Love Oluwatobi è nigeriano, ha quasi diciott’anni e fatica a guardare negli occhi qualcuno che non sia Valentina Caiolo. Lei suona il violino per l’orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania e, da anni con l’associazione Musicainsieme a Librino, insegna il suo strumento a bambini e ragazzi. Nei due anni trascorsi dal suo arrivo nel nostro paese, Love ha preso la licenza media, imparato l’italiano, e preso confidenza col contrabbasso. I suoi sforzi sono stati premiati: quest’anno frequenterà il liceo musicale A.Musco.

LA MUSICA SALVA. «Da bambino cantavo in chiesa. È sempre stato il mio sogno» racconta Love. Dopo essere stato abbandonato dai genitori, strappato alle cure della nonna da uno zio e convinto da un conoscente ad intraprendere un viaggio alla volta dell’Europa a 15 anni, probabilmente l’ultima cosa che Love si sarebbe aspettato era di entrare in contatto col mondo della musica. Un bisogno ed un’offerta si sono incontrati invece tra strumenti, spartiti e i leggii messi a disposizione dell’associazione. Un nuovo modo di insegnare la musica, democratizzandola, diventa come nel caso di Love «la chance concreta di essere padrone del proprio destino, di essere davvero libero» sottolinea la Caiolo. Da quando Love ha iniziato a toccare timidamente le corde del suo contrabbasso, che ha scelto un po’ per caso e un po’ per curiosità, continua a cantare per il coro dell’orchestra e al contempo studia seriamente lo strumento. «Anche se Love non diventasse mai un musicista professionista, ciò non diminuirebbe la portata di ciò che la musica ha fatto per lui» prosegue la musicista. Già nel concreto, il talento musicale di Love, che gli ha garantito l’ingresso al liceo Musco, lo porrà al riparo dall’impersonale circuito dell’accoglienza quando raggiungerà la maggiore età. Quando però non trova la parola italiana per descrivere come si sente e ricorre all’inglese “proud” (orgoglioso), allora si comprende quanto corra in profondità il potere della musica di animare, di dare scopo e dignità all’essere umano.

IL CERCHIO SI CHIUDE. «All’inizio ero molto scettica sulla possibilità di raggiungere con la musica quartieri difficili come Librino» confessa la strumentista. Da tempo si è dovuta ricredere. Non solo gli strumenti dati in comodato non sono stati trafugati come lei temeva all’inizio, ma le famiglie degli apprendenti, inizialmente esitanti, si sono lasciate coinvolgere: «Abbiamo madri che entrano nel coro e nonni che coltivano il nostro giardino urbano». L’allargarsi dell’interesse non è solo orizzontale. «Questo è il futuro della musica classica – spiega la Caiolo – Diffusa capillarmente a strati della società solitamente esclusi dalla comprensione e dalla sua fruizione, la musica che ha parlato una volta a questi ragazzi, continuerà a parlare loro sempre». Il motivo è che la musica orchestrale, secondo l’insegnamento del maestro Muti, è metafora della vita insieme e palestra di cittadinanza: elementi diversi al lavoro per un bene che li trascende tutti. Nel parlare di musica e di insegnamento, i suoi occhi si accendono ma non come quando Love, per la prima volta davanti a lei, dice: «Vorrei un giorno tornare in Nigeria e far conoscere il contrabbasso, magari dare lezioni ai bambini».


Proponiamo ai nostri lettori uno degli articoli prodotti all’interno delle attività laboratoriali del workshop “Raccontare la Sicilia. Raccontare il Mediterraneo”, organizzato dal Sicilian Post e dalla Fondazione DSe presso la Scuola Superiore di Catania il 27-30 settembre scorsi. Durante i quattro giorni di svolgimento del corso sono stati ospiti direttori di giornali, caporedattori ed esperti di rilevanza internazionale. Tra questi: Derrick De Kerckhove e Maria Pia Rossignaud (Osservatorio TuttiMedia e Media Duemila), Antonello Piraneo (La Sicilia) e Domenico Ciancio Sanfilippo (Fondazione DSe), Giovanni Zagni (Pagella Politica), Guido Tiberga e Domenico Quirico (La Stampa), Giorgio Paolucci (Avvenire).

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