Il sogno di una dama, la follia di un viceré: Eufrosina, amore e morte nella Palermo galante del ‘500

Marcantonio Colonna ha 44 anni, è un eroe di guerra e un uomo retto agli occhi di tutti quando, ad un ricevimento, incontra la baronessa 17enne, «la donna più bella che avesse attraversato le strade palermitane». È l’inizio di una catastrofe: i due, già sposati, vanno incontro al discredito e alle minacce. Una scia di sangue, di vendette e di tradimenti segna la loro separazione, narrata in maniera splendida da un romanzo di Natoli. La donna più desiderata divenne la più odiata per via della sua libertà. Eros e Thanatos, ancora una volta, in una Sicilia lucente e fosca

In uno dei frangenti di maggior pathos dello spettacolo teatrale Notre Dame de Paris, tratto dall’immortale capolavoro di Victor Hugo, l’arcidiacono Frollo, rivolgendo una volta di più i suoi pensieri perversi e straziati verso la sfuggente bellezza di Esmeralda, intona: «Mi distruggerai, mi distruggerai. E ti maledirò finché avrò vita e fiato. Mi distruggerai, mi distruggerai. Tu mi hai gettato nell’abisso di un pensiero fisso». In quel sentimento così radicalmente conflittuale, sbagliato, scandaloso, controintuitivo rispetto ai doveri religiosi e morali ai quali l’antagonista parigino dovrebbe sottostare, si riflette il confine pericoloso, talvolta impercettibile, che esiste tra passione e morte, tra desiderio e disgregazione. I grandi tormenti amorosi, quelli che la letteratura spesso ha semplicemente preso in prestito dalla viva realtà, sono impigliati, aggrovigliati in questa rete fatale. In una giostra sanguigna di violenze, sospetti, inganni, fughe, sensi di colpa, ingiuste condanne. Sono contrastati, emarginati, rinchiusi nell’ipocrisia della disapprovazione a causa della loro inaudita autenticità, che osa attraversare con orgoglio le convenzioni. Sono storie di principi che gettano nel fango la propria regalità, di eleganti signori posseduti dalle più atroci follie, di dame leggendarie delle quali non resta che un nome ed un sogno di libertà. Storie che in Sicilia nessuno potrebbe restituire alla memoria meglio di quanto abbia già fatto Luigi Natoli, il romanziere dei miti, dei briganti e dei cavalieri. Il romanziere che in La dama tragica riportò alla luce la controversa storia di Eufrosina Siracusa, la «donna più bella» che abbia calcato le strade della Palermo cinquecentesca. Una sventurata epigona della più celebre Elena di Troia, alla quale per tutta la vita venne rinfacciato di aver, con la sua sola esistenza, generato terribili conflitti. Di aver cavalcato, con la leggiadria del suo portamento, le onde irriverenti del caos. Lei che, tuttavia, di quello stesso caos sarebbe diventata vittima sacrificale.

Perché nessuno, come ben romanzescamente illustrano non soltanto le pagine di Natoli, ma anche le cronache del tempo raccolte nel bel volume Eufrosina, curato da Licia Cardillo di Prima, poté mai ritenersi immune al fascino proibito di quella fanciulla dal «volto spuma di zucchero» e dalla «pelle candida come cera di Venezia». Non l’alta società palermitana del tempo, che assisteva con meraviglia quasi dantesca all’incedere assorto di quella simil Beatrice tra le strade della città. Di certo non il marito, don Calcerano de Corbera, barone del Merendino, giovane appassionato duellante di spada, che tuttavia non si dava troppo pensiero di trascurarla in nome della futile mondanità. Non, soprattutto, il viceré Marcantonio Colonna, che Filippo II di Spagna aveva designato per i suoi eccelsi meriti militari e per la sua rettitudine. Un attimo, uno sguardo fugace, di quelli che finiscono per scorticarti l’anima. Un motivetto galante, un incrocio di traiettorie, un ballo non impedito dal destino. E il viceré, con i suoi 44 anni, rimase ammaliato dalla strabordante vitalità dei 17 della baronessa. «Donna Eufrosina… – le scrisse in seguito a quel primo, stravolto avvisamento – non pensavo che alla mia età il sangue potesse fare scoppiare le vene e il cuore scippato dal petto farsi tamburo e gli occhi fonti di gioia». Loro malgrado, il domino della catastrofe era stato innescato. Le resistenze iniziali di Eufrosina, motivate in alcune missive cariche di tensione dalla differenza di età e dalla estrema sconvenienza di quello scenario, valsero a poco. Ben presto la marea del sentimento li travolse. Tra maldicenze e prove lasciate distrattamente dietro, la fiamma di quella tresca ardeva dinanzi agli occhi dell’opinione pubblica. Il suocero di Eufrosina, avvedutosi di quanto stava accadendo, si recò a Palermo per dirimere la questione. Colonna lo fece arrestare con un pretesto e rinchiudere nelle segrete del Castello a Mare, la leggendaria prigione dei nobili diseredati. Morì poco dopo, in circostanze quantomeno dubbie. A leggere Eufrosina, venne avvelenato mangiando «la pernice all’agrodolce, le sarde a beccafico con mollica, petrosino, aglio e cacio di primo sale e bevendo il vino rosso, senza né medicamento che si piglia per bocca, né una cucchiarella di elettuario, né un cataplasmo, né fu sagnato o visitato da medico di urina o di piaga, senza il conforto dei sagramenti».

