In un mercato del lavoro mutevole, la figura del pensatore sembra guadagnare chances di ritrovata fiducia. In questa rubrica abbiamo nel tempo cercato di mostrare l’utilità della filosofia nella vita quotidiana, parlando anche delle possibili occupazioni per i giovani laureati. Vediamone insieme un’altra

Il Giardino dei Novizi del Monastero dei Benedettini di Catania (sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche) si prepara ad accogliere i laureati di aprile. E se la primavera non vuole collaborare, a fare da scenografia a foto ed emozioni ci pensa la sempreverde domanda: cosa farò dopo? Il rapporto filosofi – portafoglio è un tasto dolente? L’insegnamento (udite udite) non è l’unica strada percorribile (ne abbiamo già parlato qui e qui). Oggi affrontiamo il discorso con Pietro Cutrona, caltagironese di 39 anni laureato in Filosofia a Catania, key account manager nazionale per un’agenzia multinazionale per il lavoro.

Ciao Pietro, cosa fai nella vita?
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Svolgo una professione che da studente non sapevo esistesse per i laureati in Filosofia. Trascorsi i cinque anni accademici, consegnando pizze e facendo l’aiuto cuoco per non gravare sulla mia famiglia, venni a conoscenza del mondo risorse umane (Human Resources) e da quel momento capii cosa volevo fare. Così iniziai un master in formazione, selezione e gestione del personale e intrapresi questa strada che dura dal 2008. Oggi ricopro l’ultimo gradino del settore, il commerciale nazionale: giro l’Italia, in particolare sono responsabile per il Sud, per chiudere rapporti commerciali con le aziende. Che sia per la Dike distratta o per la Provvidenza, mi ritengo fortunato perché faccio quello che mi piace e nella mia amata terra».

Cos’è un’agenzia per il lavoro?
«Vende servizi: formula contratti di somministrazione di lavoro ma si occupa anche di correggere curricula. Le risorse umane (HR) del settore cercano di collocare la persona giusta nel ruolo giusto, individuando con il cliente – cioè con l’azienda – il profilo del candidato adatto a un ruolo in quel momento mancante. Nel fare questo si valutano sia le competenze tecniche (il saper fare) sia quelle trasversali (il saper essere). In breve coniughiamo domanda e offerta».

Perché un filosofo nelle risorse umane?
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Sapere, saper essere e saper fare sono le tre virtù delle risorse umane. L’HR agisce e pensa in base alla situazione e la filosofia, in questo senso, permette di relazionarti con un ventaglio di persone e contesti diversi. L’esperto in HR è chi tiene in una mano i giornali e nell’altra i libri, anche di filosofia».

Pietro Cutrona
Pietro Cutrona

Cosa devono fare oggi i laureati in Filosofia per inserirsi nel mercato del lavoro?
«Stare al passo con le esigenze del mondo contemporaneo. Non è vero che c’è solo l’insegnamento. Rispetto a 15 anni fa sono nate figure che prima non esistevano e il laureato in Filosofia gioca un ruolo importante nelle aziende per capire insieme al personale come migliorare il lavoro. Sono un profondo sostenitore del suo stabile inserimento in ogni azienda strutturata e inserirei questa materia in tutte le scuole. Viviamo inquietudine delle menti e incertezza degli spiriti: la filosofia potrebbe aiutare i nostri ragazzi. In Italia manca il pensiero. Noi Meridionali, poi, viviamo nella rassegnazione, trasformando le sofferenze in lamento, non in stimolo per fare meglio. Galimberti in “L’ospite inquietante” scrive che i ragazzi di oggi dormono fino a tardi perché nessuno li chiama per dire quanto valgono. Io devo dire che dalle 9 alle 11 pochi candidati rispondono al telefono e sono talmente rassegnati che non hanno nemmeno la curiosità di richiamare».

Qualche dritta per i colloqui?
«Non è vero che l’abito non fa il monaco. I selezionatori non conoscono la vostra storia pregressa quindi si basano sull’osservazione: dalla prima telefonata alle scarpe indossate fino al vostro profilo social. Non rispondete mai forse, o sì o no. Presentatevi al colloquio informati sull’azienda. Molti pensano che avere un titolo sia la chiave d’accesso al lavoro, ma ve lo dovete meritare. Il posto di lavoro non è uno “stipendificio” e il colloquio di lavoro non è un “quantomidarete-ificio”. Bisogna chiedersi: qual è il contributo che io posso dare all’azienda?»

Un consiglio per gli studenti?
«Secondo Nietzsche per diventare forti bisogna fondare le proprie radici nel nulla, che non è il niente ma è la fase di transizione, come quella che si vive da studenti: guardando dentro voi stessi potete formulare la vostra prospettiva presente e futura. Non aspettate che smetta di piovere per uscire di casa. Già prima della laurea pensate a quello che volete fare e riempite il vostro tempo per costruire mattone su mattone il vostro domani. Nietzsche ci esorta a edificare la nostra vita sulle ceneri della vita del giorno prima. Noi siamo la risorsa per noi stessi. Siate meno ermetici e più ermeneutici, cioè aperti al mondo».

Come trascorri il tuo tempo libero?
«Leggo molto e m’impongo di nuotare. Nella società di oggi, soggetta a trasformazioni veloci, dove il telefono è il quinto arto, quei 50 minuti di nuoto sono per me l’unico momento nella veglia dove non ho contatto con il mondo esterno, sento solo il rumore dell’acqua e dei pensieri. Anche questa è ricerca filosofica».

Cosa ti è rimasto di più del percorso filosofico a Catania?
«L’università ha forgiato il mio senso di giudizio critico, abituandomi a pensare prima di agire. Con i professori ho fin da subito cercato di instaurare un rapporto: quanti caffè presi con Giuseppe Bentivegna! Ricordo lo scambio di opinioni con Antonino Grimaldi e in generale conservo un vivo ricordo di tutti i docenti che hanno contribuito alla mia crescita non solo culturale ma umana, che continua tuttora quando ci incontriamo».

C’è una lezione che ricordi ancora?
«Una frase detta da Maria Lizzio, professoressa di filosofia teoretica: “Dio fece gli uomini simili alle ombre. Chi potrà giudicarli al tramonto del sole secondo la loro natura?” Non ricordo l’autore, ma mi rimbomba sempre nelle orecchie. Le ombre si percepiscono solo alla luce, ma quando la luce non c’è diventano tutte uguali. Da selezionatore, ma vale per la vita, non devo mai applicare miei parametri sugli altri, ma devo ascoltare tantissimo per capire le esigenze sia del candidato che dell’azienda».

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