Le reazioni dei giovani che hanno risposto al nostro questionario sulla visione del video “Did you know”

«Nel 2017 sono state generate 4 extrabyte di informazioni, più di quelle generate nel corso dei precedenti 5.000 anni. Per gli studenti di un corso di Laurea ciò significa che quello che studiano nel 1° anno sarà vecchio già nel 3° anno». Qualche anno fa, alcuni studiosi americani quantificarono gli indici più evidenti di cambiamento: il risultato è stato “Did you know”, un celebre video tradotto in molte lingue e annualmente aggiornato in cui è mostrato come il mondo stia cambiando alla velocità della luce. È stato somministrato ai partecipanti al sondaggio Generazione 18, condotto dal Sicilian Post insieme alla Fondazione Domenico Sanfilippo Editore. Quali sono state le reazioni?

PANTA REI. Delle 103 risposte raccolte, 15 esprimono l’apertura propositiva al cambiamento, 43 sensazioni negative e 45 un sentimento di stupore per il carattere «dinamico» del mondo, di fronte alla maratona della tecnologia e della globalizzazione; sentimento accompagnato dalla consapevolezza che il progresso tecnologico sia un’arma a doppio taglio: «Il video mi fa pensare a quanto effettivamente la nostra generazione goda di vantaggi incredibili, ma che necessitano di sforzi immensi per essere goduti senza che ne finiamo travolti».

ROTTURA DEI SISTEMI DI INTERAZIONE E RELAZIONE TRADIZIONALI. “Una coppia sposata su 8 si è conosciuta online”. Ognuno di noi è un’isola da attraversare percorrendo a nuoto il mare della solitudine; ma la sensazione è che il progredire sproporzionato della tecnologia abbia abissato abbracci, carezze e dialogo e rafforzato la pressione sulla tastiera mentre ad ogni click le distanze che separano l’uno dall’altro si fanno sempre più impercorribili: «Al giorno d’oggi ciò che potrebbe essere fatto da un uomo per un uomo viene completamente sostituito. La delicatezza di un carezza, la forza di un abbraccio, la tenerezza di un bacio no sono più quelli di prima anzi quasi non esistono più». Daniele, 18 anni, commenta la precarietà: “I 10 lavori più richiesti nel 2017 non esistevano nel 2004. Entro i 38 anni un uomo avrà cambiato 14 lavori”. Racconta di avere molti obiettivi: «Non mi spaventa, ad esempio, il fatto di dovermi spostare per trovare lavoro, quanto il fatto di doverlo cambiare spesso». Dalle risposte dei ragazzi emergono angoscia e paura per quello che si prefigura un mondo a misura di robot: “Nel 1984 il numero dei dispositivi connessi ad internet era di 1.000. Nel 2020 sarà di 50 miliardi. Tra qualche anno un computer da 1000 euro avrà più capacità di calcolo di tutta la specie umana”. Commentano: «La tecnologia sta prendendo il sopravvento sostituendo in parte la nostra capacità di ragionare». Se per i loro genitori il futuro era speranza, adesso pare una condanna. «Non so se l’uomo alla fine si ricorderà di essere uomo, non so se ci sarà una fine e non so se, alla fine, l’uomo ci sarà». Sensazioni di annichilimento e vertigine sembrano imperanti. L’informazione si fa liquida e nel moltiplicarsi si frantuma: “Ci sono 540.000 parole nella lingua inglese, 5 volte quelle che c’erano ai tempi di Shakespeare”. Ma allora perché un ragazzo possiede in media 300 parole? E mentre la popolazione mondiale è in crescita, “Durante questa presentazione 6 bambini sono nati in Italia, 51 negli Stati Uniti, 174 in Cina, 214 in India”, qualcuno bisbiglia «Questo video porta a chiedermi quali siano le mie capacità e se ci sia spazio anche per me, una persona così piccola e insignificante nel mondo che cambia».

CHE COSA VUOL DIRE TUTTO QUESTO? C’è chi sperimenta ribellioni: Andrea Grillo ha deciso di non usare Facebook. Ha 17 anni ma se potesse votare, confessa, non andrebbe. Gessica Scollo, 20 anni, trova internet funzionale allo studio, ad attività ricreative e alla comunicazione. Peccato che il confronto con i coetanei non avvenga su temi politici perché, racconta, generalmente non si interessano a questa sfera. Come mai la generazione 18 non si interessa di politica? Nella Magna Grecia lo scopo della politica era far emergere la volontà d’azione. Se ogni azione ha come fine un obiettivo, allora agire significa in qualche modo sperare nel futuro. Forse è stata tolta loro la possibilità di sognare? A fronte del carattere facoltativo della domanda, su un campione di 150 ragazzi tra i 17 e i 20 anni, hanno risposto in 103: la generazione 18 ha bisogno di esprimere la propria ricerca di senso e non ha perso la volontà di interrogarsi, che è il primo antidoto per tornare a sperare. Così c’è chi, fra quelle 15 voci propositive, punta sulle grandi capacità adattive dell’uomo: «Non bisogna avere paura del cambiamento ma abbracciarlo» perché «Tutto dipende da come valutiamo noi le possibilità del nostro futuro, dobbiamo essere noi i primi a volere il cambiamento».

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