Il cambiamento va temuto o cavalcato? Il giornalismo al tempo dell’IA e dei media influencer

Il consueto report Journalism and Technology Trends and Predictions realizzato dal Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di Oxford – per il quale il Sicilian Post è stata una delle poche testate italiane coinvolte – fotografa un 2025 pieno di opportunità grazie alle nuove frontiere tecnologiche che potenzialmente renderanno più efficiente il lavoro delle redazioni. Ma anche di sfide da affrontare con decisione: in un contesto nel quale i social e le piattaforme tradizionali stanno perdendo traffico e credibilità, la missione è riconquistare la fiducia dei lettori senza snaturare l’essenza del giornalismo

La rivoluzione digitale sta uccidendo o trasformando il giornalismo tradizionale? Da New York a Tokyo, da Londra a Sydney, i direttori dei più importanti giornali del mondo si dividono di fronte a questa domanda. È quanto emerge dal report Journalism and Technology Trends and Predictions 2025 del Reuters Institute for the Study of Journalism, il centro di ricerca dell’Università di Oxford che da oltre un decennio analizza l’evoluzione del giornalismo digitale nel mondo. Lo studio, curato da Nic Newman e Federica Cherubini e pubblicato oggi, mostra uno scenario polarizzato: se il 41% dei leader dell’informazione vede opportunità di rinnovamento, la maggioranza teme che la professione, così come l’abbiamo conosciuta, sia destinata a scomparire.

Il quadro che emerge dalle 326 interviste a executive, editori e direttori di testate di 51 paesi – il Sicilian Post è tra le poche italiane coinvolte – racconta una professione in profonda trasformazione. Da un lato gli attacchi dei politici populisti che preferiscono comunicare direttamente su TikTok e YouTube, dall’altro il crollo dei lettori sui canali ormai diventati tradizionali: -67% di traffico da Facebook e -50% da X (ex Twitter) in appena due anni. A complicare ulteriormente lo scenario arriva l’intelligenza artificiale. Se l’87% delle redazioni sta cercando di sfruttarne le potenzialità per innovare, il 74% dei direttori teme che i riassunti automatici delle notizie generati dall’AI possano presto sostituire il lavoro dei giornalisti nei risultati dei motori di ricerca. Una tempesta perfetta che potrebbe ridisegnare completamente il panorama dell’informazione nei prossimi anni.

LA CRISI DI FIDUCIA E IL RUOLO DEI SOCIAL. Il report mette in evidenza come la crisi di fiducia nel giornalismo tradizionale abbia raggiunto livelli senza precedenti. I politici stanno trovando sempre più modi per aggirare completamente i media: durante l’ultima campagna elettorale americana, sia Donald Trump che Kamala Harris hanno evitato quasi del tutto le interviste con i media mainstream, preferendo comunicare attraverso i propri canali social o partecipare a podcast popolari. Trump è apparso nel programma di Joe Rogan, mentre Harris ha scelto il podcast “Call Her Daddy” di Alex Cooper, segnalando un cambiamento radicale nelle strategie di comunicazione politica. “La vittoria di Trump ha confermato che l’influenza dei media sull’opinione pubblica si sta deteriorando rapidamente, ancora più di quanto pensassimo”, afferma Emilio Doménech, CEO di Watif.

Il fenomeno però non è limitato agli Stati Uniti. In Romania, il candidato presidenziale Calin Georgescu è balzato in testa ai sondaggi del primo turno grazie a una campagna basata quasi esclusivamente su TikTok, dove si mostrava a cavallo, in palestra o in chiesa, evitando completamente i dibattiti televisivi tradizionali. In questo caso, si è arrivati al pericoloso precedente di dover annullare le elezioni democratiche: la Corte costituzionale ha infatti invalidato il primo turno, previsto per l’8 dicembre, a causa di ingerenze russe veicolate proprio tramite il social cinese a favore di Georgescu.

