Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate

Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto III

Questo celebre verso dell’Inferno dantesco era come un’insegna sulla porta della mia aula negli anni del liceo; quotidianamente ci ricordava dove ci trovavamo e dove stavamo andando, ma ciò non ci faceva esitare dal varcare l’ingresso (eccetto in occasione di qualche compito in classe!), anche perché lo avevamo posto noi là per un tributo al Sommo Poeta, per esorcizzare la paura di certe ore infinite, e per darci un tono a scuola tra le altre classi che iniziarono ad imitarci. Oggi, nei giorni in cui la scuola si ritrova a metà strada tra distanza e presenza, l’ombra scura del Covid-19 può farci temere la città dolente in ogni entrata degli istituti, la perduta gente nei compagni, nei docenti, nel personale, così come l’etterno dolore per le restrizioni e il distanziamento necessari. E come si fa a mantenere la speranza in questo girone infernale, costretti con le mascherine e immersi nel gel sanificante, o di fronte ad uno schermo per lunghe ore? La speranza ha sempre un volto e ci si fa accanto come Virgilio per Dante: sarà un compagno di classe o magari un prof., ma il volto potrebbe essere anche il nostro per gli altri.


PERCHÉ RIME BUCCALI?

Il distanziamento fisico (inteso come 1 metro fra le rime buccali degli alunni), rimane un punto di primaria importanza nelle azioni di prevenzione.  (Linee Guida del Ministero dell'Istruzione, 26/06/2020)

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