Sicilian Playlist #235: il nuovo viaggio di Nicolò Carnesi tra mito e surrealismo
Otto tracce che partono dal cantautorato per evolversi in una dimensione strumentale, aprendosi a scenari onirici e perturbanti. “Ananke” è il nuovo album dell’artista siciliano che è stato anticipato da “Orfeo”, il brano da cui prende le mosse la selezione di questa settimana. Questa prosegue poi con i Katadeo (“Esotyka”), Erika Lei (“Alitalia”), Beatrice Campisi (“Mappe stellari”), Charlotte Cardinale (“Deserti abitati”) e Giuseppe Cucè (“È tutto così vero” “). In chiusura, troverete “Hera”, traccia che fa parte di “Music from Myths”, opera musicale ideata dal compositore Salvo Ferrara
Ogni settimana sottoporremo al vostro ascolto una playlist di canzoni di artisti siciliani. Brani vecchi e nuovi scelti dalla redazione, ma che potrete indicarci anche voi e, soprattutto, potranno inviarci cantautori, cantanti e band, di qualsiasi genere musicale. Inseriremo i vostri consigli e le proposte musicali all’interno della nostra playlist che sarà pubblicata anche su Spotify.
Potete inviare le vostre proposte (complete di link Spotify e YouTube) all’indirizzo sicilianplaylist@sicilianpost.it
“Orfeo” Nicolò Carnesi
“Ananke” è il nuovo album del cantautore palermitano con il quale esplora sonorità inedite, ampliando il suo linguaggio musicale e confermando la profondità della sua ricerca artistica. L’artista siciliano pone al centro il Mito, dando voce a un’esigenza profonda: entrare in contatto con dimensioni che, pur estranee al nostro tempo, lo attraversano, rivelandone le crepe. Da qui il titolo, “Ananke”: figura della mitologia greca, dea del Destino e della Necessità, che rappresenta la forza che sovrasta la volontà. È il limite e la legge, ma anche il tentativo di sfidarla, l’illusione del controllo che si frantuma di fronte a un ordine più grande, immodificabile, cui gli eroi si oppongono invano.
Otto tracce che partono dal cantautorato per evolversi in una dimensione strumentale, aprendosi a scenari onirici e perturbanti: i riferimenti si dissolvono in un surrealismo distopico, proiettando l’ascoltatore in un futuro dove le emozioni, ormai frammentate, diventano sfumature sonore evanescenti. Così, chi ascolta si confronta con i propri archetipi, si lascia avvolgere dalla narrazione e infine la trascende.
Il disco è stato anticipato dal singolo “Orfeo”, entrato da subito nelle playlist “New Music Friday Italia” e “Indie Italia” di Spotify.
“Esotyka” Katadeo
I Katadeo tornano con un nuovo lavoro che profuma di Mediterraneo, sudore, danza e radici: “Heka” è il titolo dell’EP che conferma la cifra inconfondibile del trio siculo, capace di intrecciare dialetto, elettronica e pulsazioni globali in un linguaggio sonoro unico e viscerale. Quattro tracce – “Cantu ‘n dialettu”, “Ci fai casu”, “Esotyka”, “Nicchirinnau” – compongono questo rituale musicale che sfugge alle etichette. Non è folk, non è solo elettronica: è afro, è funk, è house. È il corpo vivo di una Sicilia che smette di essere cartolina e torna a parlare con la sua voce autentica. «“Esotyka è la nostra risposta danzante a una Sicilia vista solo come cartolina. Noi vogliamo restituirle la sua carne, il suo respiro, la sua voce», dichiarano i Katadeo parlando del singolo che ha anticipato l’uscita del disco.
Formati da Marilena Sorbello Mavàra (voce e synth), Kristian Kouyatè (percussioni ed elettronica) e Quarolli (basso elettrico), i Katadeo si confermano come una delle realtà più originali e coraggiose della scena indipendente del Sud Italia. La loro musica è corpo, rito, denuncia e festa. Una festa vera, che nasce per strada, tra la gente, nel cuore pulsante di un Sud che resiste, si reinventa e si celebra.
