A far rivivere questo piccolo comune furono illustri ospiti che nell’Ottocento colonizzarono il centro per farne la loro residenza, spesso permanente. Tra questi, tanti non solo erano stranieri, ma omosessuali. Il primo turismo della città si affermò grazie alle stravaganze di questi uomini, che vedevano in Taormina la loro “isola” felice

Nel 1885 un giovane Guy de Maupassant si ritrovò a scrivere: «Se un uomo non avesse che un solo giorno da passare in Sicilia e domandasse cosa vedere, io gli risponderei senza esitare: Taormina». A 206 m. dal livello del mare i greci edificarono la loro acropoli che oggi, a distanza di secoli, è uno dei gioielli più preziosi che l’isola conserva. A far rivivere questo piccolo comune furono illustri ospiti che nell’Ottocento colonizzarono il centro per farne la loro residenza, spesso permanente. Tra questi, tanti non solo erano stranieri, ma omosessuali. Il primo turismo della città si affermò grazie alle stravaganze di questi uomini, che vedevano in Taormina la loro “isola” felice. Molti di loro lasciarono alla città le loro ricchezze ed eredità, altri divennero veri simboli, come il barone tedesco Wilhelm von Gloeden. A lui si devono le raffinate raffigurazioni di giovinetti nei panni di efebi e divinità pagane le cui stampe ancora oggi si possono ammirare nei bazar della città. Quando Wilhelm arrivò a Taormina aveva solo 22 anni, giunse nella soleggiata Sicilia per poter curare il suo mal sottile, la tubercolosi. Wilhelm era un ricco rampollo dell’aristocrazia tedesca e come tale le sue stranezze presto si fecero notare, era solito, ad esempio, fare il bagno in casa solo con acqua di mare raccolta e trasportata da bei ragazzoni che per questo ricevevano una lauta ricompensa.

Non ritrovò solo la salute il barone, ma anche un modo nuovo per interpretare la sua più grande passione, la fotografia: «L’idea – raccontava l’artista – mi venne leggendo gli idilli agresti di una grande poeta, Teocrito di Siracusa». Anche Sciascia ha modo di ammirare, quasi un secolo dopo, le foto del barone: «Negli occhi di ognuno (i modelli) c’era una luce di selvaggia diffidenza che contraddiceva alle posizioni di abbandono. Forse il barone li avrebbe voluti più amorevoli negli sguardi; ma era impossibile ottenerli da figli di contadini e pescatori siciliani che si vedevano ridotti ad oggetto di incomprensibile capriccio o di comprensibile e allarmante concupiscenza». Non tutti a Taormina apprezzavano il suo lavoro, soprattutto gli uomini che guardavano con diffidenza quelle immagini per loro così diverse. Se ne conservano oggi solo 1300, salvate dal fedele servitore Pancrazio Bucinì, che gli fu accanto anche quando le ricchezze svanirono e il ricco divenne povero. Bucinì che fu processato per ben due volte per possesso di fotografie oscene arriverà a dire ai giudici: «Voi, uomini di legge, non siete in grado di giudicare l’altissima opera di un grande artista». Ad apprezzarla ed ammirarla però è uno dei massimi scrittori della letteratura inglese, Oscar Wilde, anche lui omosessuale, arrivò a Taormina dopo aver avuto modo di osservare: «i ritratti dei meravigliosi ragazzi siciliani» che avevano posato per il barone. La sua vacanza durò meno di un mese, ma il dandy londinese non si fece mancare nulla, dal bagno con l’acqua di mare, alla possibilità di vestire e mettere in posa i giovinetti di von Goldeon. Purtroppo come la storia ci tramanda da lì a poco lo scrittore sarebbe stato processato e messo in carcere con l’unica colpa di amare.

Non solo uomini, ma anche donne, arrivarono a Taormina, affascinate non solo dal paesaggio ma dalle giovani taorminesi. Dalla Crimea giunse nei primi anni del ‘900 Sofija Parnok, la poetessa dell’amore saffico, aveva già divorziato dal marito per concedersi all’amore della collega Marina Cvetaeva. In compagnia di diverse nobildonne, che speravano come agli uomini, di trovare nella città il loro luogo idilliaco, ben presto si resero conto che se le gelose madri siciliane riuscivano a chiudere un occhio sul comportamento dei figli, di certo non potevano con le figlie, abbandonarono così le loro illusioni e l’isola.

Nel dopoguerra giunse lo scrittore e diplomatico Roger Peyrefitte, chiamato a suo dire in Francia il “Papa dell’omosessualità” perché autore di testi come Le chiavi di San Pietro e I cavalieri di Malta, accompagnato dall’amante Alain Philippe Malagnac, che adottò come figlio prima di darlo in matrimonio alla modella e cantante Amanda Lear. Da Taormina furono tanti gli uomini di talento e di passaggio tra questi Truman Capote, Tennessee Williams e per finire il premio nobel Andrè Gide che infatuato di un cameriere passava le giornate ad osservarlo seduto su un muretto, gli sorrideva e il ragazzo, che di nome faceva Gianni Sciacca, gli rispondeva, sempre educatamente, come il signore a lui sconosciuto faceva ogni giorno.

Ancora oggi chi attraversa le antiche mura di Taormina può sognare l’incontro con il proprio innamorato, è una città incantata che regala a chi la vive il sogno di una bolla. Si può trovare su una panchina, in un angolo nascosto o sul muretto come il poeta che a chi lo derideva poteva rispondere citando le sue parole della Sinfonia Pastorale: «Peccato è tutto ciò che oscura l’anima; amore, tutto ciò che la esalta».

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