Dalle carte disperse al web: così il giornalismo d’inchiesta continua a cercare la verità
Il digitale ha dotato i professionisti dell’informazione di innumerevoli ed efficaci strumenti, ma l’approccio e lo spirito di chi ogni giorno si batte riportare alla luce ciò che è rimasto sotterraneo è rimasto immutato: rendere un servizio alla propria comunità. È a partire da questo principio che, per il secondo appuntamento del festival “Il giornalismo che verrà”, due ospiti d’eccezione hanno avuto modo di dialogare e di instaurare un confronto generazionale: Gabriele Cruciata, giornalista freelance, e Mario Barresi, reporter de “La Sicilia”
«Il giornalismo d’inchiesta serve a rendere pubblici fatti che altrimenti non lo sarebbero. Anche quando non generi un impatto, hai comunque dato fastidio, perché rendi impossibile a chiunque ignorare un certo fatto. Se una persona, anche a distanza di molti anni vorrà informarsi su quel tema, troverà quel contenuto che altrimenti non avrebbe trovato. È un servizio alla comunità». Così Gabriele Cruciata, giornalista freelance e Google News Lab Teaching Fellow, ha definito i cardini dell’indagine giornalistica. Il cronista romano ha avuto modo di dialogare lo scorso 13 maggio, con Mario Barresi, reporter del quotidiano La Sicilia, in occasione del secondo appuntamento de Il giornalismo che verrà, festival organizzato da Sicilian Post e Pagella Politica presso Villa San Saverio, sede della Scuola Superiore di Catania. Ma in che modo i fondamenti dell’approccio investigativo possono integrarsi con i nuovi strumenti che la tecnologia mette a disposizione dei professionisti dell’informazione?

L’inchiesta ai tempi di Google. Il punto di partenza «rimane sempre la ricerca di fonti», afferma Cruciata. Oggi possiamo attingere a un archivio immenso di fonti aperte, grazie a motori di ricerca e software open source. «Conoscere le tecniche professionali di ricerca avanzata è necessario per un giornalista d’inchiesta». Geolocalizzare yacht tramite immagini satellitari, tracciare gli spostamenti di individui sotto mandato d’arresto internazionale, individuare in che punto e in che giorno sono stati girati video che testimoniano crimini di guerra nel deserto libico «sono tutte operazioni rese possibili da casa, con software gratuiti, utilizzati anche per inchieste importantissime che hanno vinto premi giornalistici». Questi strumenti aiutano ad accedere rapidamente alle informazioni. «Tuttavia», afferma Cruciata, «è fondamentale integrare le tecniche di ricerca tra di loro: a volte con una semplice telefonata ottieni più risposte che con la ricerca avanzata, dipende dalle situazioni», come dimostrato chiaramente anche nel confronto con Mario Barresi.
La misura del successo. «Io collaboro con due bravissimi colleghi under 35, che mi aiutano tantissimo perché sono molto più rapidi di me con i nuovi strumenti, ma i fondamentali sono gli stessi», afferma Mario Barresi de La Sicilia, ribadendo come il rapporto con le fonti, la voglia e la capacità di «consumare le suole delle scarpe», rimangano centrali nel mestiere di giornalista d’inchiesta, «Gli strumenti tecnologici sono utilissimi, ma andare sul luogo è fondamentale, soprattutto per chi parte da una prospettiva local». In questo contesto risulta fondamentale collaborare tra giornalisti e testate diverse: «Molte volte manca nella nostra professione lo spirito collaborativo, mentre invece se un collega mi apre uno squarcio di realtà io posso avere la possibilità di continuare quel lavoro», afferma Barresi, mettendo in luce come competenze e visioni diverse possano aiutare ad arrivare più lontano. Per Barresi, il valore del giornalismo investigativo non si misura con il clamore delle inchieste nazionali: «Sono stato a seguire anche l’arresto di Messina Denaro, ma una delle storie a cui sono più legato è una storia molto locale. Non ho cambiato il mondo, ma vedere questa persona in lacrime il giorno dell’apertura del suo parcheggio ti fa venire da dire: forse a qualcosa servo» ammette il reporter de La Sicilia. Il racconto riguarda un caso di cronaca, un parcheggio usurpato con un falso contratto d’affitto, poi restituito al proprietario grazie all’interesse mediatico nato da una collaborazione tra i giornalisti de La Sicilia e la trasmissione Le Iene. Un esempio tangibile di come anche una piccola storia, trattata nella maniera corretta, può generare giustizia.

Il vero valore del giornalismo investigativo. Nonostante i cambiamenti, il giornalismo investigativo resta, per entrambi, uno strumento per attivare la ricerca della verità: «È fondamentale invertire l’approccio», afferma Barresi. «Non devi essere tu a diventare il megafono delle procure, ma devi essere tu a dare materia di lavoro ai magistrati e magari a far nascere le indagini». Un lavoro che richiede metodo e pazienza, anche quando si tratta di scavare nel passato: «Con le carte giudiziarie riesci a ricostruire la vita delle persone, questa cosa è incredibile», ha raccontato Cruciata, citando la sua inchiesta podcast sulla Strage di Bologna, recentemente vincitrice del premio Italian Podcast Award nella categoria Indie Informazione: «Leggendo le carte, inizi a mettere insieme i pezzi, scopri la verità e riesci a capire meglio anche il presente».
(Foto in copertina: Justin Morgan | Unsplash)