Bir Tawil è una terra di nessuno di duemila chilometri quadrati tra l’Egitto e il Sudan. È un errore dei colonizzatori inglesi nel ridisegnare le mappe africane, rimasto tale perché né Il Cairo né Khartum hanno mai reclamato la zona, dal momento che non è molto appetibile: non ha uno sbocco a mare, non ha miniere e nel suo sottosuolo non scorre petrolio. È una zona attraversata da tribù nomadi, usata per far pascolare il bestiame.

Bir Tawil è il punto d’incontro di due musicisti ragusani, uno di stanza a Londra, l’altro a Fontainebleau. Il “londinese”, Carlo H. Natoli, un free-lance della comunicazione che sulle rive del Tamigi ha costituito una società per eventi e musica, suona chitarre e manipola elettronica. Il “francese”, Dario De Filippo, un «intermittente dello spettacolo», è un funambolo delle percussioni specializzato in musica afrocubana.

«Siamo amici da più di vent’anni, abbiamo cominciato a suonare insieme a Ragusa», racconta Natoli. «Inizialmente Carlo aveva come batterista mio fratello, che poi decise di lasciare per andare a fare il poliziotto. In pratica costrinse me a rimpiazzarlo, convinto che io sapessi suonare la batteria», ride De Filippo dondolandosi sulla sedia della terrazza di casa a Fontainebleau. Le strade poi si sono divise ed i due amici si sono ritrovati sulle sponde opposte della Manica. «Ma siamo rimasti sempre in contatto», dicono in collegamento via Google Meet dalle loro rispettive residenze. «Ci incontravamo per le vacanze in Sicilia».

Quella dei due polistrumentisti ragusani è musica nomade, polverosa, ruvida, aspra. Musica per banditi, per «partiti da una tavola di fame» o per sognatori incalliti

Quattro anni fa, durante una di queste vacanze, ma quella volta in Bretagna, nasce l’idea di registrare alcune canzoni insieme. «Fu un’estate disastrosa per le nostre famiglie, con noi chiusi tutto il giorno in stanza a provare». Una crisi creativa di Carlo prima e poi l’urgenza del progetto Erri, l’alter ego di Natoli, sembravano aver riposto nel cassetto la reunion fra i due amici. «Lo scoppio della pandemia, con il conseguente stop al mio tour come Erri, e le telefonate di Dario mi riportarono sul progetto in comune», continua il racconto del ragusano “londinese”. «Nel frattempo, avevo comprato un nuovo strumento, una chitarra tenore, tipica della musica irlandese, con quattro corde, attraverso cui ho cominciato a rivedere le jam session che erano nate con una chitarra elettrica».

La copertina di “In between”

Si delinea, finalmente, Bir Tawil, duo di polistrumentisti siciliani con sede nel Regno Unito e in Francia. «Bir Tawil come punto d’incontro perfetto per noi migranti economici, nomadi, che abbiamo perso il senso di appartenenza a una terra, verso la quale nutriamo soltanto un sentimento di nostalgia, né ci sentiamo inglesi o francesi. Bir Tawil è, quindi, il non-Stato al quale può appartenere la nostra musica», spiega Natoli.

Bir Tawil come una vera e propria terra senza regole né leggi. Una free zone nella quale operare in piena libertà. Nella quale il blues e la sabbia del deserto avvolgono suoni sperimentali, avanguardia e sonorità arabe, siciliane, africane. Percussioni subsahariane e marranzano si intrecciano con strumenti a corda del Nord Europa elettrificati e distorti, tamburi a cornice e calabash s’insinuano tra elettronica e campionamenti. Thom Yorke dei Radiohead e Rosa Balistreri ballano attorno a un fuoco fra le dune. Musica nomade, polverosa, ruvida, aspra. Musica per banditi, per «partiti da una tavola di fame» o per sognatori incalliti.

«Il background del progetto è nel fenomeno migratorio che avviene nel Canale della Manica, che è molto simile a quello che accade in Sicilia», sottolinea Natoli. «Ma l’Inghilterra si comporta molto peggio, con le ronde del National Front che accolgono a colpi di bastone i clandestini sulle spiagge di Dover. È l’idea della illegalità che si collega con quella della fuga, della migrazione, del nomadismo, di chi si sposta in cerca di un futuro migliore».

Il viaggio musicale di “In between” inizia da Danilo Dolci, poeta che lasciò Trieste per andare a vivere nel posto più povero d’Italia, a Partinico.

«Ma anche come qualcosa di “ufficioso”, di lontano dalle istituzioni, di libertà, quindi», aggiunge Dario De Filippo. «Qualcosa che ha il sapore della strada. Quando la musica viene dalla strada, allora è più vissuta, più sofferta».

Bir Tawil come luogo d’arrivo del viaggio di un migrante al contrario come il poeta Danilo Dolci, che lasciò Trieste per andare a vivere nel posto più povero d’Italia, a Partinico. Da una sua intervista a un detenuto che gli raccontava i suoi sogni comincia il viaggio musicale di In Between, l’album del duo di musicisti siciliani. «Quei pensieri raccolti nel volume Racconti siciliani sono diventati il testo di As fire as well, in cui il protagonista dice: “Io mi sono sognato fuoco”», spiega Natoli. Viaggio e sogno i temi del disco, che avrebbe dovuto concludersi con un’altra citazione del Ghandi siciliano alla fine di My heart as a crown: «Qui parlano i poveri Cristi della Sicilia occidentale attraverso la radio della nuova resistenza». «Poi abbiamo preferito scegliere un canto di carcere, Lu libbru di li ‘nfami di Rosa Balistreri, che diventa un canto di lamento in generale, un blues siciliano, che è la sintesi ideale del disco», spiega Natoli. «È l’immagine della Sicilia che vogliamo offrire all’Inghilterra e alla Francia, dove è uscito l’album che adesso viene pubblicato in Italia anche dall’etichetta “I Dischi del Minollo”. Prima all’estero i siciliani venivano identificati con la mafia, adesso a Londra un 50% ancora ci prende per mafiosi, l’altra metà per il commissario Montalbano. È l’immagine di una Sicilia inesistente. Sui manifesti si pubblicizza una regione florilegio di formaggi, vino, spiagge, windsurf. Tutto il resto è scomparso nella narrazione dell’Isola. Quindi Bir Tawil vuole anche essere un modo di parlare della Sicilia, delle terre di mezzo, partendo da un luogo dove noi possiamo fare tutto quello che vogliamo perché è solo deserto».

Ospiti del disco Cesare Basile, l’algerino Hafid Bidari (voce e guembri in Season of men), i francesi Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (voce in Southern wind) e Baptiste Bouquin (clarinetto in Lu libbru di l‘nfami). La prima uscita ufficiale del duo sarà il 17 giugno al Migration Festival di Sheffield, «a fine luglio saremo in tour in Sicilia». Nel frattempo, in parallelo con l’album, si svilupperà un progetto videografico curato da un altro fratello di Dario De Filippo, il videomaker Alessandro, con base a Catania, e Giuseppe Firrincieli, che racconteranno il disco attraverso una serie di teaser.

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