicciole… Tutte espressioni che hanno in comune una parola dall’origine misteriosa, che tuttora risulta non essere del tutto chiara e attestata nei dizionari. Che derivi dal latino impedicare (prendere i piedi al laccio) e sia poi arrivata in Italia attraverso la forma francese empedichier (ostacolare), con un mutamento di sillaba iniziale?

Verosimile, ma non certo. Quel che c’è di sicuro è, invece, che l’aggettivo era anticamente un regionalismo comparso per la prima volta proprio in Sicilia, da cui poi si è diffuso nell’intera penisola fino a diventare ai nostri giorni un termine praticamente universale. Proprio a partire da questo dato verificato si è sviluppata una teoria linguistica secondo la quale la reale etimologia andrebbe cercata nella storia culturale dell’isola.

Probabilmente non è un caso che fino alla seconda metà del XIX secolo nella Trinacria il sistema monetario in vigore prevedesse un taglio specifico, inferiore ai 10 millimetri di diametro e al grammo di peso, che era definito in effetti picciolo. All’indomani dell’Unità d’Italia, com’è noto, la valuta di riferimento per il nuovo Stato diventò la lira, sebbene fino a quegli anni il picciolo fosse ancora molto diffuso nel sud ed equivalesse a 0,00354 lire, con la sua aquila disegnata sul retro e l’incisione “1” sul fronte.

Come si legge in un interessante articolo di Nando Cimino, il primo ad avere avanzato questa supposizione con fonti accreditate, «il taglio intero, immediatamente superiore, era invece il grano che corrispondeva esattamente a 6 piccioli; seguiva il tarì che era equivalente a 20 grani e poi l’onza che era pari a 30 tarì». I piccioli sono poi diventati pìcciuli in dialetto stretto e si sono lentamente trasformanti in spìcciuli, spicci e nella forma italiana di cui sopra, ovvero spiccioli, che ha quindi preso il comprensibile significato di “minuto, ridotto, da quattro soldi”, tanto in senso letterale quanto metaforico.

Una moneta di poco valore, insomma, che ha lasciato però un grande segno nella lingua che parliamo oggi.

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