La cantante, assieme ad artisti come Riccardo Pirrone, Lello Analfino, Giuseppe Milici e Francesco Buzzurro, si esibirà domenica 7 maggio in un grande evento a Messina per ricordare le “pagine siciliane” del grande cantautore pugliese

Una grande serata che vedrà oltre 150 musicisti, cantanti e ballerini impegnati nel racconto, attraverso la musica, della vicenda umana del “padre della canzone d’autore italiana”. Questo quanto promesso dal concerto “Omaggio a Domenico Modugno” che si terrà domenica 7 maggio al Teatro Vittorio Emanuele di Messina.  L’evento è nato da un’idea del crooner messinese Riccardo Pirrone, accolta e concretizzata grazie a Nino Germanà e il patrocinio del Comune di Messina. Il direttore artistico e regista è Alfredo Lo Faro, che spiega: «Anche se sono tanti i partecipanti, tra i quali Antonella Ruggiero, Riccardo Pirrone e Lello Analfino dei Tinturia, è stato facile coordinarci grazie all’entusiasmo. Si riporterà alla luce il periodo un po’ meno conosciuto del cantautore: gli anni di lavoro in un’azienda torinese dove incontra il cantastorie siciliano Nonò Salomone, che sarà tra gli ospiti, e gli anni messinesi, quando il suo orecchio assoluto cattura il canto di un carrettiere. Infatti, non sarà cantata “Nel blu dipinto di blu” (Volare). È una scelta coraggiosa che sfida il consenso del popolo, ma il nostro interesse è far rivivere lo spessore di quest’uomo, che scrive testi in una lingua non sua come il siciliano».

Nel corso di uno spettacolo narrato da Salvatore Nocera Bracco, i cantanti saranno accompagnati dall’orchestra Sinfonietta Messina, diretta dal Maestro Domenico Riina, con la partecipazione straordinaria di quattro solisti siciliani apprezzati a livello internazionale: il fisarmonicista Pietro Adragna, il chitarrista Francesco Buzzurro, il clarinettista Nicola Giammarinaro e l’armonicista Giuseppe Milici. Le coreografie sono di Marco Savatteri, che dirigerà i ragazzi della Casa del Musical. «Modugno è stato un vero rivoluzionario – continua Lo Faro – Attraverso il canto, è riuscito a rinnovare usi, costumi e consumi. Con la sua mimica e la sua voce ha varcato i confini italiani, tanto da essere il primo vincitore del Grammy Awards, riconoscimento inventato appositamente per lui». Allo stesso aneddoto si rifà Antonella Ruggiero, già voce dei Matia Bazar, oggi considerata tra le più grandi voci italiane.

Qual è il suo rapporto col “mito” Modugno?
«Ho sempre collegato Modugno agli anni ’50 e ’60, attraverso di lui si è raggiunto il pubblico americano ed è stato certamente un tramite culturale. Anche se Modugno non mi ha direttamente formata, ma lo ascoltavo sin da bambina. Erano gli anni dei film e commedie musicali le cui canzoni diventavano famosissime e io, sull’esempio dei miei genitori, assorbivo con piacere quelle melodie. Ho interpretato tante sue canzoni come “Il vecchio frac” e “Cosa sono le nuvole”, incluse in un mio cd dedicato ai temi della morte; ho cantato “Nel blu dipinto di blu” alla manifestazione di chiusura di Expo 2015 e già anni prima “Notte di luna calante” con Morgan. Insomma, ho avuto modo di realizzare dei progetti, anche molto diversi l’uno dell’altro, ma l’inserimento delle canzoni di Modugno si è sempre rivelato adatto». 

Invece, quali sono stati i suoi modelli, italiani e non?
«La musica apparentemente più diversa, dall’opera a quella popolare alla musica pop. Non ho avuto proprio dei modelli, piuttosto ci sono stati degli artisti americani ed inglesi, più questi ultimi in realtà, che hanno aperto delle porte e sono diventati simboli per intere generazioni. Ho sempre ricercato la qualità e la verità attraverso la musica, che a volte, invece, fornisce più dei modelli preconfezionati. Bisogna fare delle scelte, altrimenti si rischia di essere coinvolti dalle mode o dalle pressioni dell’industria».

Antonella Ruggiero

A tal proposito, anche in base alle sue esperienze a Sanremo e alle sue collaborazioni per cui ha sperimentato generi diversi, cosa pensa dell’attuale panorama musicale italiano?
«C’è sicuramente la parte legata all’industria e propone musiche che, secondo la mia percezione, probabilmente sono “fatte a tavolino”, ma c’è anche una realtà italiana, che io frequento ormai da tanti anni, legata alla musica della tradizione popolare rielaborata in chiave contemporanea e riproposta alle nuove generazioni, con suoni sia antichi che elettronici. Ci sono musicisti giovani e non che producono musiche interessanti in quanto musiche di ricerca; purtroppo non passano in radio proprio perché non sono commerciali».

Ci sono reinterpretazioni che le sono rimaste nel cuore?
«Sì, i progetti che ho realizzato sulla musica tra I e la II guerra mondiale, quando i cantanti e le cantanti e gli autori scrivevano degli autentici capolavori, pur essendo musica non colta. Ricantandoli, ci si rende conto che nessuno scrive più così! I testi, vere poesie, e le melodie avevano una struttura perfetta. Quando le eseguo comprendo quanto siano significative e simboliche perché sono la traccia di un’Italia che non esiste più. Talvolta mi ritrovo ad ascoltare quelle voci su Youtube ed il paragone tra le musiche di allora e di oggi non si può assolutamente fare».

La potenza della parola, anche in maniera semplice, ha un legame con la realtà. E quelli erano anni difficili…
«Esattamente. Nelle canzoni c’era proprio questo sentimento per cui l’aver vissuto anni bui, anche nella povertà, tirava fuori l’arte, la sensibilità, la creatività. Non avevano tutto quello che abbiamo oggi, non erano sommersi dagli oggetti, dalla materialità. Adesso è tutto molto più di superficie e così il sentimento vero e profondo dell’arte si vede poco, a favore di una certa arroganza».

“Omaggio a Modugno” la porterà in Sicilia, cosa pensa di questa regione?
«Nonostante io conosca e frequenti la Sicilia da tanti e tanti anni, mi stupisce ancora; la sua bellezza naturale e il suo patrimonio storico culturale offrono sempre qualcosa da scoprire per chi viene da fuori».

Quali sono i suoi prossimi progetti?
«L’ultimo mio lavoro si intitola “La vita imprevedibile della canzoni” e raccoglie alcuni pezzi del mio repertorio personale, tra il ’75 e due anni fa, in cui con Andrea Bacchetti, bravissimo e geniale musicista classico, abbiamo dato una veste diversa, lontanissima dal pop, che ha nobilitato alcune canzoni come quelle del periodo elettronico grazie agli arrangiamenti vicini alla musica classica. Il piano a coda, infatti, ha fatto emergere nuove sfumature. Precedentemente è stato rilasciato “Cattedrali”, registrato nella Cattedrale di Cremona, in cui alla mia voce si accompagnava l’organo suonato dal maestro Fausto Caporali. Uno strumento che non si sente quasi più è stato invece utilizzato in modo energico. Per l’autunno prossimo prevedo il rilascio di un cofanetto tratto sempre dal mio repertorio».

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