Da tempo si sente dire che la crisi del giornalismo si avvii a diventare un fenomeno irreversibile. A fronte di questo clima di sfiducia, tuttavia, spesso e volentieri alimentato dagli stessi professionisti dell’informazione, non corrisponde la rassegnazione delle nuove generazioni, che continuano a credere e ad impegnarsi per raccontare grandi storie. Le stesse generazioni che hanno assistito con interesse all’incontro “Da giornalisti a imprenditori”, svoltosi recentemente presso gli spazi di “Isola” a Catania, con Annalisa Monfreda, ex direttrice di “Donna Moderna” e oggi fondatrice di “Diagonal”, la cui storia ben sintetizza quella di tanti giornalisti costretti a confrontarsi con un mondo dell’informazione e dell’editoria in rapidissima evoluzione.

Approdata ad appena trent’anni alla direzione del suo primo periodico (Top girl), la sua carriera è stata costellata di successi – dalla direzione di Cosmopolitan fino all’approdo al settimanale edito allora da Mondadori – ma anche di dure lezioni e fallimenti.  «La mia direzione di “Donna Moderna” – ha raccontato – è iniziata nel 2013 sotto i migliori auspici. All’epoca il settimanale godeva di un numero consistente di copie vendute e di molti lettori affezionati. Oltretutto la presenza di un editore solido come Mondadori conferiva al mio lavoro un senso di sicurezza, permettendomi di potere sperimentare senza preoccuparmi eccessivamente dei rischi. Riconosco di aver anche commesso degli errori, ma credo che l’ammissione dei propri fallimenti sia liberatoria e costruttiva: non si impara dai fallimenti altrui, ma dai propri. La paura di fallire limita prima nell’affrontare un rischio e dopo nel timore di ammettere l’errore. In questo senso, credo che i progetti editoriali dovrebbero abbracciare la mentalità da start-up, che grazie a costi di produzione più contenuti riescono ad essere più coraggiosi nello sperimentare soluzioni innovative».

Tra le intuizioni più riuscite, sicuramente figura quella della cosiddetta “leadership diffusa”: «Ordinariamente, il flusso di lavoro di una redazione prevede che ci sia un lavoro di supervisione a tutti i livelli, a partire dalla figura del direttore. La leadership diffusa prevede invece che ciascuno sia responsabile interamente del lavoro svolto. Ho quindi preso la decisione di non leggere il giornale se non dopo la pubblicazione e, solo allora, offrire dei feedback “post mortem”. Dopo due settimane di assestamento, ho notato un notevole cambiamento nei miei collaboratori: sapere che nessuno avrebbe corretto i pezzi aveva effettivamente avuto l’effetto di responsabilizzarli, motivandoli ad anticipare le eventuali problematiche e a risolverle. Al tempo stesso, a beneficiarne era stato un ritrovato senso di orgoglio di ciascuno per il lavoro svolto: questo succedeva nel 2015 e fino al 2021 non ho mai più letto il giornale prima che andasse in stampa».

Annalisa Monfreda e Giorgio Romeo

L’avvento del digitale ha rappresentato per l’editoria una sfida su più livelli. Uno di questi riguarda il modo di ristrutturare il funzionamento delle redazioni per sfruttare le possibilità offerte dai nuovi canali. Uno dei possibili approcci è quello di “verticalizzare” le competenze, rischiando però di trovarsi con un team scisso in due parti che non comunicano tra loro; uno che si occupa dei contenuti digitali e l’altro di quelli tradizionali. Dall’altro, quello di chiedere ai giornalisti di reinventarsi e creare contenuti per tutti i canali (carta, web, social, podcast), con un inevitabile contraccolpo sulla qualità. «A Donna Moderna ho esitato a percorrere fino in fondo la strada della verticalizzazione. Pur avendo a disposizione una redazione nutrita, temevo di sacrificare risorse importanti per perseguire progetti che forse non avrebbero dato i risultati sperati. Credo però che, soprattutto per i giornalisti più giovani, essere a proprio agio con una molteplicità di strumenti sia una risorsa. E se è vero che la qualità oggi è sempre più importante, quest’ultima si fonda sulla bontà del contenuto. Francesco Costa, ad esempio, realizza uno dei podcast più seguiti in Italia semplicemente con un microfono e un pc. Se sai fare il giornalista, e quindi sai raccontare una storia, non hai bisogno di studi di registrazione o di competenze tecniche straordinarie».  

D’altra parte anche sul fronte dei modelli di business, i giornali avvertono una forte necessità di trovare soluzioni alternative alle tradizionali revenue stream legate alle copie vendute e alle inserzioni pubblicitarie. Una sfida alla quale Annalisa Monfreda ha risposto ricorrendo ad un approccio per certi versi inusuale: «Al giorno d’oggi, non si tratta solo di offrire loro contenuti, ma anche servizi: a “Donna Moderna” ho cercato di lavorare su come sviluppare e monetizzare la solida community che il brand già possedeva. Le nostre lettrici erano donne sensibili al tema dell’empowerment e che hanno accolto con entusiasmo alcune delle nostre proposte per coinvolgere ancora di più nella vita del giornale. Ad esempio, abbiamo organizzato esperienze come corse nel deserto del Marocco e laboratori teatrali. Offrire servizi ai membri della community che sono disposti a pagare può essere un buon modo per finanziare la buona informazione. In fondo, è questo che fa il buon giornalismo: informare e rendere liberi». 

L’esperienza di Monfreda alla guida di “Donna Moderna” si è conclusa nel dicembre del 2021. Sebbene un simile cambiamento possa apparire come destabilizzante, nuove opportunità possono profilarsi all’orizzonte se si ha il coraggio di osare: «Il mio abbandono della direzione è stato un fallimento sul quale ho riflettuto due anni: nonostante i miei tentativi, mi sono resa conto di non essere riuscita a fare in modo che “Donna Moderna” tornasse ad essere un business sostenibile. Avevo sempre saputo che la mia esperienza alla direzione non sarebbe durata per sempre e, inizialmente, progettavo di ritornare a scrivere da inviata. Oggi però, forte dell’esperienza alla guida del settimanale, ho deciso di imbarcarmi in una nuova avventura. Così ho fondato “Diagonal”, un’azienda dalla doppia anima in cui riversare la mia passione per l’imprenditoria. Da un lato, una startup giornalistica che si finanzia con un modello a metà tra il freemium e i servizi a pagamento, dall’altro un progetto che aiuta le imprese ad intraprendere un cambiamento nella cultura aziendale lo storytelling. Attraverso uno strumento empatico, nonché proprio del mestiere di giornalista, qual è la narrazione, trasformiamo le aziende in veri centri culturali, organizzando conferenze, eventi, spettacoli teatrali. Un modello che durante la mia direzione di Donna Moderna si è dimostrato vincente».


L’EVENTO

L’incontro dal titolo “Da giornalisti a imprenditori. Opportunità e futuro per i media” si è svolto all’interno della cornice di “Make in South Spring Edition” negli spazi di “Isola” presso Palazzo Biscari a Catania. L’evento, che l’ha vista dialogare con il direttore di Sicilian Post Giorgio Romeo, è un’anteprima della quarta edizione del Workshop Internazoinale “Il giornalismo che verrà”, organizzato a Catania dalla testata siciliana dal 13 al 20 giugno 2022

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