La Sicilia che non vuole bruciare: i guardiani dei boschi che colmano il vuoto delle istituzioni

Per Baldo, cinquantenne di Alcamo, la molla è stata «la speranza di coagulare la rabbia per gli incendi in qualcosa di positivo». Per la ventiseienne francese Suzanne, che prima di approdare in Sicilia non aveva mai visto un bosco in fiamme, è stato il sentimento di impotenza. Dal Monte Bonifato a Scopello, passando per la Valle dell’Alcantara, da una parte all’altra dell’Isola un crescente numero di persone si sta organizzando in gruppi di volontari per proteggere i boschi dagli incendi dolosi. Attraverso la “guardianìa”, tengono sotto controllo zone a rischio, segnalano eventuali focolai e scoraggiano gli incendiari

Una cordata di donne e uomini, ragazze e ragazzi, che mano nella mano circondano, abbracciano e proteggono Monte Bonifato, il monte che sovrasta Alcamo. Potremmo immaginarla così, l’azione di volontari e volontarie che nella zona del trapanese hanno intrapreso una lotta contro il fuoco. Quello degli incendi che ogni anno in Sicilia distruggono boschi, macchia mediterranea e hinterland urbani. Trasformando in cenere vegetazione, fauna, abitazioni ed edifici commerciali. Spesso con la mano dell’uomo che si nasconde dietro questi disastri, amplificati dalle temperature torride dell’estate sempre più calda, dai venti di scirocco che gonfiano le fiamme. E dai cambiamenti climatici che avanzano inarrestabili, mentre la specie umana preferisce dichiararsi impotente. Eppure sono sempre più le persone che non si arrendono alla rassegnazione. E prendono l’iniziativa, agiscono. Per proteggere. Soprattutto, per prevenire. Attraverso la “guardianìa”, nata da qualche anno in molte aree dell’isola a rischio incendi e approdata tra luglio e agosto scorsi anche alle pendici del Monte Bonifato, nella riserva di Bosco d’Alcamo.

«Sono del nord della Francia e incendi boschivi non ne avevo mai visti. Da quando sono in Sicilia ne ho visto tantissimi e mi sono sempre sentita impotente, ora con la guardianìa mi sento finalmente di poter fare qualcosa».

Suzanne, 26 anni

«Siamo una trentina di volontari» raccontano Baldo, cinquantenne alcamese, freelance dell’editoria scientifica, e Suzanne, francese, 26 anni, project manager per il terzo settore, che da due anni vive a Palermo. «Ci teniamo in contatto via chat, su Telegram e Whatsapp, e quando le condizioni meteo sono rischiose per il vento, andiamo a presidiare alcuni punti strategici a valle del Monte, indicati dai proprietari dei terreni in zona, interessati negli anni da incendi dolosi. Facciamo turni di due ore, almeno un paio di volontari per presidio, e l’obiettivo è la deterrenza». Pronti a chiamare il 1515 o il 112, in caso di avvistamenti sospetti o di primi segnali di fumo. Muniti di binocoli e walkie-talkie, appena le previsioni annunciano l’arrivo dello scirocco, indossano gilet catarifrangenti «per essere visibili, in modo che i malintenzionati ci pensino due volte ad appiccare il fuoco, come ci ha consigliato chi fa presidio da anni». A partire da Matthieu, 32 anni, esperto di permacultura e manutenzione del verde, palermitano per metà francese, che da quattro anni fa guardianìa tra Fraginesi, Scopello e Balata di Baida, a protezione della Riserva dello Zingaro, più volte devastata dalle fiamme. «In quattro anni ci sono stati alti e bassi, non sempre siamo stati efficaci perché non sempre siamo riusciti a raggiungere il numero di volontari idoneo a coprire tutta l’area a rischio» racconta Matthieu. «Ma sta crescendo sempre di più la partecipazione attiva e quest’anno è stato un successo. Bisognerebbe incrociare tutti i dati per avere risposte precise sull’incidenza, ma di certo ogniqualvolta facciamo guardianìa non parte nessun incendio nei punti presidiati, che prima erano spessissimo soggetti a fuoco».

UN’INIZIATIVA DI COMUNITÀ. Stesso risultato anche ad Alcamo, nella riserva di Monte Bonifato, da fine luglio a oggi. La stagione più critica è la cosiddetta stagione degli incendi, che va dal 15 giugno al 15 settembre. Con i picchi concentrati tra luglio e agosto, quando soffia lo scirocco e le temperature scottano, fomentando il propagarsi degli incendi. Che, in realtà, «ormai divampano tutto l’anno» precisano Baldo e Suzanne. «Lo scorso anno, da marzo a fine ottobre, ci sono stati tanti incendi dolosi e la storia locale ci conferma che l’estate non è l’unico periodo pericoloso. Studiando le mappe aggiornate del Sitr (Sistema Informativo Territoriale Regionale, per il Censimento Incendi – Aree percorse dal fuoco, nda), abbiamo visto che dal 2007 il Monte Bonifato è bruciato ogni anno, invece da quando è attiva la guardianìa non ci sono stati incendi. Vogliamo salvaguardare ciò che ne resta ed è importante mettere insieme la comunità intorno a questo progetto, perché gli incendi ci toccano tutti e tutte». Il gruppo di Alcamo, infatti, nasce accanto al collettivo Muschio Ribelle, ma è aperta a tutta la cittadinanza e a chiunque voglia dare il proprio supporto.

