Diario d’esami/2: WhatsApp, don Paolo e la messa che non ti aspetti

Secondo giorno: Messa prima degli esami.

«Prof, lei ci sarà stasera alla messa?»

Il messaggio WhatsApp di Valeria mi riporta alla mente il vago ricordo dell’invito con cui don Paolo, insegnante di religione in varie classi del nostro istituto, ricordava a studenti, famiglie e professori, il tradizionale appuntamento della Messa prima degli Esami di Stato. Dopo avere “girato” sulle chat l’invito alle mie due classi quinte, avevo diligentemente archiviato l’evento tra gli avvenimenti importanti, ma improbabili, della settimana in cui si svolgono le prove d’esame.

«Dove e a che ora?» «Sacro Cuore, ore 19».

«Ok. Ci sarò» prometto senza stare a pensarci su.

Come perdersi una cosa del genere, d’altronde? I miei alunni mi invitano a messa! Qui siamo alla trasgressione estrema, alla sfida totale ai luoghi comuni. Al confronto Il “gay pride” potrebbe apparire solo come una forma di omologazione neoborghese.

Alle 18.55 con mia grande sorpresa, mezza classe, in maglietta formato esame con tanto di nickname e di memeji stampato sulle spalle, si presenta sul sagrato della chiesa. A stupirmi ancora di più è il fatto che arrivino in compagnia di tre insegnanti del consiglio di classe a cui appartengo anch’io e con i quali si erano messi d’accordo. Tra di esse, la mia collega di filosofia, che mi ha confidato di essersi allontanata dal cristianesimo, ma di sentirsi “in ricerca”. È stata l’insegnante di italiano, però, a coordinare tutto. Ha invitato il sacerdote in classe chiedendogli di spiegare il senso di quell’invito, e loro sono venuti.

Entriamo. Ci disponiamo tra i primi banchi. Sono serissimi e la predica non è banale.

«Non è un tempo per mediocri questo» scandisce don Paolo esortando ragazze e ragazzi presenti a non accontentarsi e a non cercare scorciatoie. «Siate invece “sale” e “luce”» cioè gente che contribuisce a dare gusto alla vita e, come la luce, a permettere ad altri di vedere la realtà grazie alla loro presenza». Un invito a guardare in alto senza cedere all’individualismo narcisista.

Segno della pace.

Mi giro dal lato destro e scorgo, unita e compatta in fondo alla navata centrale, l’altra metà della mia classe. Anche il “don” è sorpreso dal numero dei presenti e le medagliette della Madonna della medaglia non basteranno per tutti i convenuti. «Ho avuto poca fede» confessa, aggiungendo una nota di umorismo.

Cosa è accaduto ai miei alunni? Folgorati anche loro sulla via degli esami come san Paolo sulla strada per Damasco? Non credo. Eppure il fatto che siano presenti alla celebrazione anche alunni che “non si avvalgono” dell’ora di religione o che si sono scomodati dai paesi limitrofi per partecipare ad una messa, non può essere banalizzato.

I nostri alunni si sono sentiti cordialmente e personalmente invitati e cordialmente hanno risposto di sì. La presenza di metà del consiglio di classe dice di un’attenzione a loro che è disponibilità ad affrontare insieme questo momento decisivo della loro vita. Ad accompagnare senza sostituirsi. Un po’ come fa Dio.

Basterà a vincere l’ansia?

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