«I miei scatti non vogliono puntare l’attenzione sul problema dei migranti o rintracciarne i responsabili; ma essere piuttosto un invito alla riflessione, a considerare il lato umano di questi uomini, donne, bambini, famiglie»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]U[/dropcap]n chirurgo che osserva e cattura la realtà con un occhio clinico, un poeta che misura l’anima del mondo». Questa presentazione che fa di se stesso su twitter il giovane medico di professione e fotografo per vocazione, Nuccio Zicari è la giusta sintesi della mostra fotografica “Humanity without borders” (Umanità senza confini) che sarà visitabile alla Fam Gallery di Agrigento fino al prossimo 24 marzo. Selezionati dall’autore, in galleria sono esposti venticinque scatti rigorosamente in bianco e nero raccolti tra il 2015 e il 2017 nell’Hotspot di Porto Empedocle (AG), dove centinaia di volontari si sono impegnati ad accogliere, accudire, visitare, medicare, ascoltare i migranti in fuga da guerre, fame e povertà. 

L’esposizione è accompagnata da un prezioso catalogo bilingue con i testi del fotoreporter Tony Gentile, del fotografo e ritrattista Franco Carlisi, del giornalista e scrittore Gaetano Savatteri e degli storici dell’arte Giuseppe Frazzetto e Dario La Mendola. «Le fotografie di Zicari – spiega Franco Carlisi – sanno creare un intervallo di silenzio dentro di noi, un pensiero inquieto che ferma e sospende i nostri giudizi, incrina le nostre certezze e alimenta un moto di civile risentimento. Non vi è nulla – in queste immagini – dell’imponente architettura stilistica che caratterizza buona parte dei lavori dei reporter contemporanei. Le fotografie di Nuccio accettano la sfida della realtà. Lo spirito etico che guida la sfera creativa del fotografo punta a comunicare una toccante verità umana con nitida limpidezza, senza orpelli linguistici».

Zicari spiega così il fotoreportage di “Humanity without borders”(Umanità senza confini): «Le mie foto non vogliono puntare l’attenzione sul problema dei migranti o rintracciarne i responsabili; ma essere piuttosto un invito alla riflessione, a considerare il lato umano di questi uomini, donne, bambini, famiglie. Che piangono, cantano, ridono, sanguinano come noi, ma a differenza nostra, spesso non hanno la possibilità di scegliere. La vita è un dono identico per tutti e chiunque dovrebbe avere il diritto di scegliere come darle un senso».

Foto Nuccio Zicari

Nuccio Zicari nasce ad Agrigento nel 1985. Quello che lo caratterizza da sempre nella sua ricerca continua è la curiosità. Fin da principio manifesta la sua poliedricità di interessi associando gli studi medici, che porta a compimento, all’amore per l’Arte. Agli esordi si dedica alle arti figurative, dal disegno alla pittura, ma in seguito il suo incontro con la fotografia fa si che questa diventi il suo strumento di comunicazione più congeniale. Da autodidatta studia meticolosamente la Storia dell’Arte e della Fotografia e ne perfeziona gli aspetti tecnico-comunicativi durante la sua permanenza a Milano. È da sempre sostenitore della necessità di un confronto diretto e ravvicinato con la fotografia, così si confronta con molteplici soggetti e conosce vari autori che daranno un’impronta fondamentale nello sviluppo del suo stile e della sua personale visione fotografica. Il suo principale interesse è l’aspetto documentario della fotografia, che considera imprescindibile, sia nel racconto di storie brevi sia nei progetti a lungo termine.

Interessante nel catalogo della mostra l’analisi e le domande stringenti che il fotoreporter Tony Gentile fa del fotogiornalismo. «A che cosa serve il mio lavoro di fotoreporter? A chi serve? Nonostante i dubbisiano tanti la mia risposta ogni volta è sempre la stessa: Il fotogiornalismo serve a far conoscere le cose alla gente, a più gente possibile. A quelli che stanno lontani e non potrebbero essere testimoni dei fatti, a quelli che preferiscono ignorare quello che succede in luoghi lontani e a volte anche vicini. Soprattutto serve a dire “io te l’ho detto, te l’ho fatto vedere attraverso il mio sguardo, attraverso le mie fotografie, adesso non puoi più ignorare, non puoi dire non lo sapevo. E se non fai nulla per cambiare, allora sei complice.” Ecco a cosa serve, secondo me, il fotogiornalismo. Non si tratta di pura estetica o di vincere i premi ma si tratta di esporsi, di denunciare, di gridare quello che pensiamo sia sbagliato e che vorremmo che cambiasse. In questa forma di fotografia sociale/ politica credo che l’esperienza di Nuccio Zicari si inserisca perfettamente. Nuccio non ha semplicemente documentato il lavoro dei valenti uomini della Croce Rossa Italiana, una delle più grosse organizzazioni umanitarie al mondo, ma ha anche sentito sulla propria pelle, nella propria coscienza il dramma degli uomini che fuggono dal loro passato e che sperano di costruire un futuro migliore. Ha sentito i battiti che i bambini sentono quando si accucciano vicino al seno della madre, ha sentito i propri piedi scalzi calpestare un pavimento gelato, ha sentito le paure dei minori che attraversano il mediterraneo assassino e che soli e sempre più soli si sentono quando arrivano sul nostro suolo, ha sentito la gioia e i canti di chi, nonostante la sofferenza, la stanchezza e la paura, sente di avere conquistato la libertà. Ecco la parola giusta per esprimere perfettamente il messaggio che sta dietro le fotografie di Nuccio, la Libertà, semplicemente quello che dovrebbe essere un sacrosanto diritto di ogni uomo, a prescindere dal suo colore, dalla sua fede, dalla sua idea politica. Libertà».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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