Dalle Egadi allo Ionio, la Sicilia dei tesori archeologici sottomarini

Un viaggio nel mare per scoprire 21 siti archeologici tra i flutti. Sono gli itinerari subacquei della Soprintendenza del mare della Regione Siciliana che, dal 1999, ha dato vita a un nuovo, delicato, turismo culturale tra le onde divenuto modello nel mondo. In Kenya, ad esempio, i tour subacquei siciliani sono ispirazione nella gestione culturale del Paese che mira a questo nuovo turismo. «Un turismo che non è rivolto solo agli esperti – commenta Valeria Li Vigni, soprintendente del mare – ma anche a quanti sono semplicemente appassionati e, grazie alle risorse messe in campo in questi anni e alla collaborazione costante con i diving center, possono scoprire meraviglie nascoste».

Valeria Li Vigni: «Questi itinerari sono esperienze indimenticabili che meritano attenzioni continue, lavori costanti per la loro fruizione. Così, grazie alla sinergia con i centri diving e altre realtà territoriali, con grandi sforzi manteniamo questi siti puliti e sicuri»

Da Levanzo a Marzamemi, passando per Capomulini e Noto e, ancora, Pantelleria e Ustica solo per citarne alcuni, i siti archeologici sott’acqua sono meraviglie siciliane che attraggono ogni anno, nelle stagioni più miti, migliaia di presenze e solitamente accrescono il turismo tradizionale del 20%. «Gli itinerari subacquei sono esperienze indimenticabili – aggiunge Valeria Li Vigni – che meritano attenzioni continue, lavori costanti per la loro fruizione. Così, grazie alla sinergia con i centri diving e altre realtà territoriali, con grandi sforzi manteniamo questi siti puliti e sicuri». Ad accompagnare i turisti subacquei ci sono guide turistiche d’eccezione, una sorta di “ciceroni del blu” che sono gli esperti dei diving center privati autorizzati in convenzione con la Soprintendenza del mare.

La cartina a cura della Soprintendenza del Mare

Ventuno, appunto, i luoghi tra le onde da ammirare nati a partire dal 1999 quando Sebastiano Tusa, archeologo e ideatore della Soprintendenza del mare scomparso prematuramente due anni fa, aveva inventato i primi itinerari tra i siti antichi subacquei convinto che la divulgazione e la valorizzazione del patrimonio culturale sommerso dovesse divenire un’attività principale, in linea con i principi della convenzione Unesco che impone che ciò che si trova sott’acqua vi debba rimanere.

«Il telerilevamento – spiega Li Vigni – offre anche la possibilità di vedere da casa i siti subacquei e proprio questo necessita da parte nostra un controllo costante. Oggi, ai 21 itinerari, aggiungeremo anche lo scoglio Bottazza nell’agrigentino»

Il mare, dunque, deve continuare a custodire i suoi tesori e gli uomini debbono scoprirli nel contesto blu. Nel caso in cui l’immersione risulti più difficile come a Cala Minnola a Levanzo e Cala Gadir a Pantelleria, la Soprintendenza del mare ha sperimentato i primi sistemi di telecontrollo e telefruizione a distanza ponendo alcune telecamere subacquee nei pressi di un relitto e rimandando il segnale a terra mediante cavi e trasmissione via etere. «Il telerilevamento – spiega Li Vigni – offre anche la possibilità di vedere da casa i siti subacquei e proprio questo necessita da parte nostra un controllo costante. Oggi, ai 21 itinerari, aggiungeremo anche lo scoglio Bottazza nell’agrigentino».

L’idea, che piace, è quella di parchi archeologici siciliani tra i fondali, su cui vigono ordinanze di interdizione, che la Soprintendenza del mare ha reso fruibili a un pubblico di non esperti grazie a guide cartacee, brochure e persino cartine turistiche plastificate da poter sfogliare sott’acqua. Ma non solo. Attraverso lo sfruttamento delle nuove tecnologie, in alcuni siti è possibile usare un piccolo computer subacqueo con visore a colori che, tramite un sistema di chip, riconosce i reperti e ne ricostruisce storia, video e immagini sul video. Tra gli ultimi itinerari quello di Noto e, ancora, nei fondali di Punta Secca, mentre sono in corso gli studi nel mare delle Egadi. Il sito, a nord-ovest dell’isola di Levanzo dove nel 241 a.C. si scontrarono le flotte di Roma e Cartagine, è da tempo al centro degli sforzi della Soprintendenza e ha già restituito alcuni degli oggetti in metallo sopravvissuti alla grandiosa battaglia dell’antichità.

Il video realizzato dalla Soprintendenza del Mare nel 2015

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