Ispirata a un fatto realmente accaduto nell’Italia dei primi del Novecento, ovvero la vicenda Bruneri-Canella, Come tu mi vuoi rientra fra le opere tarde dello scrittore siciliano Luigi Pirandello. Ed è uno di quei drammi che da tempo mancava dal Teatro Stabile di Catania, dove il 20 gennaio scorso ha invece debuttato in prima assoluta, con repliche presso la sala Verga previste fino al 29 gennaio e, successivamente, una lunga tournée in giro per l’Italia. Per l’occasione, abbiamo raggiunto telefonicamente il regista e direttore del teatro etneo Luca De Fusco, impegnato in questi giorni al Teatro La Fenice di Venezia con le prove del dramma giocoso Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa, per farci raccontare la costruzione della messa in scena e i prossimi progetti dello storico Ente siciliano.

Dopo aver affidato l’apertura di stagione a Così è se vi pare, per questa sua seconda regia ha scelto nuovamente un dramma di Luigi Pirandello, questa volta con un testo meno noto alle cronache catanesi.

«Sì, anche se in realtà si tratta di due drammi profondamente diversi. Il primo è freddo, geometrico, una lama di bisturi, mentre Come tu mi vuoi ha un testo sinuoso, ondulato, come un allucinogeno che non dà certezze».

Non a caso, parliamo di un’opera che cento anni dopo la sua creazione spiazza ancora lo spettatore, e nella quale si rintracciano tematiche cardine della poetica pirandelliana come quella del doppio e della psicanalisi.

«È così. E per di più si avverte che il testo è stato scritto durante la permanenza di Pirandello in Germania, cosicché ho voluto inserire nella mia regia dei rimandi ai film psicanalitici di Alfred Hitchcock: penso a Vertigo (noto in Italia come La donna che visse due volte, ndr), come anche alle musiche di Ran Bagno, che ho utilizzato per lo spettacolo e che sono ispirate a Bernard Herrmann, un grande compositore allievo di Igor Stravinskij, rimasto nella nostra memoria per alcune musiche che gli commissionò il maestro del brivido in persona».

«”Come tu mi vuoi” è un dramma poco rappresentato, anche se essendo uno fra gli ultimi messi a punto da Pirandello, racchiude una summa di tutti i suoi personaggi femminili»

A vestire i panni dell’Ignota è invece Lucia Lavia, a metà fra una Salomè e una diva del cinema muto, alla quale lei ha chiesto una grande prova d’attrice – non solo interpretativa, ma anche fisica…

«Sì, Lucia è stata straordinaria. E se consideriamo che è ancora giovanissima e ha tutta la vita davanti a sé, possiamo solo immaginare come diventerà fra qualche anno. In Come tu mi vuoi non sappiamo neanche bene chi sia la protagonista e quale delle due donne sia effettivamente; di conseguenza, immaginare di sdoppiarla, grazie al tulle e alle videoproiezioni, ha contribuito ad amplificare l’effetto dell’opera. Credo inoltre che sgranare la realtà abbia reso la storia più significativa perché, a causa della sua lunghezza, siamo davanti a un testo proposto poco a teatro – anche se trattandosi di uno degli ultimi messi a punto dall’autore agrigentino, racchiude una summa di tutti i suoi personaggi femminili. E attraverso la figura di Lucia, oltre a curare la danza e il testo (rispetto al quale ci siamo limitati a limare giusto un paio di passaggi), ci tenevo a richiamare alla mente anche la Lulù di Georg Wilhelm Pabst Pabst nella pellicola Il vaso di Pandora, insieme a quel tipo di atmosfere».

Lucia Lavia nei panni dell’Ignota (Ph. Antonio Parrinello)

D’altronde, nel momento in cui è stato nominato direttore dello Stabile di Catania ha deciso che avrebbe ripercorso il solco della tradizione, e così è stato.

«Da questo punto di vista sono molto orgoglioso di me stesso. A essere sincero, Così è se vi pare l’ho scelto perché volevo occuparmene già da tempo, anche se le operazioni più interessanti su Pirandello sono proprio quelle che riguardano testi del calibro di Come tu mi vuoi, che per difficoltà di messa in scena ricorrono meno nei cartelloni. Lo scrittore e critico Franco Cordelli dice sempre che il rinnovamento del repertorio non passa solo attraverso la selezione di autori nuovi, ma anche dalla nostra capacità di puntare la luce su opere solitamente poco frequentate, e io mi trovo più che d’accordo con la sua affermazione. Per esempio, un altro progetto sul quale stiamo tanto ragionando io e Pamela Villoresi (direttrice del Teatro Biondo di Palermo, ndr) è la messa in scena di Questa sera si recita a soggetto, un dramma pirandelliano che, avendo bisogno di diciotto attori in scena, viene proposto raramente. È un diritto (oltre che un dovere) dei due Teatri Stabili siciliani quello di concentrarsi su operazioni del genere, perché il rischio più grande consisterebbe nel far rimanere un testo oggetto di sola lettura, quando per suo stesso statuto un’opera teatrale andrebbe invece rappresentata».