“Alitalia” Erika Lei
Cantautrice e interprete di Licata classe 1992 in questo brano racconta il desiderio struggente di trattenere l’intensità di un legame già destinato a svanire. È la storia di un amore vissuto nell’arco di poche ore, ma così profondo da trasformare ogni istante in un intero universo. Un sentimento che si vorrebbe eterno, un salto nel vuoto, una corsa contro il tempo e contro l’oblio. L’aereo Alitalia diventa simbolo dell’incoscienza e del coraggio che spingono a inseguire ciò che fa battere il cuore, rappresentando l’urgenza di una connessione che sfida logica e distanza.
Il sound indie pop, delicato e onirico nelle strofe, esplode nel ritornello, dando voce al conflitto tra il desiderio di lasciar andare e la forza emotiva che spinge a restare aggrappati a ciò che conta davvero. “Alitalia”, prodotto da Andrea Galuzzi, segna il ritorno di Erika Lei che, dopo un periodo di pausa e riflessione, intraprende una corsa contro il tempo, per trattenere l’impossibile – o forse ancora sé stessa.
«Scrivo per non esplodere. Scrivo quando sento troppo e quando non so dove metterlo», racconta l’artista. «Le parole sono il mio modo di capire cosa provo, di darmi un tempo e uno spazio. La musica arriva dopo, come un contenitore che tiene insieme tutto. Ho bisogno che ogni cosa che faccio abbia un senso, anche quando fa male. Scrivere mi permette di restare lucida in mezzo al caos, di trattenere qualcosa prima che svanisca, di lasciarmi attraversare senza crollare. Alitalia è nata così. Da un volo che non ho mai preso e da una storia che mi ha costretta a fermarmi proprio quando avrei voluto andare. È il mio tentativo di mettere ordine dentro una confusione bruciante. Un reset. Un modo per trattenermi. Anche solo per altre 24 ore».
“Mappe stellari” Beatrice Campisi
Brano estratto da “L’ultima lucciola”, il nuovo progetto letterario e discografico della cantautrice siciliana. Il brano parla della difficoltà di riconoscersi nel proprio corpo, di sentirsi all’altezza delle aspettative, di intessere relazioni profonde. Questo smarrimento può essere lenito dall’incontro tra anime affini, sensibili, che tracciano connessioni astrali per arginare le fragilità giovanili e disegnare “mappe stellari contro la tristezza”.
«Il video di Lù Magarò e Gabriele Zanoncelli propone un loop in cui mi perdo e vengo inseguita da un’auto, salvo capire, sul finale, che alla guida della macchina ci sono io stessa. Le paure e le ansie possono autosabotarci; rischiamo di continuare a scappare, senza renderci conto che, a volte, siamo noi stessi il nostro limite più grande».
“L’ultima lucciola”, il cui titolo nasce dalla lettura di un articolo di Pier Paolo Pasolini, noto come “L’articolo delle lucciole”, uscito sul Corriere della Sera nel 1975, a pochi mesi dal brutale assassinio dello scrittore, è una raccolta di testi, in versi, accompagnati da illustrazioni di Elisabetta Campisi e arricchiti dalla registrazione di un album omonimo, ispirato alle poesie stesse.
“Deserti abitati” Charlotte Cardinale
Cantautrice e produttrice siciliana che attualmente vive a Malta, in questo brano racconta un momento di disagio interiore, in cui chi ha perso fiducia nel futuro e cerca sollievo in distrazioni effimere. Eppure, in questo smarrimento, resta vivo il desiderio di donarsi, di accogliere il dolore altrui e di condividere il proprio. Anche nel caos, sopravvive la voglia di restare vicini e presenti. In questo viaggio, la fragilità non è una sconfitta, ma una soglia che, pur causando dolore, apre lo sguardo a nuove opportunità.
