Greco o latino? Un secolare dibattito avvolge questo termine, che in generale sta ad indicare coloro che sono ancora imberbi e che potrebbe derivare da un verbo che esprime l’azione del tagliarsi i capelli. Le incertezze, però, restano…

Una delle parole del dialetto siciliano più famose nel mondo intero è senza dubbio “carùsu”, cioè “ragazzo”, diffusa anche grazie al fatto che sia simile in molti altri dialetti del Meridione italiano. Vi siete mai chiesti, però, quale sia l’origine di questo termine?

Ebbene, se lo avete fatto non siete i primi. Da secoli ci si interroga, infatti, sull’etimologia del sostantivo, senza venire a capo dell’enigma che ne avvolge la storia linguistica. In generale, secondo molti, “carùsu” dovrebbe avere a che fare con la tosatura, per via del fatto che i ragazzi sono caratterizzati da un aspetto glabro e imberbe. Il che avrebbe senso non solo perché in alcuni altri dialetti del centro-sud “carusàri” significa “tosare” e “tagliare i capelli”, ma anche perché pure al nord la parola dialettale per “ragazzo” (cioè “toso”) deriva proprio dallo stesso verbo.

Ora, “carusàri” in Sicilia è sì attestato, ma in quanto voce molto meno utilizzata e specifica di “tùnniri”, che invece è la voce più comune per definire l’azione del radere i capelli e che deriva dal latino “tondere”. Per tale ragione si è allora pensato che, più probabilmente, l’origine del termine sia da fare risalire all’antico greco, sebbene neanche stavolta manchino certe difficoltà. Verrebbe dal verbo κείρω (“kèiro”, tagliare) o magari dal sostantivo kόροϛ (“kòros”, ragazzo)? O ancora da καρείϛ (“karèis”, tosato)?

D’altronde, non sarebbe da escludere nemmeno l’etimo dal latino “cariosus” (tignoso), visto che nella Trinacria con questo attributo ci si riferisce non solo a chi è letteralmente affetto da tinea, ma anche a chi, anziché avere la testa calva, ce l’ha semplicemente tosata. Nemmeno stavolta, però, se ne ha la certezza: le teorie continuano a fioccare e ad incrociarsi fra loro, senza riuscire a dare una risposta univoca a quello che rimane ancora oggi un mistero affascinante.

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