«Le forze di polizia non hanno a disposizione decine di persone che possono stare ferme a presidiare un luogo o un punto particolare»

Baldo, 50 anni

Per «rispondere alle azioni insufficienti delle istituzioni, dato che le forze di polizia non hanno a disposizione decine di persone che possono stare ferme a presidiare un luogo o un punto particolare, come noi volontari, compatibilmente con i nostri impegni di lavoro e famiglia». A motivare Baldo, che in quel territorio c’è nato, è stata «la speranza e la possibilità, in qualche modo, di coagulare la rabbia per gli incendi in qualcosa di positivo». Mentre per Suzanne è stato l’impatto con un fenomeno sconosciuto: «Sono del nord della Francia e incendi boschivi non ne avevo mai visti» racconta «da quando sono in Sicilia ne ho visto tantissimi e mi sono sempre sentita impotente, ora con la guardianìa mi sento finalmente di poter fare qualcosa». Al momento sono circa in 35 i volontari, ma l’obiettivo è crescere. Perché «chiunque non abbia problemi gravi di salute o una mobilità ridotta può farla!» invita Suzanne. Facendo divampare non il fuoco che distrugge, ma il fuoco costruttivo della cura e del rispetto di ciò che va protetto. «È un modo anche per non sentirsi soli e sentire che assieme possiamo fare qualcosa» aggiunge Emma di Muschio Ribelle «per passare da quell’inerzia figlia della disillusione, che spinge a delegare, al fare noi stessi qualcosa per uscire dalla rassegnazione». Del resto, «il muschio si dice sia la prima forma vivente che cresce dopo gli incendi» sorride Ruggero Romano Reina, fotografo catanese, 30 anni. Che segue il gruppo volontario di Alcamo dall’inizio e con i propri scatti ne documenta l’attività di guardianìa ai piedi del Monte Bonifato.

LA MANO DEGLI INCENDIARI. Dopo avere fotografato gli incendi che a luglio 2023 hanno circondato Catania, in un reportage che ha intitolato “A fuoco lento”, e «dopo avere seguito il lavoro che svolgono guardia forestale e protezione civile per domare i roghi, volevo capire come si muove la cittadinanza di fronte a questo problema» racconta Ruggero, venuto a conoscenza delle iniziative di Alcamo «tramite il passaparola». Munito di macchina fotografica, ha quindi deciso di spostarsi dall’altra parte dell’isola e «di passare molto tempo con loro» in quei territori spesso nel mirino degli incendiari, «soggetti che hanno un interesse, spesso economico, ad appiccare il fuoco». Sono moltissime e complesse le variabili in gioco nel fenomeno degli incendi in Sicilia. «Per esempio, la tradizione secolare tra gli allevatori locali di pulire i terreni col fuoco per fare crescere vegetazione per i pascoli, ma anche i contadini a volte ricorrono a questa pratica» spiega il reporter. «L’incendio doloso può avere come fine anche quello di fare perdere valore al terreno incendiato oppure quello di cambiarne la destinazione d’uso.

«L’esperienza ci ha insegnato che per gli incendi dolosi ci sono orari più sensibili di altri, per esempio quando tramonta il sole perché i canadair non possono volare col buio»

Ruggero Reina

Per contrastare il fenomeno, la legge prevede che una zona percorsa da fuoco non possa cambiare uso nei primi dieci anni e i comuni hanno l’obbligo di aggiornare il catasto delle aree colpite da incendio. Eppure più di 140 comuni in Sicilia sono stati commissariati perché non adempiono». Da qui nasce la guardianìa. Per fare convogliare paure e frustrazione in iniziative costruttive. «Un territorio vissuto, presidiato e sottratto all’abbandono, è meno vulnerabile. Per gli incendi dolosi, peraltro, l’esperienza ha mostrato che ci sono orari più sensibili di altri, per esempio quando tramonta il sole perché i canadair non possono volare col buio. Quindi, con i turni di guardianìa si agisce anche in quegli orari in cui le attività di spegnimento sono più difficili» aggiunge Ruggero. Che in questi mesi ha maturato un approccio anche collaborativo, perché «nel documentarismo, come in etnografia, si è passati dalla visione dell’osservatore obiettivo a quella dell’osservatore partecipante, nella consapevolezza che la propria presenza, in qualche modo, ha un’influenza su ciò che succede. E anche in questi casi la presenza di una fotocamera, ad esempio, può intimorire».