«Ad oggi, una delle priorità dello Stabile è quella di coinvolgere maggiormente i giovani e le scuole nelle attività del teatro»

L’idea di proporre Come tu mi vuoi è infatti un modo per permettere a un’ampia porzione di pubblico di conoscere i capisaldi del teatro siciliano. Fra l’altro, alla replica serale di sabato 21 gennaio erano presenti anche diversi giovani, dico bene?

«È vero, ma resta il fatto che io non sono ancora soddisfatto degli sforzi compiuti nei confronti delle nuove generazioni. Uno dei segreti che al Teatro Mercadante di Napoli mi aveva permesso di passare da 2300 abbonati a ben 7000, trasformandolo poi in un Teatro Nazionale, era consistito proprio nell’impegno del teatro a coinvolgere le scuole. Per lo Stabile la difficoltà è che molti istituti superiori si trovano fuori città, o che i ragazzi frequentano le lezioni a Catania e nel pomeriggio tornano nella loro località di residenza, motivo per cui è davvero complicato spingerli a tornare a teatro la sera. Bisogna però che si trovi il modo di riuscirci, perché abbiamo seriamente l’esigenza e il dovere di formare gli spettatori del futuro, coinvolgendo attivamente i giovani e le scuole».

Un altro bacino d’utenza potrebbe essere rintracciato fra gli studenti universitari…

«Fino all’anno scorso, infatti, l’Università di Catania comprava un certo numero di abbonamenti da regalare ai suoi studenti. Adesso le modalità della collaborazione con lo Stabile sono cambiate, ma a mio avviso si trattava di un’ottima iniziativa, quindi al più presto tornerò alla carica anche con loro».

Di certo a lei la determinazione non è mai mancata, tant’è che per Come tu mi vuoi ha percorso con grande tenacia la strada della coproduzione, riunendo lo Stabile di Catania, il Teatro Nazionale della Toscana e il Centro di Produzione Teatro Sannazaro.

«Per un teatro in difficoltà com’era lo Stabile, era questa l’unica soluzione. Oggi riceviamo un sostegno in più dalla Regione Siciliana, però messe in scena così complesse richiedono comunque grandi alleanze».

Tornando per un attimo al cast dello spettacolo, non va dimenticato che Come tu mi vuoi ha riportato in scena anche storici attori catanesi che al Verga mancavano già da un pezzo.

«Sì, e sono proprio contento che interpreti come Alessandra Costanzo o Bruno Torrisi, che sono parte integrante della storia dello Stabile ma che per anni non sono più stati coinvolti nelle produzioni (pur essendo molto validi e avendo lavorato in tutta Italia), oggi abbiano fatto finalmente ritorno a casa».

Il cast di Come tu mi vuoi durante i saluti finali (Ph. Antonio Parrinello)

Bisognerebbe forse ripristinare l’equilibrio fra le parti, coinvolgendo giovani talenti e artisti maturi per permettere loro un confronto e una crescita costante: lei che cosa ne pensa?

«Sono d’accordo. Il nostro obiettivo è proprio quello di formare compagnie miste, con gli attori del territorio che io continuerò a conoscere e con giovani talenti come Lucia Lavia, che portano un valore aggiunto al gruppo di lavoro. Dopotutto, le etnie migliori sono quelle che nascono dalla mescolanza di varie culture: la Sicilia ne è la dimostrazione vivente, ed è da questo che si riconosce la sua unicità».

Non c’è due senza tre: a quando il prossimo dramma di Luigi Pirandello?

«Dal momento che questi spettacoli saranno in tournée fino all’anno prossimo, e volendo evitare di fare concorrenza a questa produzione, ho voluto prendermi un anno di riposo dal mondo pirandelliano e ho deciso che apriremo la prossima stagione teatrale con un altro autore di cui, per il momento, non posso svelare il nome. È noto a tutti che Pirandello sia il mio preferito, anche da molto prima che diventassi direttore dello Stabile, ma dobbiamo pensare a una proposta varia da offrire al nostro pubblico».

A proposito di pubblico, e soprattutto di abbonati, qual è il bilancio di questo suo primo anno di direzione catanese?

«Diciamo che abbiamo invertito la tendenza, e che dopo anni di discesa stiamo finalmente risalendo. In ogni caso, dobbiamo tenere presente che, per via delle restrizioni Covid, in tanti hanno manifestato qualche perplessità ad abbonarsi, com’è successo anche nel resto del Paese e dell’Europa. Se pensiamo quindi che il bilancio è stato positivo già così, e che ora le restrizioni si sono allentate, mi sento di dire che l’anno prossimo ci permetterà di avere delle soddisfazioni ancora maggiori. Per me un altro motivo di orgoglio è stato poi l’aumento delle sovvenzioni regionali, che magari non ci porranno ancora allo stesso livello del Biondo di Palermo, ma che quantomeno ci hanno restituito una certa dignità. E, non da ultimo, la mia direzione ha ottenuto il punteggio più alto di tutta la prosa italiana, confortando me e chi ha mi ha scelto per ricoprire questo ruolo di grande responsabilità».

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