Nella giornata mondiale contro l’Hiv, i dati del Ministero della Salute riferiti al 2017 e una chiacchierata con esperti del settore dimostrano non solo che le questioni legate al contagio e alla lotta contro l’infezione sono più attuali che mai, ma che alla base della sua diffusione ci sono scarsa informazione e mancanza di prevenzione, elementi fondamentali per sperare di debellarla in tempi relativamente brevi

Secondo i dati riportati sul sito del Ministero della salute nel 2017 sono state segnalate 3.443 nuove diagnosi di infezioni da Hiv, pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti, con un’incidenza simile a quella osservata tra le nazioni dell’Unione Europea e un trend che, dopo la leggera diminuzione tra il 2012 e il 2015, si mantiene stabile. La Sicilia è la quarta regione per numero di segnalazioni (8,1%) dopo la Lombardia, il Lazio e l’Emilia-Romagna e con un’incidenza del 5,5% su 100.000 residenti. «La giornata mondiale della lotta contro l’AIDS – ha precisato il presidente dell’associazione Lila Catania, Luciano Nigro – quest’anno ha per tema: testare e trattare. Se fossimo infatti capaci in questo momento di individuare tutte le persone affette da Hiv e offrire loro la giusta terapia, in dieci anni il problema AIDS sarebbe risolto. L’obiettivo dell’Oms è sconfiggere questa malattia entro il 2030, ma data la lacunosa informazione in merito risulta ancora un obiettivo inverosimile». Troppo poco infatti sappiamo di AIDS e Hiv, per questo abbiamo deciso di chiarirci le idee parlandone con il dottor Nigro e con alcune studentesse di Medicina, Amanda La Rocca, Cristiana Leanza, Valentina Grecuzzo e Isabella Leocata, esponenti di SCORA (Standing Committee on Reproductive and sexual health), area del Segretariato Italiano Studenti in Medicina.

IL PROBLEMA AIDS CI RIGUARDA?. Il pregiudizio più diffuso è ancora quello secondo cui il problema AIDS non ci riguardi; la realtà è ben diversa e le ragazze di Scora a questo proposito sono molto informate: «A Catania l’anno scorso ci sono stati 59 nuovi casi di infezione da Hiv, un numero mantenutosi costante nel corso degli anni ma che va affiancato alle altre e non meno temibili malattie trasmesse sessualmente, come la sifilide che sta crescendo prepotentemente. Ecco perché la nostra principale attività è sensibilizzare a queste tematiche con la peer education nelle scuole o con altre attività, come la distribuzione di profilattici gratuiti davanti le discoteche, iniziativa condotta dal nostro referente e docente di malattie infettive, Benedetto Celesia». Il quale propone anche un test salivare, molto rapido e sicuro, ma i ragazzi non sempre sono propensi a questi controlli perché relegano la malattia ad orizzonti distanti dalla loro quotidianità. «È necessario comprendere – secondo il prof. Nigro – che l’infezione da Hiv è un’infezione come le altre e che va prevenuta. Per questa però non esistono vaccini e poiché è sessualmente trasmissibile, rappresenta un tabù nella nostra società che la considera un problema di minoranze deviate. Oggi la prevenzione riguarda tanto l’uso del preservativo, quanto quello della terapia o della cosiddetta PrEP (profilassi pre-esposizione) con anti virali e antibiotici che azzerano le possibilità di contagio».

PRECONCETTI E DIRITTI VIOLATI. Tra i pregiudizi uno dei più diffusi continua ad essere quello secondo cui il problema dell’AIDS riguardi solo omosessuali e tossicodipendenti. In realtà, sempre secondo i dati del Ministero della Salute, la modalità di trasmissione principale è il rapporto eterosessuale e con un’incidenza maggiore nella fascia di età tra i 25 e i 29 anni. «Osservando i numeri – ci indicano le studentesse – è reale la presenza di un numero consistente di MSM (maschi che fanno sesso con maschi) per il semplice fatto che durante il rapporto si generano più lesioni, ma questo non significa che l’AIDS vada considerata la malattia dell’omosessualità. Questo è un pregiudizio con cui ci confrontiamo quotidianamente, così come l’idea che siano gli stranieri ad essere maggiormente affetti da Hiv, anche questo un preconcetto smentito dai dati. Per quanto riguarda il numero di malati tra i tossicodipendenti, questo è invece diminuito per un generale calo nell’uso di eroina e nella pratica del drug sharing, ma il pericolo di un ritorno non va sottovalutato». Anche a Catania, secondo il prof. Nigro, la maggior parte dei casi di contagio avviene per via sessuale: «Nella provincia etnea non abbiamo numeri catastrofici, quest’anno sono state 63 le nuove infezioni, un numero spiegabile con l’esclusione di una buona parte della società dalla corretta informazione e prevenzione. Questo è il motivo per cui tentiamo di operare nelle aree più svantaggiate con i progetti a San Berillo e nelle carceri, ma anche in Africa perché, data la costante mobilità di persone che caratterizza la nostra epoca, il problema AIDS va considerato in una prospettiva mondiale».

UN PROBLEMA ANCHE SOCIALE. Scarsa è anche la conoscenza sulle modalità di trasmissione che riguardano solo il sangue, lo sperma, il liquido vaginale e il latte materno. Come spiegano le ragazze di Scora «un eccessivo stigma circonda ancora la malattia e impedisce agli affetti da Hiv di parlarne in famiglia o nel luogo di lavoro, nonostante oggi il contagio possa essere azzerato e il virus non attecchisca così facilmente. L’idea che non bisogna bere nello stesso bicchiere di un malato di AIDS o che non bisogna toccarlo sono pregiudizi che la nostra società avrebbe dovuto superare già da un bel po’». Eppure oggi la condizione di chi ha contratto la malattia non è così semplice e in alcuni casi estremi può condurre al licenziamento e all’emarginazione. La radice di tutti i mali resta sempre la scarsa informazione, perché come conclude il prof. Nigro «in Italia si fa solo prevenzione primaria rivolgendosi a tutti e quindi a nessuno, perché ciascuno si sente estraneo al problema. Noi rappresentiamo l’ultimo anello, quello della riduzione del danno e ahimé spesso l’unico, che intende garantire una vita normale alle persone e tutelare i diritti di tutti».

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