«Deserti Abitati è il mio nuovo singolo, una ballata intensa e intima che ho scritto esattamente un anno fa», racconta Charlotte. «Come ogni dono prezioso, ha avuto bisogno di tempo, dedizione e cura. L’ho nutrito con pazienza, modellato con sensibilità, e arricchito grazie all’esperienza di chi ha saputo accompagnarmi nel renderlo vivo. Solo ora sento che è pronto per incontrare il mondo. Questa canzone nasce da un luogo profondo, autentico, e oggi si apre a chi l’ascolta con la delicatezza di qualcosa di vero, lasciandosi sorprendere dal suo stesso impatto. Parla di speranza smarrita di fronte ai conflitti senza fine nel mondo, di fragilità che si mostra senza paura, ma anche di forza silenziosa. È il suono di una bandiera bianca che sventola nel vuoto di un deserto… chiedendo ascolto, senza mai urlare».
“È tutto così vero” Giuseppe Cucè
Il brano “È tutto così vero” è una confessione intima, un viaggio nella memoria di una prima volta che non ha nulla di perfetto, e proprio per questo brucia sulla pelle come verità. È la storia di un incontro che sporca e salva, che lascia il segno e libera. La canzone si muove tra le ombre di una città sospesa, fatta di calle deserte, case dirupate, volti che sembrano usciti da un sogno polveroso. La sensualità non è patinata: è nuda, scomoda, a tratti squallida. Ma in quel disordine, in quella notte senza nome, c’è tutta la fame di vivere. È la scoperta del corpo, del desiderio, della fragilità che si fa forza. Una locanda dimenticata, un ballo sudato, un bicchiere di rum: sono questi i luoghi dove l’anima si spoglia davvero. La primavera passa, come passano le illusioni, lasciando solo la verità delle emozioni vissute. Nel ritornello si canta il veleno e la bellezza di quella sera, il confine sottile tra l’incanto e il disincanto. Lo special, con i suoi sapori latini e tropicali, è un’esplosione di vita che non chiede scuse: si balla, si beve, si brucia, si ama.
Spiega l’artista a proposito del brano: «“È tutto così vero” non è una canzone sulla perfezione, ma sull’autenticità. Racconta la prima volta come un battesimo laico: scomodo, istintivo, sporco… ma necessario. Perché è solo passando dal buio che si impara a riconoscere la luce».
“Hera” Salvo Ferrara
“Music from Myths” è l’opera musicale ideata da Salvo Ferrara, soundtrack composer e music producer siciliano “modern-classic”, da anni impegnato in collaborazioni artistiche con filmakers, documentaristi di fama e prestigiose istituzioni culturali. Il progetto, che unisce tradizione e innovazione e si ispira al patrimonio culturale della Sicilia, come le sculture e i rilievi dei templi greci di Selinunte, il più importante complesso architettonico dell’Occidente greco, nasce grazie ad una intensa collaborazione con il Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo con l’obiettivo di cogliere la relazione fra alcune delle più interessanti testimonianze dell’arte greca nel Mediterraneo, le Metope di Selinunte – l’Europa sul toro, che si osserva nella copertina del progetto, esposta al Museo Archeologico Salinas di Palermo e proveniente da Selinunte, diventa una metafora perfetta di fusione e trasformazione – ed il mondo dei suoni, territorio già in parte esplorato dal musicista polacco Karol Szymanowsky che ad esse, nel 1915, dedicò una composizione per pianoforte. Salvo Ferrara riprende idealmente quel filo, portando la stessa ispirazione nella modernità e arricchendola con tecnologie sonore avanzate.
L’opera musicale, che reinterpreta il passato attraverso il linguaggio della musica postmoderna influenzato dall’intensa suggestione derivante delle figure mitologiche, offre un’interpretazione spiccatamente contemporanea del rapporto suono/immagine: un’ambientazione sonora che vede alternarsi momenti evocativi ad episodi ritmicamente incalzanti e che si avvale di timbriche crossover grazie all’interazione fra apparecchiature elettroniche e strumenti acustici.