Riacquistare la consapevolezza del senso profondo delle foto: è questo l’affascinante scopo che questa nuova rubrica settimanale si propone di raggiungere, cercando di superare uno dei grandi paradossi della nostra epoca, cioè essere sommersi dal loro linguaggio ma non riuscire a interpretare, tramite esse, il mondo che immortalano

Raccontare per immagini, nome di questo spazio settimanale, paradossalmente oggi non è più qualcosa di semplice. Sì, è un paradosso in una società dell’immagine dove ogni giorno su Instagram vengono caricate 70 milioni di fotografie scattate con il nostro inseparabile smartphone, raccontare veramente la realtà in cui siamo immersi è quasi impossibile. Ecco in questo “quasi” si svilupperà il percorso della rubrica, nel senso che si tenterà di raccontare per immagini la realtà a partire da una foto che spesso dice più di tante parole, nonostante tutto.

La foto proposta, in bianco e nero, è forse la più significativa del film “Ladri di biciclette” dove i 2 protagonisti, padre e figlio, vivono in una profonda povertà. Povertà che si legge nei volti e si respira nella nudità della strada dove sono seduti. Loro non guardano l’obiettivo, il padre è come se guardasse la difficile strada che deve ancora percorrere per uscire dalla sua difficile condizione. Mentre suo figlio guarda il padre come per recuperare una speranza sul futuro che fa fatica a vedere.

Il primo scatto scelto è uno scatto di 70 anni fa (1948). L’autore è Carlo Montuori, direttore di fotografia propri del film. Montuori nato nel 1885 e morto nel 1968 fu il più colto fra i fotografi e operatori italiani della prima generazione, l’unico in grado di costruire il proprio lavoro figurativo sulla base di suggestioni provenienti dalla tradizione della pittura. La sua abilità stava nel controllare la coesistenza di luce naturale e illuminazione artificiale. Fu tra i primi in Italia a sperimentare l’applicazione di queste tecniche nel cinema, facendo costruire rudimentali lampade ad arco, a base di carboni legati con filo di ferro e collegati alla corrente elettrica mediante resistenze. Utilizzava sempre luce artificiale in esterno e in pieno giorno.

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