Mario Venuti fa entrare al Bellini la voglia, la pazzia, l’incoscienza e l’allegria
Nove anni fa, nel 2012, sembrava che le porte del Teatro Bellini di Catania stessero per aprirsi a una versione operistica di Mario Venuti. Era l’“ultimo romantico” che sfoggiava con orgoglio l’opera omnia di Bach sul pianoforte nel salotto di casa e inseguiva Don Giovanni tra postriboli e sagrestie in Là ci darem la mano. «È l’anticamera dell’opera che avevo in mente di scrivere per il Teatro Bellini quando ero stato contattato dall’allora sovrintendente Antonio Fiumefreddo», ci disse. «Un’opera sull’Eros, dionisiaca come il Don Giovanni. Chissà forse un giorno riuscirò a portarla a termine. Mi butterei a capofitto nel lavoro se dovessero commissionarmela». Quel progetto non andò avanti. Come racconta la travagliata storia del teatro lirico etneo, Fiumefreddo si dimise e, purtroppo, tramontò l’idea di affidare la creazione di una opera inedita a un autore contemporaneo, che fosse Mario Venuti, Franco Battiato o Michael Nyman.
L’ex Denovo:«Mi diverto a giocare con la musica. Oggi non è tempo di rock, ma di tropicalismo»
Nove anni dopo, le porte del tempio della lirica catanese si aprono davvero per Mario Venuti. Ma per l’ex Denovo, forse, meno atteso, più sorprendente, più provocatorio. Che ha messo da parte le infatuazioni per il mondo classico ed ha accantonato la sua storia da rocker, per lasciarsi trasportare dalla voglia, dalla pazzia, dall’incoscienza e dall’allegria. «La mia versatilità mi porta a cogliere l’occasione del momento», ride l’ex “ultimo romantico”. «Mi diverto a giocare con la musica. Ogni cosa a suo tempo: oggi non è tempo di rock, ma di tropicalismo. Ad esempio, per l’estate del prossimo anno, c’è l’idea di portare avanti Tropitalia live con l’orchestra del Brass Group, quindi con l’aggiunta di fiati e con arrangiamenti più orientati al jazz. E mi piacerebbe fare una registrazione “live”».
Al Bellini, sabato 4 dicembre, dopo il debutto al Blu Note di Milano, e domenica 5 al Santa Cecilia di Palermo, per proseguire a Bari e Bologna, il Tropitalia tour sarà invece rigorosamente acustico. Tanto da costringere Mario Venuti a stare seduto davanti al microfono e «non certo per il mal di schiena che mi sta perseguitando», tiene a sottolineare. Conseguenza di un eccesso di palestra per un fresco cinquantottenne.
Imbacuccati e seduti, Mario Venuti e il suo sodale e complice Tony Canto (che in gennaio uscirà con il nuovo album Casa do Canto), insieme con Vincenzo Virgillito al contrabbasso, Neilton Dos Santos alle percussioni e Manola Micalizzi alle percussioni e cori, durante le prove nel freddo teatro di Belpasso, hanno svolto una attenta ricerca sul suono acustico da proporre al Bellini. «Sarà il Brasile puro: samba, bossa nova, forrò, choro, frevo», spiega l’autore di Crudele. «È un concerto dal volume contenuto con un atteggiamento da integralista, soprattutto da parte di Tony. Al Bellini, dove l’acustica è perfetta, sarà stupendo».
Nei concerti del tour invernale nei teatri ci saranno tutte le canzoni dell’album “Tropitalia”
e alcuni dei brani più popolari dell’artista
Tropitalia è la sintesi dei due principali percorsi seguiti da Mario Venuti nella sua carriera solista: la passione per il Brasile, che da Fortuna in poi serpeggia nelle sue canzoni, e il legame con la canzone d’autore italiana. L’artista non si limita a “coverizzare” grandi successi della musica nazionale e, in concerto, anche della sua carriera, ma reinventa ogni canzone: pur nel rispetto delle linee melodiche, dà un altro mood, un’altra anima a ogni interpretazione. Voar (Nel blu dipinto di blu), appena uscita come terzo singolo, la canzone italiana più famosa all’estero, lanciata dell’”urlatore” Domenico Modugno, viene sofficemente dirottata fra Tropici e Africa, mentre Ma che freddo fa diventa un frenetico samba, ben lontano dall’originale. È quasi cameristica Maledetta Primavera, un sofisticato valzer con echi di frevo: «È stata una sfida fare questa canzone», precisa con una punta di orgoglio Mario Venuti. Da Nada ad Alan Sorrenti (del quale rilegge Figli delle stelle) e Vittorio De Scalzi (Quella carezza della sera), in molti hanno espresso positivi apprezzamenti per le versioni dell’ex Denovo. «L’unico che non si è fatto sentire è stato Tiziano Ferro, perfino Jovanotti si è congratulato con me per la mia rilettura di Xdono», ride Mario Venuti. «Non cercavo comunque approvazioni, sono mie versioni, alcune provocatorie. João Gilberto, che era fondamentalmente un interprete, ha scritto che si potrebbe smettere di scrivere nuove canzoni. Perché c’è così tanto lavoro di reinterpretazione di canzoni esistenti. Bisognerebbe rivalutare il ruolo dell’interprete, invece oggi tutti tendono a essere cantautori. Con i risultati che abbiamo davanti agli occhi: dopo un po’ sono scomparsi».
Nei concerti del tour invernale nei teatri ci saranno tutte le canzoni dell’album Tropitalia ed alcuni dei brani più popolari di Mario Venuti, da Veramente a Caduto dalle stelle, tutti ovviamente in versione tropicalista. «Dopo aver suonati alcuni per vent’anni sempre allo stesso modo, è stato divertente riproporli in modo diverso», spiega. «Certi pezzi si sono prestati facilmente, perché già contenevano influenze sudamericane, per altri, come nel caso di Crudele, dove siamo dovuti intervenire sull’armonia, è stato più impegnativo, ma alla fine sono soddisfatto».