Pane, granita e tradizione: a Catania una degustazione per tornare al passato

La fragranza inconfondibile del pane artigianale unito al gusto più unico che raro della granita nostrana. Prima ancora che la “brioscia col tuppo” entrasse a far parte del sacro rito siciliano legato alla granita, era questo l’abbinamento che per generazioni ha accompagnato le torride giornate estive isolane. A rievocare la genuinità di quel gusto, ci hanno pensato Serena Urzì, chef glacier etnea che ha posto le sue radici nello storico bar di famiglia Ernesto, e Valeria Messina, fornaia specializzata nella panificazione artigianale di grani antichi, dalla cui mente e creatività è nato il Forno Biancuccia. L’occasione? Grani e granite all’ombra dell’Etna, una degustazione tenuta nell’elegante cornice di Corthè, angolo relax immerso simbolicamente nel tessuto urbano etneo, a metà tra la città vecchia (Corso Italia, Piazza Verga) e quella nuova (via Umberto si trova proprio alle spalle).

La granita a base di pistacchio

«L’idea nasce dalla mia volontà di rievocare questa antica tradizione – ci spiega Serena – e di unire due storie simili». Della vecchia professione di avvocate praticata da entrambe, infatti, rimane il metodo: continuare a studiare con lo stesso rigore per creare la propria identità. Sei le granite create appositamente per l’evento, per «riscoprire e dare valore alla biodiversità presente nel nostro territorio, e dimostrare che non solo la granita, ma anche il gelato, sono prodotti da degustare come le altre specialità siciliane invidiateci da tutto il mondo, e non solo per rispondere ad un’esigenza creata dalle elevate temperature estive» aggiunge Serena. Il tutto accompagnato da una sapiente e studiata scelta di pani di ingredienti e consistenze diverse, per dar vita all’accoppiata perfetta.

Il fil rouge degli accoppiamenti tra pane e dessert è stata la scelta di ingredienti cardine della nostra tradizione culinaria, sapientemente reinventati per stupire il palato. Così il Pistacchio 100% siciliano ha abbracciato il gelsomino, attraverso una tecnica di infusione a freddo che permette al fiore di rilasciare i suoi oli essenziali, accompagnati rispettivamente da un pane integrale di Russello e Timilia. «Il pane – illustra Valeria – è rigorosamente di ieri. Lo considero un po’ come il vino: ha bisogno di riposare e rilasciare dei particolari profumi che altrimenti risulterebbero troppo forti».

A seguire, protagonista della tavola è stata una Granita al limone dell’Etna I.G.P. e finocchietto selvatico con chips di pane integrale con semi di zucca, girasole e lino. La tecnica di infusione a freddo utilizzata per il finocchietto è stata la medesima del gelsomino, ma con una durata di 12 ore. La scelta del pane, invece, è stata legata alla voglia di frescura che la granita ispira, al desiderio di dissetare più che di nutrire. Dunque, una miscela inedita di croccantezza e delicatezza, data dal giocare pane di Perciasacchi.

La granita a base di cioccolato di Modica

A prendersi la scena, poi, ci ha pensato uno dei protagonisti indiscussi della nostra cultura culinaria: il cioccolato di Modica I.G.P. 70%, affiancato a del pane semintegrale di Maiorca e Perciasacchi con frutta secca. Un connubio all’apparenza molto semplice, che però nasconde la sua peculiarità nella preparazione: l’assenza del cacao. «Quella al cioccolato – ha spiegato Serena – è l’unica granita che deve cuocere. Non ho messo cacao, perché non mi interessava raggiungere un colore scuro, ma mi bastava mantenere il colore chiaro che già possedeva». Sulla scelta del pane, Valeria non ha avuto dubbi: « Modica mi ha fatto pensare subito alla frutta secca e ad un pane più morbido. Da qui, l’idea di usare un semintegrale di Maiorca arricchito di nocciole, mandorle, noci e pistacchi».

Successivamente, ai commensali è stata proposta una Granita alla ricotta di pecora con pane integrale di Maiorca e segale con cioccolato e scorze d’arancia. Un gioco quasi di illusioni per il palato, trasportato agli antichi sapori dell’immancabile cassata siciliana inganna il palato ricordando la caratteristica cassata siciliana. Particolarmente pregiata la qualità della ricotta, prodotta al 100% in territorio ennese, ad Aidone. E che dire, poi, del sempre vincente accoppiamento tra cioccolato ed arancia, reso ancor più interessante dalla morbidezza del panificato?

A giocare su un sottile filo di equilibri e corrispondenze è stata la Granita alle fragoline di bosco di Maletto e Syrah “leggermente appassito” con pane semintegrale di miscuglio evolutivo. Alla base della preparazione, infatti, non l’acqua, come ci si potrebbe attendere, ma un sofisticato Syrah rosso con aromi di prugna e vaniglia: «Per fare in modo che la granita non avesse zucchero in eccesso – ha svelato la chef glacier – ho utilizzato solo fragoline e vino in purezza, accertandomi che quest’ultimo non fosse né troppo giovane né troppo strutturato». Ancora più imprevedibile, se possibile, l’accoppiamento del pane pensato da Valeria: «Il mio obbiettivo è stato dare priorità alla componente olfattiva. Per questo ho chiesto ai presenti, prima di consumare il pasto, di strofinare le mani su una foglia di menta o di basilico, per godere a pieno del miscuglio evolutivo». Vale a dire il risultato di «un campo seminato con un mix diversificato di grani che mette in risalto la biodiversità: a seconda di alcune variabili ambientali come il clima e l’altitudine alcune varietà attecchiranno meglio di altre, e la stessa manciata di grani avrà un’essenza diversa a seconda del territorio»

Per chiudere in bellezza, un accostamento che si candida ad essere la più radicale innovazione proposta dalla degustazione. Un richiamo alla tradizione e soprattutto alla campagna siciliana, quasi a richiamare paesaggi di verghiana memoria, incarnato dalla Granita alle fave fresche con crostini di farro semintegrale, conditi con olio e sale. «Questa preparazione – ammette Serena – è stata una sorpresa anche per me. Siamo riusciti a mantenere perfettamente il sapore della fava, nonostante la presenza dello zucchero. Il sapore del legume si mantiene grazie ad un passaggio precedente alla lavorazione: ho leggermente sbollentato le fave, le ho passate in acqua e ghiaccio e poi ho tolto la parte esterna, per permettere alla granita di mantenere la sua consistenza cremosa ma leggermente granulosa, e il colore originario». Non meno originale la scelta di Valeria: «Ho pensato alla granita come una vera minestra di fave primaverile. Il gioco dei crostini, perciò, è risultato naturale: li ho irrorati a crudo con olio del progetto Boniviri, una gradevolissima Tonda iblea in purezza, e sale integrale delle Saline di Trapani presidio Slow Food».

Conclusione perfetta di un percorso fatto di sapori e odori tradizionali, per rievocare un’usanza siciliana che, nonostante la sua naturale evoluzione, rimane capitale nell’immaginario di ogni siciliano. Specie se per gustarli scegli le suggestioni del cuore di Catania.

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Collaboratrice del Sicilian Post dal 2020. Si interessa di editoria, cultura e tematiche sociali. È laureata in Comunicazione presso l'Università di Catania.

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