A Catania si ergono i primi bastioni contro il dilagare dell’abbandono scolastico e della povertà educativa. Un fenomeno che proprio nella città etnea affonda radici profonde come evidenziato dal volume “Giovani Invisibili” firmato da Giuseppe Di Fazio e edito dal Sicilian Post. E proprio dalla presentazione del libro-inchiesta del giornalista siciliano ha preso le mosse l’incontro dal titolo “Povertà educativa, esperienze di bellezza e di riscatto”, svoltosi ieri nella cornice del Museo Diocesano. Un’occasione per la città non soltanto per prendere contezza delle dimensioni del problema ma anche per presentare le soluzioni che si stanno già approntando. A partire dal progetto “Di bellezza si vive”, promosso da On srl Impresa Sociale sulla scia del dibattito suscitato dal volume e rivolto a 50 ragazzi provenienti da alcuni dei quartieri più degradati di Catania, e che in occasione dell’incontro è stato presentato per la prima volta. Oltre al giornalista Giuseppe Di Fazio, l’evento ha visto la partecipazione di Emanuela Fellin (pedagogista clinica, responsabile del monitoraggio e della valutazione del progetto) e di Claudio Sammartino (già prefetto della Repubblica). Ad introdurre l’incontro è stato il giornalista e coordinatore di redazione del Sicilian Post Joshua Nicolosi, mentre a moderare è stata la giornalista e collaboratrice del Corriere della sera Ornella Sgroi.

La copertina del volume

Nonostante il ritratto per certi versi impietoso che dipinge – tra dati e statistiche che collocano il meridione e la città di Catania in fondo alle classifiche – “Giovani Invisibili” riesce a tracciare anche un profilo di speranza attraverso storie di riscatto e coraggio. Un percorso, quello delineato da Giuseppe Di Fazio, che abbraccia il tema in tutta la sua complessità e nato da un’esperienza del tutto personale. «Poco prima di mettermi al lavoro sul libro – ha spiegato – mi sono imbattuto nel caso di un ragazzino di 5° elementare, che condivide una casa con ben 8 persone e che non andava a scuola da molti mesi. A fronte di questo, l’istituzione scolastica non si era presa la briga di informare né la famiglia né le autorità competenti. Quel bambino rischiava di perdersi. Per lui, e per i tanti altri come lui che abitano le periferie siciliane, ho voluto scrivere questo libro».

Ma quali sono le ragioni del dilagare di un fenomeno che, durante gli anni della pandemia, non ha fatto che aggravarsi? «La povertà educativa – ha spiegato la Fellin – ha spesso a che fare con un problema di accessibilità alle opportunità, ostacolata da diversi fattori. Ad esempio il sistema familiare, accanto alle condizioni economiche che lo contraddistinguono, è portatore di valori e di valutazioni sull’importanza stessa della cultura e della formazione. Né si può trascurare l’importanza del contesto di vita di questi ragazzi, che spesso crescono in contesti urbani degradati e abbandonati essi stessi. Infine, un fattore spesso trascurato è l’informazione di massa che propone modelli che influiscono in modo decisivo su aspirazioni e scelte. Per cambiare le cose è necessario mettere questi giovani al centro di una società circolare, ovvero una rete di relazioni che sappia renderli davvero protagonisti attivi del proprio percorso di vita».

Ph. Ester Musumeci

D’altro canto, sarebbe riduttivo considerare il fenomeno soltanto come di esclusiva competenza delle istituzioni educative. Sulla questione dei giovani e del loro accompagnamento, infatti, si gioca una partita in cui tutti siamo coinvolti. Questo il monito lanciato da Claudio Sammartino: «Fenomeni come la povertà educativa rappresentano delle ferite profonde per il nostro tessuto civile e  hanno ricadute notevoli non solo sulla sicurezza della nostra convivenza ma,soprattutto, sullo sviluppo armonioso della nostra società e sulla formazione della classe dirigente di domani. Non è un caso che in regioni come la Sicilia o la Campania, la maggiore incidenza della dispersione scolastica si associ a più alta disoccupazione e criminalità. Parafrasando una celebre massima di Don Milani, la società ha un solo problema: i ragazzi che perde».

Ph. Ester Musumeci

In conclusione dell’incontro sono intervenuti l’AD di On srl impresa sociale Giovanni Petrini, Martina Bacci, curatrice del progetto “Di bellezza si vive”, Giovanni Tedeschi, presidente Associazione Cappuccini – tra i partner dell’iniziativa – e Don Pietro Belluso (Parrocchia Maria SS. In Cielo Assunta alla Plaia) per presentare al pubblico l’approdo a Catania del progetto “Di Bellezza si vive” – già sperimentato dall’associazione a Messina. «Creiamo esperienze estetiche – ha spiegato Petrini –  che chiamiamo “testa, cuore, mani” per restaurare un dialogo tra generazioni, che rappresenta uno dei deficit più gravi del nostro tempo, creando delle vere e proprie comunità educanti e territoriali». E così anche a Catania prenderà vita un percorso di accompagnamento rivolto a 50 ragazzi dei quartieri Cappuccini e Tondicello Plaia: «Al cuore dei nostri interventi – ha spiegato Bacci – c’è sempre la volontà di dare ai giovani la centralità che la società nega loro. Li porteremo a scoprire sé stessi accompagnandoli a visitare luoghi simbolo della città in cui vivono e che spesso non conoscono». Un modo per recuperare la dimensione dell’incontro fisico che in tempi recenti, per cause di forza maggiore, è spesso mancato: «Gli ultimi due anni di pandemia – ha aggiunto Tedeschi – hanno reso il nostro lavoro di assistenza nel quartiere Cappuccini ancora più necessario. I ragazzi che accompagniamo da anni si sono dimostrati entusiasti di far parte di questo progetto che rappresenterà per loro un’ulteriore occasione di crescita e di bellezza». In chiusura, Don Belluso ha richiamato l’attenzione sull’imprescindibile necessità educativa che coinvolge pienamente anche il mondo pastorale: «Siamo sempre più consapevoli che non basta trasmettere la dottrina ma metterci in ascolto delle richieste che provengono dal territorio stesso. Dalle realtà più disagiate, come quelle in cui esercito la mia attività pastorale, proviene un grido che reclama attenzione e a cui abbiamo il dovere di andare incontro».

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