Amori, ricordi e incertezza per il futuro: il viaggio a bordo dell’ultima littorina
«Per anni ho preso la Circumetnea e osservato i paesaggi lunari che le correvano intorno. Ricordo come se fosse ieri i bimbi di Maletto accogliermi in classe e salutarmi ogni volta che facevo ritorno a Catania. Ho deciso di fare un ultimo giro in memoria dei vecchi tempi e dire addio alla littorina dopo quasi quarant’anni». Negli occhi di Pina, ex insegnante di scuola materna, si legge tutta la nostalgia dell’ultimo viaggio a bordo di un treno su cui ha speso una parte importante della propria vita. La Circumetnea, chiamata ‘a litturina dalla Sicilia orientale, ha compiuto il suo ultimo giro completo a metà giugno (da Catania Borgo fino a Riposto), per poi passare il testimone alla metropolitana per la tratta sotterranea che dalla città etnea arriva a Paternò, di cui sono previsti i lavori nei prossimi anni.
Costruita alla fine dell’Ottocento (la prima tratta Catania-Adrano fu inaugurata nel 1895), la Circumetnea ha per lungo tempo rappresentato il mezzo di trasporto più affidabile e sicuro per generazioni di abitanti dell’hinterland etneo per giungere in città. Tra loro, specialmente in tempi più recenti, ad usare il servizio sono stati soprattutto lavoratori pendolari e studenti. Come Paola, studentessa alla Facoltà di Economia a Catania che già sui binari, in attesa del treno, insieme ad altri passeggeri che condividono la sua opinione, spiega non troppo contenta l’itinerario previsto dalla corsa e il disagio che le procura la nuova organizzazione dei trasporti. «La chiusura del percorso che va da Catania Borgo fino Paternò sarà un grosso problema – racconta. Non sono motorizzata e, anche se sono stati programmati i bus, chiederò a mio padre di accompagnarmi in macchina per frequentare le lezioni». In attesa della costruzione della linea della metropolitana, sarà comunque disponibile per i passeggeri un collegamento su gomma. Una soluzione che tuttavia non convince tutti. «Non mi fido del bus: non sempre è puntuale – prosegue -, ci mette troppo a percorrere tutte le tappe e le buche per strada mi fanno venire il mal d’auto. I miei momenti preferiti rimarranno sempre le mattine invernali, quando il sole non è sorto completamente e l’aria sembra più pulita. Mi facevano affrontare meglio le giornate all’università».
A trasportare i passeggeri verso Randazzo è un treno moderno, comodo solo alla vista. L’interno è climatizzato ma la folla nei vari vagoni rende difficile percepirlo, per non parlare dei sedili troppo vicini tra loro che danno un senso di claustrofobia e addormentano le gambe dopo due ore di tragitto.
A bordo salgono le personalità più disparate, unite dalla voglia di fare un’esperienza diversa dal solito: da un gruppo di amici con granite e brioches acquistate prima della partenza a Catania ad una coppia di Testimoni di Geova che distribuisce volantini, prontamente gettati via da molti passeggeri quando la coppia si voltava a parlare con qualcun altro. Sul treno c’è anche chi, al destino di questo pezzo di storia, si interessa da tempo. Come i membri del comitato Salvacircum: «Ci battiamo da anni affinché la littorina non venga chiusa – racconta il signor Attilio, portavoce del gruppo – nel giugno 2023 abbiamo addirittura lanciato una petizione ma con scarsi risultati. Vedere tutta questa gente prendere la Circumetnea nel suo ultimo giorno suscita sentimenti contrastanti. Da un lato, siamo infastiditi dall’ipocrisia ma, dall’altro, ci fa sperare per il futuro delle fermate rimanenti».
Attraverso i finestrini sporchi e disabilitati all’apertura, il paesaggio che si presenta agli occhi è quasi un microcosmo di tutta la Sicilia e delle sue contraddizioni. Dalla periferia di Catania, sommersa dai sacchi dei rifiuti e afflitta dal degrado, alla maestosità dell’Etna sullo sfondo. Giunti a Paternò, lo scenario cambia radicalmente: il treno inizia a costeggiare muretti di pietra lavica, così vicini che il treno sembra sfiorarli, al di là dei quali si scorgono distese di aranceti, uliveti e alberi di pistacchio. Le piccole aziende agricole alle pendici dell’Etna sono in fermento: tra i filari si intravedono i contadini alle prese con le vigne.
Si rimarrebbe ipnotizzati da queste immagini se solo non si ritornasse alla realtà ad ogni fermata. Alcune sembrano finite nel dimenticatoio. A Randazzo, ad esempio, manca l’insegna. Altre, come quella di Adrano Centro, posta all’interno di una galleria, non sono scenografiche come ci si aspetterebbe. Eppure, è proprio qui che avviene una scena d’altri tempi. «Vado a trovare Luca il mio ragazzo, ad Adrano – racconta Giulia, una ragazza giovanissima con gli occhi pieni di emozione e seduta in prossimità delle porte del treno, pronta a scattare fuori -. Ultimamente ci siamo sentiti solo con videochiamate e messaggi. Faccio lo scientifico a Catania e lui il tecnico ad Adrano, ma con la fine della scuola ho più tempo da dedicargli. Mi aspetta alla fermata». Episodi del genere sono più unici che rari al giorno d’oggi: nel 2024 i ragazzi preferiscono usare i propri mezzi o, addirittura, utilizzare uno schermo per vedersi, perdendo così la poesia dell’attesa, quell’attimo in cui manca il respiro prima della gioia di rivedere la persona cara. Situazioni che sembravano appartenere a tempi lontani ma che, seppur rare, continuano a suscitare lo stesso effetto. Così Giulia scende per l’ultima volta dalla littorina per raggiungere Luca – il fidanzato – per salutarlo con un bacio e un abbraccio; sicuramente troveranno altri modi per raggiungersi, ma non sarà più la stessa cosa. Per il momento vengono lasciati indietro dal treno che è ripartito
La corsa si ferma a Randazzo. Per proseguire alla volta di Riposto bisogna cambiare vagone, ma anche per chi decide di tornare a Catania è prevista una sosta. Tra il sole a picco e le scarse zone d’ombra è sconsigliabile attendere sulla piattaforma. Qualcuno sceglie il bar della stazione, con i suoi interni datati e gli immancabili anziani seduti ai tavoli. Altri invece si avventurano tra i vecchi vagoni della littorina fermi sulle rotaie a caccia di una foto ricordo.
Arriva il treno per il ritorno a Catania. Tra le poche persone a bordo spicca la figura singolare del macchinista. Dall’aspetto che ricorda vagamente Georges Méliès e Pirandello, ha la battuta pronta e porta con sé un quarantennio di storie come quella di «una ragazzina di quattordici anni che si è sentita male mentre il treno era stato costretto ad uno stop per un’emergenza. L’ho presa per mano ed insieme abbiamo cercato di riparare il motore, un espediente per tranquillizzarla che ha funzionato. Il giorno dopo i genitori sono venuti a ringraziarmi con le lacrime agli occhi e anch’io mi sono commosso. È uno dei ricordi più teneri che ho e che custodirò per sempre».
Il suo racconto fa da sottofondo all’ultimo tratto del viaggio, che si conclude presso la stazione Catania Borgo. Si chiude così, in sole quattro ore, un’era per dare spazio ad una nuova. Se migliore lo deciderà solo il tempo.