Oltre a far funzionare la giustizia, i magistrati devono essere onesti e apparire tali, solo così la gente può fidarsi: le persone, in particolare siciliani e calabresi, non sono omertose, ma non sanno con chi parlare perché non hanno fiducia negli uomini al potere. Tutti devono essere ascoltati da noi magistrati e tutti devono avere giustizia». A parlare è Nicola Gratteri, magistrato e Procuratore della Repubblica di Catanzaro, intervenuto lo scorso 4 aprile a “La Feltrinelli” di Catania per la presentazione del libro “Giustizialisti. Così la politica lega le mani alla magistratura” scritto da Sebastiano Ardita, Procuratore Aggiunto del Tribunale di Messina, e Piercamillo Davigo, Presidente uscente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm).

Ardita, protagonista dell’incontro, ha affermato che proprio la preoccupazione generata dalla sfiducia della gente nella giustizia l’ha portato a scrivere tale libro. Una sfiducia motivata da una giustizia che non sempre agisce prontamente: il Procuratore ricorda con amarezza quando, durante la presentazione del suo precedente libro “Catania bene”, un ragazzo gli raccontò di aver perso la madre uccisa da un uomo che lei stessa aveva denunciato. Molti sono gli ostacoli alla giustizia: per esempio il sistema di prescrizione italiano, un’anomalia rispetto al resto d’Europa, che nel nostro Paese spesso viene adoperato come strumento difensivo. Ardita, con la propria esperienza, osserva anche che «molte custodie cautelari non durano anche se seguite da giuste sentenze e troppo spesso gli indulti rimettono in libertà uomini che non hanno ancora portato a termine i programmi di rieducazione».

Nel 2014 il giudice Gratteri, allora papabile Ministro della Giustizia (ma al suo posto fu scelto Andrea Orlando), ha presieduto una Commissione cui appartenevano alcuni magistrati, tra cui Ardita e Davigo. In quell’occasione sono stati proposti duecentocinquanta articoli di riforma del codice penale, alcuni citati nel suddetto libro, ma di questi solo pochi sono stati approvati. Uno di questi è quello sui processi a distanza che, grazie all’utilizzo delle teleconferenze ha condotto a un notevole risparmio sul personale penitenziario impiegato nei trasferimenti.

La giustizia però non dipende solo da giudici e magistrati, ma anche dal Parlamento, che approva le leggi da cui sono regolati i processi. Il problema, secondo Ardita, starebbe nel fatto che il nostro diritto penale qualche volta è stato pensato da e per politici che lo temono. In particolare il magistrato osserva come il garantismo sia diventato uno strumento per far cadere i reati in prescrizione: da qui la scelta di un titolo polemico e autoironico quale “Giustizialisti. Così la politica lega le mani alla magistratura”. E a proposito della commistione tra politici e magistrati, Ardita, uomo di cultura “legge e ordine”, afferma: «I magistrati non dovrebbero fare politica. Sebbene sia giusto ricordare che i diritti civili vengono preclusi solo ai pregiudicati, non ai magistrati, se Gratteri fosse divenuto ministro, non sarebbe più tornato indietro. Per quanto mi riguarda io non faccio politica, ma sono ben disposto a dialogare con i politici, purché si parli di giustizia». Ed è proprio questo che Ardita andrà a fare ad Ivrea giorno 8 aprile alla commemorazione di Gianroberto Casaleggio, cofondatore del Movimento 5 Stelle, sulla cui partecipazione si è molto discusso. «Non conoscevo Casaleggio – spiega Ardita – e a Ivrea parlerò di giustizia, come ho fatto in tutti i miei libri. Se esiste un filo conduttore tra di essi, in particolare tra “Catania bene” e “Giustizialisti”, esso è proprio la giustizia ben applicata: il primo però ha una prospettiva territoriale e storica, il secondo più generale».

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