L’esordio musicale di NesimaPark: «Devo le mie origini ai The Afghan Whigs»
«Hear me now and don’t forget / I’m not the man my actions would suggest / A little boy, I’m tied to you / I fell apart, that’s what I always do». Inizia così il brano Debonair (Gentlemen, 1993) della band statunitense The Afghan Whigs, a cui NesimaPark – nome d’arte del cantautore catanese Carmelo Spadaro, classe 1991 – si è ispirato per il titolo del suo album d’esordio: «È uno dei primi album che ho ascoltato dalla collezione di mio padre», ha raccontato al Sicilian Post. «Il brano Debonair è uno dei miei preferiti, e da sempre mi ha colpito il significato del suo titolo: letteralmente significa affabile, ma anche disinvolto, – un aggettivo proprio delle persone sicure di sé, che non si lasciano influenzare troppo da quello che c’è all’esterno. È così che spero di essere nella vita, e che mi impegno per diventare».
UN SOUND INTERNAZIONALE DAL CUORE SICILIANO. Ci sono diversi nomi e generi che, insieme ai The Afghan Whigs, hanno poi influenzato il lavoro e il percorso musicale di NesimaPark, fra i quali spiccano l’album Grace di Jeff Buckley, il delta blues, il grunge, le sonorità di Grant Lee Buffalo e quelle di Stevie Ray Vaughan: ecco perché non stupisce la scelta dell’artista di cantare in lingua inglese. «Mi viene più semplice – spiega – diciamo “per scuola”. A volte rispetto all’italiano avverto qualche limite in più, ma di solito è proprio il procedimento che mi spinge a cercare di esprimere un’idea in una lingua straniera a rendermi più creativo». Eppure, se i suoi ascolti e la sua ispirazione vengono per lo più da oltreoceano, le radici di Carmelo Spadaro sono state mantenute nel suo nome d’arte: «Da una strada nei pressi di casa mia ‒ ci racconta ‒ passa un autobus che si chiama Park Nesima. Una volta l’ho visto di notte, mentre rientravo, e così mi è venuta l’idea di portare la città di Catania e le mie origini nel mio mestiere, in un connubio che anche stavolta unisce l’italiano all’inglese».
DEBONAIR, FRA TRADIZIONE ED ESPERIENZE PERSONALI. Pubblicato lo scorso 3 maggio, il suo primo album contiene tre singoli già pubblicati e cinque inediti, coprendo «un arco temporale di circa due anni di trasformazione musicale, che ho presentato con l’intento di offrire comunque una certa continuità d’ascolto». Le sonorità spaziano dal folk al rock, passando per il blues, con numerosi effetti di sottofondo quali riverberi e delay slapback, distorsioni graffianti dall’anima grunge. Alcune tracce, come Red River Blues, si ispirano a storie classiche del genere: «La protagonista è una donna che confessa un tradimento a un uomo, dicendogli di essere incinta di un altro. Un episodio lineare, ma reinterpretato alla luce della mia esperienza». Molti in effetti sono i brani che traggono ispirazione dalle vicende personali del cantautore: «In Captain affronto il tema di sentirsi soli rispetto ai propri genitori. Tonite, scritta dopo un lutto in famiglia, è un invito a volersi bene, a godere delle persone che ci circondano finché sono tra noi. Per Over the hill, invece, ho tratto ispirazione dall’omonima canzone di John Martyn, che ho voluto interpretare pensando di essere in cerca di un amico scomparso dietro la collina e diventato invisibile, perso all’orizzonte. Mentre Cold Sky, il pezzo più sperimentale nel suono, è nato dopo aver conosciuto persone che si sono poi rivelate profondamente diverse da ciò che sembravano». Opera di NesimaPark è anche il disegno inserito nella copertina dell’album, che come la composizione musicale ci racconta essere nato di getto insieme a tanti altri schizzi, immaginati con la fantasia di un bambino e probabilmente legati a loro volta a sue esperienze dirette.
UN PUBBLICO SEMPRE PIÙ AMPIO. Poco dopo l’uscita dell’album, è poi iniziato il tour organizzato con Bengala Booking, che ha previsto diverse tappe in Sicilia e altre in città quali Catanzaro, Bari e Latina. Sia in fase di registrazione che durante il suo giro per l’Italia, svariati musicisti hanno accompagnato NesimaPark in questo progetto, dai batteristi Enrico Tabacco e Paolo Ferrarotto ai bassisti Giorgio Indaco ed Edoardo Buccheri. «Si è trattato di un’esperienza davvero arricchente – commenta il cantautore – specialmente perché l’elemento più importante per me, quello che mi rende più felice, è esprimere ciò che sento davanti a chi mi circonda. Per fortuna la risposta del pubblico è stata peraltro molto positiva: spesso la gente si è fermata non solo per comprare il disco, ma anche per scambiare quattro chiacchiere. Provo una grande soddisfazione per i traguardi che ho raggiunto finora, anche grazie a chi mi è stato accanto, ma allo stesso tempo sento di voler fare molto altro in futuro». Questo è il motivo per cui, come ci svela, arriveranno nuove date sull’isola, e non solo: «Stiamo iniziando a pensare anche al tour invernale, e in quel caso vorremmo spingerci fino al centro-nord, sperando di coinvolgere con il nostro spirito un pubblico sempre più ampio».