Meno lavoro, servizi peggiorati, poca sicurezza: è la fine del sogno tedesco?
Per decenni, la Germania è stata la terra promessa per gli italiani. Oggi, come evidenziato anche dai risultati delle recenti elezioni politiche, quel paese è profondamente cambiato: le insicurezze economiche e sociali sono cresciute modificando il volto di un luogo che nel nostro immaginario è sempre stato simbolo di efficienza e ordine. Abbiamo raccolto le impressioni di alcuni emigrati siciliani di lungo corso, che quasi in coro si sono lasciati andare ad un “oggi non rifarei quella scelta”
«La Germania che conoscevo non esiste più». Quando, negli anni ’90, ha lasciato la Sicilia per tentare la fortuna nel paese della birra, Tania lo aveva fatto con la certezza di approdare in un luogo fedele all’immaginario di tanti italiani: efficiente, organizzato, pieno di opportunità. E così a lungo è stato. Ma qualcosa, da qualche tempo a questa parte, sembra essersi rotto. «Oggi per avere un appuntamento dal medico – prosegue scuotendo la testa – devi aspettare molti mesi. Le strade sono sporche ed insicure, e trovare lavoro è sempre più complicato». Le sue parole dipingono un quadro che, non a caso, ha trovato corrispondenza nei risultati delle ultime elezioni politiche tenutesi lo scorso febbraio, che hanno fatto registrare lo storico crollo del partito socialdemocratico (SPD) del cancelliere uscente Olaf Scholz – mai così male dal 1887 – e l’avanzata del partito nazional-conservatore Afd, spintosi oltre il 20%. «I tedeschi, soprattutto i più giovani – commenta Enzo, che con Tania ha cresciuto i figli Domenico e Salvo lontani dalla loro Catania – manifestano il bisogno di una maggiore tutela. Chiedono risposte concrete e per questo si affidano ai partiti emergenti che promettono soluzioni». Cosa è rimasto, dunque, di ciò che li ha spinti a partire?
L’INCOGNITA DELL’OCCUPAZIONE. «Quando sono arrivato a Colonia, – ricorda Enzo – ho trovato subito lavoro come cottimista. Ogni angolo della strada offriva un’opportunità e si guadagnava bene. Se avevi un’idea, potevi aprire un’attività senza troppe difficoltà. Oggi, invece, quel sogno è svanito: la disoccupazione è aumentata, molte fabbriche chiudono e licenziano». La disoccupazione nel Paese, infatti, è tra le più alte degli ultimi anni e secondo uno studio dell’istituto economico federale IW di Colonia quattro aziende su dieci stanno pianificando di ridimensionare il numero di dipendenti nel prossimo futuro. Una precarietà che pesa anche sulla vita quotidiana. Salvo, il figlio minore della coppia, oggi trentaseienne, racconta: «È cambiato tutto, dagli orari di lavoro ai guadagni. L’anno scorso ho cercato una nuova casa in affitto, ma se alla fine degli anni ’90 pagavamo mille marchi, ora un affitto medio arriva a 1500-1700 euro al mese e non è fattibile considerando che lo stipendio medio è di 2500 euro». La crisi economica tedesca, infatti, non colpisce solo il lavoro, ma anche chi guarda alla pensione. Enzo ammette di aver più volte pensato di tornare in Italia: «Se non avessi la mia famiglia qui, sarei già tornato». Pur possedendo una casa di proprietà, racconta, la pensione che percepirebbe basterebbe appena a coprire le spese essenziali, costringendolo a cercare un lavoretto per mantenere un tenore di vita dignitoso in Germania: «Oggi, se andassi in pensione, non riuscirei a vivere bene con ciò che mi dà lo Stato».
«Alcuni tedeschi associano problemi come la criminalità agli immigrati irregolari, spesso disoccupati e poco integrati. Non credo che siano diventati razzisti, ma le incertezze economiche e sociali hanno indotto una mentalità più chiusa rispetto al passato»
Enzo, siciliano emigrato in Germania
INSICUREZZA… «Di questi tempi – spiega Domenico, oggi quarantenne e padre di quattro figli – non lascio più uscire i miei figli da soli, specialmente quando fa buio. C’era un tempo, qui in Germania, in cui la sicurezza era la norma: lasciavi la bicicletta fuori e la ritrovavi al mattino. Oggi non è più così: rischi di non trovare neanche le scarpe che lasci fuori la porta». Un tempo simbolo di ordine e sicurezza, oggi le metropoli tedesche come Colonia e Berlino somigliano di più a quelle italiane, come testimonia anche Tania: «Ricordo che uscivo per strada senza preoccupazioni, senza far caso alla mia borsa. Ormai non è più così, bisogna stare attenti. Le ragazze hanno paura di uscire da sole, ci sentiamo meno sicuri».
E DIFFIDENZA… Un clima che, inevitabilmente, si riflette anche sul tessuto sociale e sui rapporti umani. Come confermano le impressioni di Domenico: «La freddezza verso gli stranieri è decisamente aumentata. Un tempo gli italiani, soprattutto, erano presi a buon cuore. Ora, camminando per le strade, percepisci più distanza». Sono lontane, nei suoi ricordi, le serate trascorse in pizzerie e ristoranti italiani della città, quando trovare un tavolo libero era quasi impossibile perché erano sempre pieni di clienti tedeschi. «Andavano matti per la nostra cucina ed erano curiosi di conoscere la nostra storia». Ma i locali, adesso, sono meno affollati e i legami più radi. Colpa, forse, anche di un clima politico avvelenato: «Alcuni tedeschi – riflette Enzo – associano problemi come la criminalità agli immigrati irregolari, spesso disoccupati e poco integrati. Non credo che siano diventati razzisti, ma le incertezze economiche e sociali hanno indotto una mentalità più chiusa rispetto al passato».
È LA FINE DEL SOGNO TEDESCO? Dalle parole di chi ha vissuto in prima persona le trasformazioni della società tedesca, emerge come trasferirsi in Germania oggi richieda una visione più realistica rispetto al passato. La sicurezza di un tempo ha lasciato spazio a incertezze economiche e sociali, e sia chi è arrivato decenni fa, sia chi è nato nel Paese, guarda con disillusione al presente. È la fine di un grande ideale? «Una volta – sostiene Tania – andare in Germania era come andare in America: si partiva con la convinzione di poter realizzare i propri sogni». Un punto di vista laconico, condiviso da Enzo: «Mi ricordo bene l’entusiasmo che provai quando Colonia ci accolse immediatamente, dando una svolta alla nostra vita. All’epoca bastava poco per costruire qualcosa di solido. Ma oggi non credo che rifarei quella scelta».
(Ph. Kevin Woblick | Unsplash)