“Criccu, Croccu e manicu ‘i ciascu”: i poco raccomandabili malandrini siciliani

Sono numerose in Sicilia le figure ormai diventate proverbiali, dal celeberrimo credulone Giufà alla maschera di Carnevale di Peppe ‘Nnappa, passando per la personificazione di un vento come quello della ddraunàra. Una che risulta ancora più singolare è quella del duo (o del trio, come vedremo) composto da Criccu, Croccu e manicu ‘i ciascu: l’origine e i significati di questa espressione sono infatti ancora molto dibattuti, e in base alla zona in cui ci si trova possono dar vita a interpretazioni molto diverse fra loro.

Partiamo dalla sua spiegazione in senso stretto, che stando alla tradizione sarebbe legata all’affiatamento fra tre malandrini di cui è meglio non fidarsi. Nominarli insieme equivarrebbe a dire, in italiano, che le disgrazie non vengono mai sole.

Nella Trinacria per esprimere lo stesso concetto esistono delle varianti piuttosto fantasiose, come per esempio Trìulu, malanòva e scuntintìzza (lett. Problemi, brutte notizie e malumore) o Iapìcu, Funciamòdda e su cugnatu (ovvero Iapìcu, forse un antico abitante dell’Apulia, Boccamolle e suo cognato), ma Criccu, Croccu e manicu ‘i ciascu resta la più diffusa e la più versatile, dal momento che può anche solo riferirsi a una combriccola poco raccomandabile in senso letterale.

Al riguardo esistono alcune leggende secondo cui i tre erano dei ladruncoli fratelli (Cricco, Crocco e Manicancino), che tentavano di accaparrarsi l’uno gli averi dell’altro, mentre dal punto di vista etimologico ciò che possiamo osservare è esclusivamente la provenienza di Croccu da crocus, un termine con cui nell’antichità veniva chiamato il mestolo ricavato da una radice piccante, e dunque dal sapore sgradevole.

Da qui, sembrerebbe che Criccu sia stato poi introdotto per creare una coppia di parole allitteranti. Quanto a manicu ‘i ciascu, rifacendosi a un’altra ipotesi molto accreditata, non si tratterebbe di un nome proprio, bensì dei manici del fiasco di vino al quale idealmente Criccu e Croccu stanno appesi come se fossero una sola identità, l’uno da una parte e l’altro dalla parte opposta.

Quale che sia la verità, i due (o tre, per l’appunto) personaggi vengono citati ancora oggi in numerose conversazioni quotidiane, talvolta anche solo nell’accezione più neutrale di Io, mammate e tu per evidenziare la scarsa partecipazione collettiva a un evento, riuscendo a guadagnarsi un posto d’onore nel variegato dialetto dell’isola.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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