La “commedia drammatica”  dell’autore siciliano è stata recentemente insignita del “Premio Internazionale Salvatore Quasimodo”

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]M[/dropcap]io padre partì per la Russia a vent’anni, preso dalla propaganda fascista e, come tanti altri, con una visione distorta della realtà. Capì cosa fosse realmente la guerra  solo quando si trovò a 40 gradi sotto lo zero e con un equipaggiamento inadeguato: non c’è nulla di straordinario nell’uccidere dei propri coetanei». In che modo la letteratura e il teatro hanno raccontato la guerra? E come è possibile guardare ai fatti storici da una nuova prospettiva? Nell’idea del 42enne siciliano Giovanni Bucolo, tecnico di radiologia di professione e autore per passione, il modo migliore per farlo è raccontare la storia dal punto di vista dei suoi protagonisti: i soldati al fronte. È il caso del testo teatrale “L’ultima lettera”, recentemente vincitore del “Premio letterario Internazionale Salvatore Quasimodo”.

LA VICENDA. Tema centrale del dramma teatrale è la vicenda di quattro amici assoldati nell’ARMIR, contingente fascista creato per invadere la Russia. Raccontata attraverso una serie di flashback, che conferiscono al lavoro un approccio quasi cinematografico (del resto l’audiovisivo è tra le grandi passioni dell’autore, già autore di alcuni cortometraggi), la vicenda intreccia passato e presente. «La storia – racconta Bucolo – si sviluppa in due atti, in una serie di flashback, per poi concludersi un ritorno al presente. Qui il protagonista, dopo 50 anni, consegnerà ad Anna l’ultima lettera del suo amato Nino, caduto in battaglia. Si scoprirà, inoltre, perché la missiva non fu consegnata prima e la narrazione si concluderà con la lettura del suo contenuto».

L’OMAGGIO AL  PADRE. Figlio di un reduce della seconda guerra mondiale, Giovanni Bucolo ha voluto omaggiare il padre ambientando “L’ultima lettera” nei luoghi dell’ex URSS. «A ispirarmi sono stati i suoi racconti – chiarisce l’autore – dai quali compresi come i soldati italiani fossero tutt’altro che coscienti di ciò che accadeva loro. Gli elementi autobiografici, tuttavia, sono veramente pochi». Tra questi l’inserimento delle figure delle “madrine di guerra”, che adottavano i soldati in partenza per il fronte che non avevano nessuno cui scrivere. «Dopo 50 anni – continua Bucolo – ho rintracciato colei che fu la “madrina” di mio padre: nonostante fosse ottantenne conservava ancora le sue foto e si ricordava benissimo di lui». Tra le “verità storiche” che emergono da “L’ultima lettera” anche la generosità dei russi. «Fu proprio grazie a questa – spiega ancora lo scrittore – che mio padre sopravvisse, insieme a molti altri soldati italiani». Non è allora casuale che un passaggio dell’ultima lettera ad Anna reciti: «non riesco a sentire nemici i Russi, siamo troppo distanti dal confine italiano per giustificare le nostre azioni».

GIOVANI E TEATRO. Il lavoro di Giovanni Bucolo è stato premiato in numerosi concorsi per autori teatrali e rappresentato da più compagnie, specialmente in Sicilia. Ma qual è lo spazio in Italia per i testi inediti? «Contrariamente al resto d’Europa – commenta Giovanni Bucolo – in Italia il teatro non è molto seguito dai giovani. Nelle sale la prevalenza delle poltrone è occupata da over 40» Quale soluzione allora per coinvolgere le nuove generazioni? «L’unica strada è quella di un “teatro interattivo”, con più contaminazioni video e interazioni dirette con il pubblico. È impossibile, nel 2018, pensare ad uno spettacolo tradizionale. Bisogna necessariamente osare di più». Da rinnovare, secondo Bucolo, anche i cartelloni siciliani, troppo ridondanti di titoli di Pirandello e Martoglio, così come la comunicazione stessa, a partire dalle locandine. A decretare un successo, tuttavia, rimane sempre la capacità di raccontare delle buone storie: «se il pubblico, tornando a casa ha la voglia di raccontare ciò che ha visto, allora posso essere soddisfatto del mio operato».

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