Ad EtnaComics, abbiamo intervistato il tastierista e compositore della storica band rock-progressive, che ci ha raccontato i successi che hanno segnato la sua longeva vita professionale e il segreto per diventare un bravo musicista

I più lo ricorderanno come autore di colonne sonore. Ma la lunga carriera del tastierista dei “Goblin”, Claudio Simonetti, attraversa in lungo e largo la musica italiana. Ospite a EtnaComics lo abbiamo incontrato per farci raccontare come ha mosso i primi passi in questo mondo. Quando nel 1975 i “Goblin” scrissero le musiche di “Profondo rosso” non si aspettavano di certo il successo che li travolse di lì a poco e con il quale arrivarono in testa alle classifiche dei 45 giri, dove rimasero per un anno, ottenendo anche il disco di platino. Il tema del film è uno dei più iconici del cinema horror, una musica che fin dalle prime note fa rabbrividire creando una cupa inquietudine nell’animo di chi l’ascolta. Come richiesto dal regista, Dario Argento, la melodia doveva ispirarsi alle musiche de “L’Esorcista”, uscito l’anno prima nelle sale cinematografiche; non solo non fu così ma quel refrain unico decretò il successo del gruppo e del genere progressive. Scritta in una sola notte nella cantina di Simonetti – a cui si deve l’intro con l’organo – da Fabio Pignatelli, Massimo Morante e Agostino Marangolo, la musica divenne il lato A del disco relegando il pianista jazz Giorgio Gaslini, al quale era stata inizialmente commissionata, a quello B.

ORIGINI. Figlio d’arte, Simonetti inizia a studiare pianoforte a otto anni passando successivamente alla chitarra per poi diplomarsi alcuni anni più tardi in composizione e pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Dopo l’esperienza con “Il Ritratto di Dorian Grey” è la volta degli “Oliver”, futuri “Goblin”: «La band è nata nel 1973 – ci racconta – da me e dal chitarrista Massimo Morante a cui poi si sono aggiunti gli altri componenti. Scrivevamo brani rock-progressive ispirati a gruppi come Genesis, Yes, Elp, Gentle Giant. Dopo la parentesi di un anno a Londra, al nostro rientro in Italia firmammo un contratto con la Cinevox Record: fu lì che conoscemmo Dario Argento, il quale ascoltando i nostri pezzi decise di affidarci la colonna sonora di “Profondo Rosso”. Un incontro fortunato, per noi e per lui». Ebbe così inizio per quei ventenni un felice sodalizio artistico con il maestro della suspance, oltre che una solida amicizia. «Il successo che abbiamo avuto era lontano anni luce dalle nostre aspettative, non pensavamo che una musica così distante dai canoni di quel periodo – erano gli anni dei Cugini di Campagna, degli Alunni del Sole, di Claudio Baglioni e di Riccardo Cocciante – autori di stampo melodico, potesse riscuotere un successo tanto grande».

ROCK HORROR. Fecero da apripista nel mescolare il progressive ai film dell’orrore: «Oggi il rock e il death metal sono entrati a pieno titolo nelle colonne sonore del genere, ma un tempo non era una scelta così scontata, in questo Argento fu lungimirante». Nel ’78 è la volta della colonna sonora di “Zombie/ Dawn of the dead” di George Romero ma quello stesso anno, dopo vari abbandoni, anche Simonetti lasciò il gruppo. Un’epoca musicale si era conclusa. Con il produttore Giancarlo Meo l’artista si lancia in nuova un’avventura: «Se il rock era entrato in declino, l’italo disco stava prendendo piede, grazie a film come La febbre del sabato sera, Grease e Flashdance. Io sono nato in Brasile, dove sono rimasto fino a undici anni quindi quel ritmo ce l’ho nel sangue, per questo ho cominciato a occuparmi di disco dance. Il pezzo più famoso che abbia mai scritto? “Gioca Jouer” per Cecchetto».

La band dei “Goblin”

A/R. Per il film “Tenebre” del 1982 Simonetti, Pignatelli e Morante tentano una reunion ma sarà la loro ultima impresa prima del 2000, quando i tre si ritroveranno a realizzare la musica per Non ho sonno, progetto al quale partecipò anche Agostino Marangolo. Claudio Simonetti da quel momento porta avanti altri progetti come solista componendo fra l’altro alcuni brani per Phenomena, sempre di Argento, e proponendo il repertorio della storica band con la nuova formazione dei Daemonia. Naturalmente il lavoro per il maestro del brivido è solo una parte della vasta produzione di un artista così camaleontico come Simonetti, che negli anni ha trovato anche il tempo per realizzare insieme alla sorella Simona un cortometraggio a carattere psicologico, The dirth.

WELCOME TO THE FUTURE «In questo periodo – ci dice con l’immancabile cadenza romana –  stiamo facendo molti concerti in giro per il mondo, abbiamo concluso un tour in America e siamo tornati da poco dalla Russia. Abbiamo girato anche in Giappone, Stati Uniti ed Europa; stranamente la musica che facciamo è più famosa di prima. Grazie a Internet e ai genitori che la trasmettono ai figli il genere progressive sta vivendo una nuova vita. Credo che la mancanza di creatività di questi anni porti tutti ad ascoltare le sonorità del passato e a trovarci qualcosa di nuovo». Sorge allora spontanea la domanda se si tratti o meno di una critica al dilagante trap: «Da ragazzino ho vissuto gli anni Sessanta e Settanta e poi il ventennio ‘80-’90 quindi non sono mai stato contro le mode del momento. Oggi però siamo di fronte a un ristagnamento senza eguali sia in Italia sia all’estero. Non credo che fra vent’anni si riascolterà questo genere di musica la cui unica fortuna è che può essere fatta da chiunque e per la quale basta avere un computer che riproduca una batteria elettronica o l’auto-tool per la voce. Fare il musicista è un’altra cosa».

Prima di congedarci gli chiediamo cosa suggerisce a un giovane che si vuole accostare al mondo della musica: «Studiare è la prima cosa – risponde – anche se oggi la tendenza è come dicevo prima a usare artifici elettronici. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni, basti pensare a David Guetta, Bob Sinclair, che fanno roba forte. Sono molto aperto, se una canzone è bella non ho problemi a dirlo, anche un pezzo di Casadei può esserlo perché suonato bene. Gigi D’Alessio ad esempio viene molto bistrattato, ma è un grandissimo musicista e cantante: può non piacermi il genere, ma riconosco il suo valore. Per fortuna anche fra i giovani – indicando il suo batterista Federico Marangoni – ci sono le dovute accezioni».

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