Il blackout informatico che ha paralizzato il mondo è il prezzo per le comodità di oggi?

“Vorrei mezzo chilo di pane” – disse il signore entrando nel panificio di cui era cliente da oltre vent’anni. “Mi dispiace, per oggi niente pane” – replicò dispiaciuta la signora che gestiva il panificio – “sa, siamo passati ormai al forno elettrico, che è gestito tramite app, anche in remoto, con il controllo di temperatura e degli altri parametri. Purtroppo, il blackout informatico di ieri ha impedito stamattina di accendere il forno, dunque niente pane. E poi – continuò – anche se il forno funzionasse, non potrebbe pagare, ormai usiamo solo bancomat e carte di credito, e anche quelli sono in tilt…”. Il signore andò via pensieroso. Passando dal supermercato sotto casa, vide che la situazione era ancora peggiore: della merce, pur presente negli scaffali, non era possibile leggere sul solito display il prezzo, che veniva aggiornato elettronicamente da cloud in base all’andamento giornaliero del mercato. Le bilance elettroniche erano tristemente spente, così come le casse con i loro display.

Fantasia? Neppure tanto, se si pensa a quante procedure della vita quotidiana dipendono non solo dall’energia elettrica ma anche dal software e dalle connessioni informatiche.

I postumi del blackout informatico – una denominazione impropria – che ha colpito buona parte del mondo occidentale nei giorni scorsi, non sono ancora del tutto smaltiti, ma le riflessioni su quanto accaduto sono state molteplici e su svariati fronti. È prevedibile anzi che questi avvenimenti continueranno a interrogare gli esperti non solo di informatica, ma anche di finanza, di economia e di politica nel futuro a venire.

Si è trattato, come ci hanno spiegato, di uno stop alla maggior parte dei sistemi informatici, causato da un’interruzione dei sistemi in cloud e successivamente da un problema dell’aggiornamento proprio dei sistemi di sicurezza informatica.

Ciò che è più chiaro e sotto gli occhi di tutti sono state le conseguenze di questa interruzione. Per citare quelle più rilevanti: la difficoltà a gestire l’intero sistema del traffico aereo, e in molti casi anche di quello ferroviario, con la cancellazione di diverse migliaia di voli e il ritardo di quasi tutti gli altri, un fenomeno che ha interessato perciò milioni di persone nel mondo; i problemi alle banche e alle procedure di circolazione del denaro, con blocchi delle transazioni o dei bancomat ed effetti anche sulle Borse; guasti, ritardi e difficoltà anche nel sistema ospedaliero sia per le prenotazioni che per l’esecuzione di interventi. Insomma, problemi in tutti quei sistemi – e quali non lo sono oggi? – in cui le operazioni sono gestite attraverso procedure informatiche di alto livello, che abbisognano per l’appunto di sistemi di sicurezza e di conservazione delle informazioni su cloud, anziché sul singolo PC.

Al di là della descrizione tecnica dei problemi, che siti di informazione e documenti ufficiali si stanno sforzando di chiarire, a sé stessi innanzitutto e poi al grande pubblico, alcune riflessioni, in parte circolate in questi giorni, mirano a comprendere alcuni aspetti complessivi legati a questo evento.

Innanzitutto, la globalità e la pervasività di eventi del genere, capaci di interessare potenzialmente tutto il mondo (vedremo però tra poco che non è stato del tutto così), dunque un numero di centinaia di milioni di persone, in un arco di tempo di poche ore. Se i virus (quelli biologici, non quelli informatici) si propagano da una parte all’altra del mondo su una scala dei tempi dei giorni o delle settimane, le procedure informatiche viaggiano con la velocità dei segnali elettrici e, dunque, in un

decimo di secondo, possono in linea di principio propagarsi da una parte all’altra del nostro pianeta.

La globalità sta nel fatto che la maggior parte dei sistemi informatici del mondo occidentale è basato su sistemi centralizzati gestiti da sistemi operativi standardizzati, come Windows, e che certe procedure, come l’aggiornamento dei sistemi di sicurezza, vengono applicate a tutti i sistemi, specie se collegati in cloud. Una situazione dalla quale peraltro non è facile liberarsi, se non vogliamo rinunciare agli innegabili vantaggi della standardizzazione e della sicurezza, come accadeva nelle prime fasi dell’informatica personale, in cui miriadi di sistemi differenti convivevano, senza riuscire a parlarsi tra loro. Alcuni Paesi, che per ragioni politiche e ideologiche, hanno mantenuto dei sistemi informatici meno aperti al mondo esterno, non hanno sofferto dell’evento dei giorni scorsi (ma avrebbero potuto soffrirne al loro interno, in questo caso senza intaccare il mondo occidentale!). Ma è la stessa strategia che rende inaccessibili agli abitanti di questi Paesi alcune informazioni, documenti, e certa stampa del mondo occidentale. Siamo costretti a chiederci dunque quale delle due conseguenze negative ci sembrerebbe più grave. La questione alla quale gli esperti dovranno rispondere nell’immediato futuro è perciò se sarà possibile minimizzare in futuro le conseguenze di possibili eventi del genere.

L’estrema centralizzazione (dal punto di vista elettronico e informatico) di molti apparati moderni, incluse le automobili, se da un lato ha introdotto delle innovazioni e dei vantaggi nel funzionamento di questi sistemi, li rende molto vulnerabili a guasti del sistema centrale, a tal punto che in certe auto non è possibile aprire i finestrini o usare il freno a mano in caso di un guasto alla cosiddetta centralina. La vera sfida tecnologica in questi casi probabilmente consiste nell’avere un sistema ridondante o addirittura capace di passare ad un controllo delocalizzato dei vari sottosistemi in caso di guasto al sistema centrale, tutte cose che in ogni caso richiedono maggiori componenti e maggiori costi.

Questo evento ha rimesso poi in moto, come hanno sottolineato altri, anche una riflessione sui pagamenti informatici rispetto all’utilizzo del contante. Quest’ultimo è stato demonizzato sempre più negli ultimi anni – specie in Italia – a favore dei pagamenti online, tramite bancomat o carte di credito, dell’uso di valuta virtuale e dei bonifici tracciabili . Sappiamo che nella maggior parte dei casi le motivazioni a favore della valuta virtuale sono state certamente originate dalle migliori intenzioni, quelle di contrastare l’evasione, oltre che da motivi di praticità, e, tuttavia un blocco di ore o di giorni di tutti i sistemi di pagamento elettronico può creare realmente difficoltà nella vita quotidiana, se ad esempio anche il pagamento spicciolo della spesa quotidiana o della benzina dovesse avvenire esclusivamente per via elettronica. Insomma, sembra che non possiamo rinunciare del tutto al contante, anche se a piccole dosi, cosa che altri Paesi europei hanno capito da tempo.

Alla ricerca di qualcosa da mangiare, il signore entrò in un altro piccolo panificio del suo quartiere. “Usate ancora il forno a legna? Si? Veramente? E posso pagare in contante, sa quei piccoli foglietti colorati che ancora ogni tanto circolano?” La cena era salva.

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Professore ordinario di Fisica Sperimentale delle Interazioni Fondamentali Dipartimento di Fisica e Astronomia "E. Majorana" dell'Università di Catania.

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