Le due foto che potete osservare a corredo di questo articolo sono di Carmelo Condorelli, mio padre. Sono state scattate nel gennaio del 1968 durante il terremoto del Belice. Ricordo con chiarezza quei giorni, avevo 12 anni e da appena un anno avevo cominciato ad aiutare mio padre nella sua attività di fotoreporter. Quando tornò dalla Valle del Belice con i rullini da sviluppare per poi scegliere le foto da far avere al quotidiano “La Sicilia”, era molto provato: aveva viaggiato tutta la notte e il grido di dolore di cui era stato testimone non riusciva a toglierselo dallo sguardo. Arrivò a dirmi: «Anche le pietre emanavano dolore».

Foto Carmelo Condorelli – Archivio Storico “La Sicilia”

Nella scelta delle due foto da trasmettere al giornale non ebbe dubbi, il primo piano di una donna che aveva perso tutto e un’immagine del disastro, ponendo l’attenzione su ciò che avevano trovato i vigili del fuoco. Mi disse: «Anche se non si vedono le facce sgomente dei vigili del fuoco è evidente come non ci siano parole per commentare il disastro accaduto». In seguito mio padre, ogni volta che riguardava queste foto si commuoveva. Ripensava a quelle persone incontrate che avevano tanto sofferto e mi ricordava come il fotoreporter vero non è chi rimane impassibile davanti agli eventi che lo investono, ma è chi sa guardare anche a distanza e, se è il caso, sa fermarsi immedesimandosi nella sofferenza che incontra. Per conto mio è stata la più bella lezione di Umiltà a cui ho assistito nella mia vita e ne sono grato.

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