Emanuele Alotta e il suo fumetto Rosalia ci raccontano le imprese che hanno reso una semplice adolescente la Santa che oggi conosciamo e che viene adorata nella città di Palermo ormai dal lontano 1625

Se trovandovi ai quattro canti di Palermo avete cercato, e non trovato, la statua di Santa Rosalia, un motivo c’è: le quattro vergini ritratte sono, infatti, Santa Ninfa, Santa Ofelia, Sant’Agata e Santa Cristina, patrona della città fino al 1624, anno della terribile pestilenza che portò con sé il culto della giovane Rosalia Sinibaldi e sancì, con il miracolo della guarigione, la sua santità per i palermitani e per il mondo. La sua storia è stata raccontata da Emanuele Alotta nel fumetto Rosalia, edito da Ex libris, che narra attraverso le vicende di Nonno Santo e dei suoi nipoti la storia della “Santuzza” e dei suoi miracoli attraverso continui flashback e flashfoward.

LA STORIA. Rosalia Sinibaldi nacque a Palermo intorno al 1130, di nobili origini. La giovane visse alla corte di Ruggero II tra agi e piaceri fino al giorno delle nozze con il Conte Baldovino. La storia narra che specchiandosi abbia visto nel riflesso l’immagine di Cristo, decidendo così di abbandonare ciò che aveva per dedicare la sua vita e il suo amore a Dio. Comincia così la sua seconda vita: prima in convento, poi in eremitaggio fino al Monte Pellegrino dove, circondata dalla natura e dagli animali che tanto adorava, morì.

IL CULTO. Nel 1624 la peste colpì Palermo e la popolazione fu colta alla sprovvista dalla nave che da Tunisi aveva portato il male incurabile. La prima apparizione della Santa la ebbe Girolama La Gattuta che permise così il ritrovamento di alcune ossa; la seconda un povero saponaro, Vincenzo Bonelli, che si era recato al Monte Pellegrino per mettere fine alla sua vita dopo la dipartita della moglie. Qui Rosalia non solo gli impedì di compiere il gesto, ma gli svelò il luogo della sua sepoltura, avvalorò l’autenticità delle ossa precedentemente trovate e gli disse che se le avessero portate in processione durante il TE DEUM LAUDAMUS, la peste si sarebbe fermata. Così avvenne: la città fu salvata e da quel giorno ogni 14 e 15 luglio si ringrazia la Santa con un fastoso “festinu” a cui partecipa tutta la città con sentita devozione.

IL FUMETTO. L’albo che celebra non solo la Santa ma anche la donna Rosalia è stato realizzato dalla volontà di don Gaetano Ceravolo, reggente del Santuario di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino e dall’impegno e dalla dedizione di una coppia di coniugi palermitani, Girolamo Mazzola e Rosalia Donati, storici e paleografi che da più di dieci anni si occupano della vita della Santa. Raccontare sotto forma di fumetto una storia come quella della giovane non è stato facile, come ci dice l’autore Emanuele Alotta: «Con don Gaetano Ceravolo realizzammo da subito una bozza, ma i lavori proseguirono per tre anni. Volevamo che la nostra opera fosse avvalorata da studi storici e attendibili, quindi con l’aiuto dei coniugi Mazzola abbiamo fatto una cernita tra quello che potevamo dimostrare e quello che invece rimaneva solo leggenda». Grazie a questi studi una nuova scoperta. «Nel maggio del 2015 – continua il disegnatore – gli storici Mazzola hanno trovato il diple, il segno che nell’antichità rappresentava il luogo di sepoltura di un santo o un eremita, ritrovamento che ha avvalorato ulteriormente la veridicità storica di questo fumetto/biografia». Alotta continua descrivendo il suo doversi plasmare al dovere del disegnatore: «Io sono cresciuto negli anni ’70, a pane e Mazinga, qui invece ho preferito usare uno stile più classico vicino a Tex Willer e agli albi della Bonelli. Anche questo fa parte del mestiere: non possiamo imporre il nostro modo, ma capire quale sia il migliore per la realizzazione del progetto». Tra un disegno e l’altro l’artista nonha solo visto maturare il suo disegno, ma anche il suo io, come ci racconta: «Man mano che conoscevo la Santuzza anche io cominciavo a fare un’introspezione su me stesso, sono cresciuto spiritualmente e durante questo cammino ho conosciuto mia moglie, con cui adesso abbiamo un bambino. Sono maturato come uomo e come artista, e anche la mia fede ne ha risentito. Non vedevo più la Santa come sinonimo di festa, ma come una donna che ha fatto una scelta di vita radicale: dagli agii ha abbandonato tutto per intraprendere una vita monastica, una scelta di volontà molto forte». Un modello secondo lui di vita per tutti i giovani che al giorno d’oggi non ne conoscono la storia: «Il nostro intento è quello di farla riscoprire ai grandi ma soprattutto ai piccoli. Credo che questa Santa possa rappresentare gli adolescenti di tutte le epoche e paesi: come lei, che ha dovuto decidere se ribellarsi ai suoi genitori e abbracciare la vita monastica invece di uniformarsi e sposare il conte Baldovino, così molte altre giovani hanno dissidi diversi e allo stesso tempo simili. È un modo per far comprendere che tutti possiamo essere santi a modo nostro, non bisogna essere nati nel Medioevo o aver fatto miracoli, ma fare una buona azione, magari con il prossimo, o imparare ad essere più tolleranti. In fondo come diceva il Beato Luigi Monza “La santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie”».

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