Gli attacchi non vengono solo dalla politica. Elon Musk ha dichiarato apertamente che “voi siete i media ora”, suggerendo che i post sulla sua piattaforma X siano ormai credibili quanto i contenuti dei media tradizionali. Questa tendenza sta generando crescenti tensioni nel mondo dell’informazione. Il Guardian, ad esempio, ha deciso il mese scorso di abbandonare i suoi account ufficiali su X, definendo la piattaforma tossica per la promozione di contenuti estremisti e razzisti. Un segnale chiaro di come le principali testate giornalistiche stiano perdendo fiducia nelle piattaforme social che, invece di supportare l’informazione, sembrano alimentare la polarizzazione e la disinformazione.

Lo stesso approccio di destrutturazione mediatica di cui Musk si fa portavoce ormai da anni inizia ad attecchire. Martedì 7 gennaio 2024, Mark Zuckerberg ha annunciato l’abolizione del programma di fact checking introdotto nel 2016 su Facebook e Instagram, sostituendolo con strumenti simili alle “Community Notes” di X. Questi nuovi sistemi consentiranno agli utenti di aggiungere contesto ai post, ma gli esperti li considerano inefficaci nel contrastare realmente la disinformazione.

Intanto, emerge un nuovo fenomeno che sta ulteriormente ridefinendo il concetto di informazione: gli influencer dei media. Secondo il Pew Research Center, il 21% degli americani – una percentuale che sale al 37% tra gli under 30 – si informa regolarmente attraverso gli influencer sui social media. Questa tendenza divide profondamente il mondo editoriale. Il 28% degli editori vede gli influencer come un’opportunità per rinnovare la narrazione giornalistica, mentre il 27% teme che possano marginalizzare il giornalismo istituzionale.

LA SFIDA TECNOLOGICA. Secondo l’indagine, l’87% delle redazioni sta subendo una trasformazione significativa guidata dall’intelligenza artificiale. Gli editori stanno concentrando gli investimenti sull’automazione dei processi redazionali, un obiettivo considerato prioritario dal 96% di loro, a testimonianza di un settore sempre più orientato verso l’innovazione tecnologica.

Le applicazioni dell’AI nel giornalismo mostrano potenzialità concrete. Il gruppo JP/Politikens ha creato MAGNA, un sistema di editing automatico capace di adattarsi a diversi stili redazionali. Il settimanale tedesco Der Spiegel sperimenta l’intelligenza artificiale per il fact-checking, mentre il giornale finlandese Helsingin Sanomat ha implementato un assistente AI che supporta la ricerca giornalistica. Altri esempi citati nel report sono: Datadista che in Spagna utilizza modelli di AI per lavorare con fonti disperse, creando storie che in passato avrebbero richiesto settimane di lavoro. E The Quint, in India, che ha sviluppato strumenti di verifica particolarmente efficaci per i contenuti audio e video.

La rivoluzione tecnologica sta ridisegnando anche gli equilibri economici del settore. OpenAI ha stretto accordi con importanti testate come il Wall Street Journal e Reuters per utilizzare i loro contenuti nel proprio chatbot, con contratti che varrebbero circa 250 milioni di dollari in cinque anni per il gruppo News Corp. Tuttavia, il 72% degli editori preferirebbe accordi collettivi che beneficino l’intero ecosistema dell’informazione, contro il 19% che sostiene le negoziazioni individuali. “Gli accordi collettivi dovrebbero garantire opportunità eque per gli editori di tutto il mondo”, sostiene Tai Nalon di Aos Fatos. Il rapporto mette in luce una consapevolezza diffusa: mentre l’intelligenza artificiale può offrire significative opportunità di efficientamento, i direttori editoriali mantengono un approccio cauto. L’obiettivo primario rimane preservare l’integrità del giornalismo, assicurando che la tecnologia sia uno strumento di supporto e non di sostituzione del lavoro giornalistico.


Leggi il report completo (EN)


In copertina: illustrazione di ARGO | fb.com/argoimago

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