Tra chi va e chi resta, quali sono gli spazi per i giovani talenti che scelgono di vivere con il teatro? Dopo le interviste ad Alessandro Idonea, Nicola Alberto Orofino, Angelo D’Agosta ed Enrico Sortino continua la nostra inchiesta sui giovani e il teatro siciliano

«Lasciare la Sicilia è stato inevitabile. Quando sono partita avevo le idee chiare: avrei voluto una formazione completa e un titolo di studio riconosciuto, che mi ha dato l’Accademia teatrale di Genova». Motiva così la venticinquenne messinese Isabella Giacobbe la scelta di trasferirsi lontano da casa, nonostante un bel ricordo dei due anni da esordiente a Messina e provincia: «Ho lavorato nel circuito dei teatri off – in particolare “Clan degli attori” e “Teatro dei Naviganti” – ed è stato molto stimolante. Le attività per i giovani ci sono: laboratori e stage sono organizzati frequentemente. Cosa manca? Un poco di selezione che poi intacca la preparazione». E le differenze tra Nord e Sud? Poche a detta dell’attrice, secondo la quale i meccanismi sono sempre gli stessi, in particolare qualche lentezza nel cambio generazionale.

Oggi Isabella Giacobbe, fresca diplomata del Teatro Stabile di Genova, prosegue il suo percorso formativo arricchendolo con corsi specialistici nell’ambito cine-televisivo, poiché, «purtroppo con la televisione si mangia di più» e senza escludere un nuovo trasferimento verso una grande città. «Roma e Milano offrono più possibilità, ma se non si è seguiti da un’agenzia è come saltare nel buio. Di una cosa, tuttavia sono sicura: voglio fare teatro».

Per l’attrice il teatro è il mondo in cui tutto è possibile, ma in cui è necessario mettersi in gioco. «Ho capito che volevo fare l’attrice alle elementari, vedendo mia sorella recitare nel musical “Grease”. Solo al liceo ho avuto la mia opportunità. Allora c’erano le audizioni per entrare a far parte del gruppo teatrale, i registi erano esterni all’istituto. Recitai “S’i fossi foco” di Cecco Angiolieri. Considero quel provino un passo importante per capire il senso dell’essere valutata, una sfida alla mia timidezza e a tirare fuori la mia personalità». Le produzioni in cui l’attrice ha preso parte sono per lo più contemporanee (“Il tempo di Planck”, regia di Mario Jorio e “La Cucina”, regia di Valerio Binasco entrambe nel 2016) e quando le si chiede cosa pensa del coinvolgimento dei ragazzi a teatro, spiega: «Ho avuto la fortuna di avere docenti al liceo che mi hanno fatto amare quest’arte. Credo davvero che, in un modo o in un altro, l’interesse per il teatro sia insito in noi, perciò deve esserci uno sforzo congiunto da parte dei registi e degli insegnanti affinché i più giovani possano accostarsi ad un certo tipo di spettacoli. So che non è semplice, perché ai tempi dei social network ci si annoia subito, ma il teatro non deve essere d’élite, a meno che non sia richiesto».

LA SCUOLA DEL TEATRO STABILE DI GENOVA. L’istituzione ligure è uno dei centri di formazione per gli accrediti accreditati dal Miur e attinge al pubblico finanziamento del Fondo Sociale Europeo. Nata già negli anni ’60, la scuola dal 1981 ha acquisito una struttura organizzativa stabile. Vi si accede per concorso e alla fine del percorso triennale si ottiene il Diploma. Dal 2013 è intitolata a Mariangela Melato, data la collaborazione dell’attrice con lo Stabile di Genova. Tra i suoi diplomati anche Tullio Solenghi, il duo Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu e il giovane volto televisivo Dario Aita,

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