IL DIALOGO PER TROVARE SPAZI COMUNI. Tanto che, tra i movimenti antincendio che propagano in Sicilia, aggregando volontari di varie età ed estrazione sociale, alcuni iniziano a valutare l’ipotesi di usare fototrappole e droni «per avere più “occhi” e garantire maggiore copertura sulle zone più esposte alle mani degli incendiari, almeno su quelle dove viviamo, nello spirito di indagare e capire cosa sta succedendo sul territorio» spiega Guido di Settevoci, associazione di promozione sociale nella valle dell’Alcantara, vicino Francavilla nella Sicilia orientale, e parte anche del Maia (Movimento antincendio Alcantara). «Interveniamo in supporto oppure semplicemente per indicare alle autorità dove sono i fuochi, solo se le fiamme minacciano le proprietà e le case in cui abitiamo ci impegniamo anche nello spegnimento, che resta però una misura emergenziale. La nostra missione è studiare il fenomeno e parlare con le autorità competenti, per trovare soluzioni comuni».

«La Sicilia è abitata anche da gente che vuole fare qualcosa, che vuole rimanere e che a volte è costretta ad andare via»

Ruggero Reina

Oltre all’attività di guardianìa e di presidio, anche quella di sensibilizzazione dunque. «Parliamo del fenomeno degli incendi con chi abita queste campagne, per creare una cultura della non accettazione: non bisogna accettarlo come fosse un fenomeno normale». Guido, 34 anni, laurea in Economia politica, è nato e cresciuto a Bologna. Ma quattro anni fa è tornato a Francavilla, città natia della madre, e ha recuperato un vecchio podere di famiglia, sede oggi di Settevoci. Che nel Maia riunisce persone del luogo, ma anche ragazzi che vengono da altre parti d’Italia e d’Europa. E che, come ad Alcamo o a Scopello, si uniscono alla battaglia della Sicilia contro il fuoco, appiccato dalle mani dell’uomo e alimentato dagli effetti della crisi climatica. Effetti che diventano «questioni sociali e politiche» sottolinea Ruggero. «La Sicilia è una terra che affronta difficoltà importanti e che può dire tanto, perché è abitata anche da gente che vuole fare qualcosa, che vuole rimanere e che a volte è costretta ad andare via. Da qui parte il mio progetto fotografico, “A fuoco lento”, lento come l’attitudine siciliana a uscire dalla logica emergenziale della questione degli incendi, che non è più emergenza, ma condizione strutturale». Contro cui sempre più siciliani agiscono e reagiscono. Dal basso, insieme.

Aggiornamento del 9 ottobre 2024

Il collettivo Muschio Ribelle è «un gruppo spontaneo di persone che, ad Alcamo, hanno deciso di liberare un edificio polivalente, con un ostello al piano superiore, in gestione alla provincia, che era in disuso da 6 anni senza più alcuna manutenzione, neanche del bosco intorno» spiegava lo scorso settembre Emma, uno dei membri. Ma questa mattina all’alba, in seguito alla denuncia del Libero Consorzio Comunale di Trapani, le Forze dell’Ordine hanno iniziato lo sgombero alla Funtanazza, lo spazio “liberato” da Muschio ribelle nella riserva dello Zingaro, «nonostante le interlocuzioni continue con le istituzioni e l’appoggio al progetto da parte della popolazione» fanno sapere dal collettivo. Si tratta dell’ex ostello “Cielo d’Alcamo” nella Riserva di Monte Bonifato. «Abbiamo deciso di liberarlo per restituirlo alla cittadinanza come luogo di riferimento dove fare attività e vivere la montagna». Il collettivo parla di “liberazione” e non di “occupazione” «perché l’inerzia istituzionale per sei anni ha lasciato chiuso e in abbandono un immobile pagato con i soldi dei contribuenti, che noi vorremmo riassegnato tramite lo strumento dell’uso civico dei beni comuni. Stiamo lavorando in questa direzione anche con la provincia e con il comune, non senza difficoltà però». Parlava di «dialogo, non in scontro» Emma. «In questi mesi le stanze dell’ex ostello sono state animate da varie attività culturali, ma soprattutto sono state la base di appoggio per circa 30 persone impegnate nella guardianìa antincendio: una azione di contrasto agli incendi dolosi nata nell’ambito delle assemblee popolari, che ha contribuito a far sì che, dopo anni, nessun incendio ha devastato la riserva del Monte Bonifato». Il movimento della guardianìa, ad Alcamo, infatti nasce accanto al collettivo Muschio Ribelle, ma non coincide con esso perché è aperto a tutta la comunità e coinvolge molti cittadini alcamesi che offrono la loro disponibilità e il loro impegno per i turni di guardianìa contro i roghi.

(Immagine di copertuna generata con Firefly)

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Ornella Sgroi è giornalista, critica cinematografica, scrittrice e sceneggiatrice. Collabora con il Corriere della Sera, la trasmissione “Cinematografo” di Rai Uno di Gigi Marzullo e alcuni programmi di Tv2000 (“L’Ora Solare” condotto da Paola Saluzzi e “Di Buon Mattino”). Si occupa di Cinema da vent’anni, e anche di Cultura, Spettacolo e Sociale. Il suo ultimo libro è “È la coppia che fa il totale. Viaggio nel cinema di Ficarra e Picone” (Harper Collins, 2020)

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