Come poteva, questa moderna incarnazione dell’eterno abbraccio tra Eros e Thanatos, non stuzzicare la penna di Natoli? Il quale, come forse mai si trovò a fare per gli altri romanzi, ebbe solo il compito di mettere insieme i frammenti. Di dipingere, tra un quadro e l’altro, appena un rantolo di pensieri sbiaditi. Di assecondare i fatti, già letterari di loro. Dopo il suocero, infatti, fu la volta del marito della donna. Don Calcerano venne convocato a Malta dal fratello del viceré, Pompeo, con la convinzione di dover ricevere un importante incarico diplomato. Fu ritrovato trucidato. Perfino Re Filippo si sentì in dovere di fare chiarezza su quella scia di sangue. Convocò dunque il Colonna presso la Corte di Madrid, per sottoporlo ad una sorta di interrogatorio di garanzia. Ma a quel confronto il viceré non arrivò mai: all’età di 49 anni, lungo il tragitto, stramazzò al suolo. Anche lui piegato da chissà quale morbo d’invidia. Poco prima della partenza, quasi preveggendo l’infausta sorte, scrisse all’amata le sue ultime righe (riportate puntualmente ancora una volta da Licia Cardillo): «Perdonatemi se troppo v’amai, oltre i confini segnati dalla ragione. Addio per sempre, Donna Eufrosina». La disperazione colse il cuore della baronessa. In quel subbuglio di tragedie, si vociferò persino che a tradire il viceré fosse stato l’amico Lelio Massimo, segretamente, colpevolmente, tristemente innamorato anch’egli di Eufrosina. Un ultimo dramma si celava dietro l’angolo. Una notte, i due figli di Massimo, indispettiti dalla presenza a palazzo di quella donna tanto disonorata ai loro occhi, le tolsero la vita all’interno della sua camera. I due vennero giustiziati. Mentre Massimo morì d’infarto di lì a poco.

Una delle pagine più affascinanti della storia siciliana fu, contestualmente, anche una delle più cruente. Il cuore, quando ci si mette, fa più male delle spade e degli archibugi. Eufrosina, la donna desiderata da tutti, aveva avuto la sola colpa di cedere al sogno di decidere da sé. Il risentimento, il discredito, la paura, le ombre di una rovina imminente fecero il resto. Qualcuno ne ha voluto ipotizzare anche un coinvolgimento diretto nella morte dei congiunti. Ciò che è certo è che quell’inseguimento frenetico, affannoso, si era infranto sull’abisso. La dama per eccellenza era davvero diventata tragica. Forse perché, in fondo, ha ancora ragione lui. Victor Hugo. «L’amore non ha mezzi termini; o perde, o salva. Tutto il destino umano è questo dilemma. Questo dilemma, perdita o salvezza, non c’è fatalità che lo ponga più inesorabile dell’amore. L’amore è vita, quando non è la morte. Culla e anche sepolcro. Lo stesso sentimento dice sì e no al cuore umano».

(Immagine in copertina generata con Image Bing Creator)

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Giornalista, laureato in Lettere all'Università di Catania. Al Sicilian Post cura la rubrica domenicale "Sicilitudine", che affronta con prospettive inedite e laterali la letteratura siciliana. Fin da giovanissimo ha pubblicato sulle pagine di Cultura del quotidiano "La Sicilia" di Catania.

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