La fuitìna: la legge non scritta degli amanti siciliani

Vi è mai capitato di parlare con una coppia siciliana e di chiedere, tanti decenni fa, come si erano conosciuti e da quando avevano deciso di stare insieme? Se avete familiarità con questo tipo di aneddoti, probabilmente saprete già che un’usanza tipica, nella Sicilia d’altri tempi, era quella che vedeva due giovani scappare di casa all’insaputa delle rispettive famiglie, per affermare il loro amore nonostante le rimostranze dei genitori.

Parliamo di un fenomeno ampiamente diffuso fino alla fine del Novecento non solo nella Trinacria, ma anche in altre regioni del Sud Italia, e che qui prende il nome di fuitìna: una “scappatella” repentina che ha l’obiettivo di rendere esplicita una relazione amorosa, costringendo le famiglie ad accettare il matrimonio una volta che la neo-coppia avrà lasciato supporre di avere già perso insieme la verginità.

Il termine sarebbe un diminutivo di fuiùta, cioè fuga, che a sua volta deriverebbe dal verbo dialettale fuìri (o fuirisìnni, nella sua forma riflessiva). La radice sarebbe quindi la stessa del sostantivo latino fuga e della voce verbale fugere, poi diventati in italiano rispettivamente fuga e fuggire.

E torniamo ora alla tradizione in senso stretto: di fronte alla scomparsa per qualche giorno dei propri figli, e in particolare delle proprie figlie, i genitori non avevano infatti altra scelta che ricorrere a delle nozze riparatrici, evitando di perdere l’onore di fronte alla notizia che ci fosse in corso una relazione clandestina ed extraconiugale, se non addirittura l’inizio di una gravidanza.

La pratica, che a volte veniva camuffata da “rapimento” dell’uomo ai danni della donna, era in genere consenziente, anche se sono passati alla storia casi come quello di Franca Viola, che durante il processo del 1966 dovette difendersi dall’accusa di avere accettato la fuga con il suo stupratore, avendo così diritto in base alle leggi dell’epoca di non correre ai ripari andando in moglie all’uomo che l’aveva ingravidata contro la sua volontà.

Pur trattandosi di un’abitudine ormai quasi scomparsa ai giorni nostri, il ricordo della fuitìna si tramanda di generazione in generazione, caratterizzando sia numerose storie di maschilismo e di abuso sessuale sia, al contrario, sia altrettante storie d’amore sopravvissute agli ostacoli dei primi tempi.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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