23 gennaio 1387: un piano di liberazione avventuroso e fiabesco vede coinvolti Guglielmo Raimondo Moncada e la figlia del Re Federico IV, imprigionata presso il Castello Ursino dall’avido vicario Artale che non accettava il ruolo della donne come legittima erede al trono. A secoli di distanza, uno sguardo sulla vicenda di una nobile dama coraggiosa che per tutta la vita ha saputo combattere per ritagliarsi uno spazio

Il Castello Ursino svetta su piazza Federico II di Svevia, la lava che nel 1669 distrusse Catania contribuì solo a cambiarne morfologia ma non l’imponente potenza che dimostra ancora oggi e che affascina catanesi e turisti. Le sue pareti trasudano storia come le incisioni dei prigionieri scolpite all’interno delle sue mura o i candelabri che ci raccontano di un quartiere ebraico. In questo luogo è nata Maria di Sicilia, la giovane regina dalle avventurose vicende e dal funesto destino. Maria venne messa al mondo il 2 luglio del 1363, dal Re Federico IV, anche lui catanese di nascita, e Costanza d’Aragona. Fu l’unica erede della coppia data la prematura dipartita della madre a cui successe Antonia del Balzo, cugina della regina Giovanna I di Napoli. Federico morì a Messina nel luglio del 1377 lasciando il regno nel caos, l’erede legittimo era infatti una donna, Maria, neanche Antonia aveva generato l’erede maschio tanto agognato. Il sovrano in realtà aveva anche un figlio maschio ma illegittimo, Guglielmo, a cui venne affidato il regno di Malta. Maria non solo era donna, ma anche appena adolescente, così prima di morire Federico lasciò i poteri regali e la protezione della figlia a quattro vicari che si divisero il regno: Artale Aragona, Guglielmo Perrotta, Francesco Ventimiglia e Manfredi Chiaramonte.

UN’ANTICA RAPERONZOLO. Il destino di Maria, già segnato dalla morte dei propri cari, fu costellato da difficoltà: la prima, quella di dover sottostare al volere di quattro diversi reggenti che volevano ognuno per sé la fetta più grande del potere; la seconda, subire l’irritazione di Pietro IV re di Spagna che voleva di nuovo sotto il controllo diretto della corona il trono di Sicilia. Artale, che già con il padre Blasco aveva imposto il proprio dominio sul capoluogo etneo, non contento di reggere la città in vece di Maria, aveva intenzione di darla in sposa a Gian Galeazzo Visconti celebre signore di Milano, e così con la piccola regina lontano sarebbe diventato il signore indiscusso di Catania. Come un’antica Raperonzolo, Maria fu quindi rinchiusa nel Castello Ursino dove visse in uno stato di semilibertà. Ma i catalani non avevano di certo perso le speranze e Pietro non voleva lasciarsi scappare una terra fertile come quella catanese così in suo soccorso venne Guglielmo Raimondo Moncada, conte di Agosta, che voleva riacquisire il potere perso dopo la nomina dei quattro vicari.

IL SALVATAGGIO. Il piano venne messo in atto il 23 gennaio del 1387, la sovrana fu condotta inizialmente al castello di Augusta, che presto venne assediato da Artale, così Giovanni la trasferì nel castello di Licata dove la affidò agli emissari del Re Pietro. Essendo anche Licata messa sotto assedio venne trasferita in Sardegna e poi a Barcellona dove venne affidata alle cure di una zia. Qui rinchiusa, senza un regno decise infine di cedere alle richieste dei parenti spagnoli e sposare il figlio di Pietro IV, Martino detto Il Giovane. Maria, passata da regina a consorte del nuovo re di Sicilia, venne incoronata insieme al marito nella cattedrale di Palermo nel 1392. I problemi però non erano finiti: i vicari non avevano accettato il nuovo assetto politico, così stipularono il Giuramento di Castronovo dove si ripromettevano di riconquistare il loro potere. È probabile che Catania non prese parte agli scontri perché, con la pace che giunse solo nel 1398, la città venne premiata per la sua fedeltà.

UN TRISTE DESTINO. È sempre al Castello Ursino dove per lungo tempo soggiornarono i sovrani che il 17 novembre del 1398, nonostante le sue precarie condizioni di salute, Maria diede alla luce l’erede al trono. La regina, per buon auspicio, voleva chiamare il pargolo Federico, anche a sottolineare la loro discendenza sveva, ma il marito si impose preferendo l’aragonese Pietro in onore del padre. Il piccolo però non visse a lungo e fu proprio all’interno di quel Castello che gli aveva dato i natali che l’8 novembre del 1400 morì. Si racconta che fu ucciso da un colpo di lancia in testa durante una giostra. Maria, straziata dalla morte del figlio e a causa della peste che dilagava a Catania lo seguì il 25 maggio del 1401. Il destino di Maria era quello di essere la regina di Sicilia, l’ultima vera erede di quell’isola che aveva generato la sua stirpe, ma purtroppo spesso le cose non vanno come dovrebbero soprattutto nella storia delle donne che in Sicilia vedrà il suo riscatto con la regina Bianca di Navarra, seconda moglie di Martino che regnerà con saggezza l’isola fino a quando non ne sarà privata.

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