“Spagnàrisi”, la paura siciliana che si riconosce (quasi) ovunque
Se tempo addietro avevamo approfondito l’origine del sostantivo siciliano scàntu, da cui deriva poi il verbo scantàrsi (o scantàrisi, in base alle zone), è pur vero che nel dialetto della Trinacria esiste anche un altro modo per descrivere l’atto di provare una forte paura, facendo ricorso al lemma spagnàrsi (o spagnàrisi, in base alle zone).
Spesso utilizzate in maniera intercambiabile, le due parole hanno un significato quasi uguale, anche se dal punto di vista dell’etimologia non si assomigliano poi tanto. Spagnàrsi, infatti, non ha niente a che vedere con l’excanto e lo scandalon di scàntu, e deriverebbe piuttosto dal latino ex e pavere, che hanno dato vita alle forme intensive expaventāre e poi expamentāre, con il significato per l’appunto di spaventarsi.
Dopodiché, da qui si sarebbe sviluppato il gallurese spamintá, dalla cui forma si è poi formata la versione ridotta e sincopata spagnàrisi, comune non solo nella Trinacria ma anche in alcune aree della Calabria e, con alcune variazioni, anche nel dialetto lucano e pugliese – per non parlare poi delle occorrenze spagnole e portoghesi di espantarse.
Una paura, insomma, che parla quasi la stessa lingua in diverse parti del mondo, e che peraltro a modo suo troviamo perfino nell’italiano medievale, in cui è attestato già dal 1300 il verbo spantare. Attenzione, però, perché in Sicilia non si limita a definire un momento di timore, descrivendo piuttosto l’azione di sobbalzare o di ritrovarsi senza fiato.
Scantàrsi e spagnàrsi, infatti, sono termini segnati da un’intensa connotazione emotiva, che oltre ad avere delle conseguenze interiori si manifesta con gesti fisici eclatanti e improvvisi, spesso accompagnati da una mano poggiata all’altezza del cuore o a coprire la bocca, come a enfatizzare lo stato d’animo da cui si è tutto a un tratto pervasi.