Sull’Etna la neve si fa attendere troppo. E il turismo montano si reinventa
Che i Siciliani non siano avvezzi al freddo è noto, ma quest’anno l’inverno si è fatto attendere fin troppo per chi sulla stagione invernale basa il proprio sostentamento. In una situazione di cambiamento climatico ormai evidente, infatti, vedere l’Etna imbiancata come in questi giorni è diventata quasi una rarità: «Mio padre mi raccontava che negli anni Sessanta la neve sull’Etna si trovava già a 1300 metri: oggi a questi livelli non si trova più nemmeno al Nord Italia, e qui bisogna salire addirittura a quota 2000». Così ha commentato la situazione attuale Biagio Ragonese, rappresentante del gruppo Guide Etna Nord che riunisce numerose guide alpine e vulcanologiche esperte di trekking, sci alpinismo e passeggiate con ciaspole.
L’ESTATE DI DICEMBRE. «Quest’anno la stagione sciistica non è mai partita – ha continuato Ragonese, con una punta di amarezza – e noi siamo andati avanti con escursioni e trekking finché il tempo ha permesso, anche se poi è mancata qualsiasi attività legata alla neve. E se è vero che durante le festività natalizie abbiamo avuto un alto numero di turisti europei attratti proprio dalle belle giornate, sono mancati tutti i turisti locali che in genere arrivano sull’Etna per giocare con la neve e fare passeggiate sopra il suo manto bianco». Parole che fanno eco a quelle di Salvo Caruso, responsabile del noto Rifugio Giovanni Sapienza di Nicolosi: «Benché quest’anno la nostra struttura alberghiera sia chiusa per ristrutturazione e possa fare affidamento solo sulle presenze al bar – ci ha spiegato – nel periodo natalizio abbiamo assistito a un pienone di turisti provenienti da tutta Europa e all’arrivo di molte telefonate per i pernottamenti». Da qualche settimana a questa parte, invece, l’affluenza è tornata bassa, e l’ultimo weekend con temperature più rigide non ha comunque rivoluzionato la situazione, considerando fra l’altro il tempo ventoso e piovoso del weekend.
«Quest’anno sentiamo la mancanza dei turisti stranieri, e di quelli nostrani che amavano passeggiare sulla neve»
Biagio Ragonese
ASPETTATIVE VS. REALTÀ. Una situazione che, sulla carta, si prospettava decisamente diversa. «Nell’inverno 2021 la stagione sciistica è stata avviata il 16 dicembre ed è proseguita per tutte le vacanze, attirando i turisti della aree circostanti, che non potendo partire a partire a causa della pandemia avevano modo di godersi almeno un paio di giorni ad alta quota. Quest’anno che avrebbe dovuto segnare una netta ripresa post-Covid, invece, le cose non sono andate così», ci ha spiegato in merito Ragonese, che nonostante la poca neve arrivata ora sull’Etna non ha visto ridecollare nessuna attività prettamente invernale. «Negli scorsi anni molti sciatori ci hanno raggiunto dal Nord Italia per i weekend, attratti dal nostro sci alpino che è particolarmente apprezzato per il suo livello di sicurezza (il rischio valanghe è quasi pari a zero), per l’emozione che dà sciare sopra un vulcano e per la vista panoramica sul mare. Quest’anno, al contrario, sentiamo la loro mancanza, proprio come quella dei turisti nostrani che, pur non pernottando qui, amano comunque passeggiare sulla neve con le ciaspole».
NIENTE NEVE, NIENTE LAVORO. Tutto questo, com’è inevitabile, genera un danno irreparabile al mercato del turismo invernale: «Se è vero che noi abbiamo potuto sopperire prolungando la stagione del trekking, grazie alle miti temperature autunnali registrate fino a domenica scorsa, c’è chi invece all’atto pratico non ha mai iniziato a lavorare: si pensi agli addetti alle piste da scii, agli impianti di risalita mai messi in moto, alle mancate prenotazioni nelle strutture alberghiere… Anche la Sicilia, alle sue latitudini, godeva dei frutti di un certo turismo invernale, quando ancora su Piano Provenzana-Etna Nord, a quota 1800 metri, si poteva sciare» ha proseguito Ragonese.
«Per quanto spettacolari possano essere le colate laviche, non possono supplire da sole al fatturato di un’intera stagione»
Salvo Caruso
IL RUOLO DELLE ERUZIONI. Di fronte a queste previsioni poco rosee per il futuro della neve nella zona etnea, ci siamo allora chiesti se l’attrattiva esercitata dalle eruzioni vulcaniche possa in parte sopperire al mancato fatturato stagionale. «Per quanto spettacolari possano essere le colate laviche – chiosano Biagio Ragonese e Salvo Caruso – si tratta di fenomeni durante i quali è difficile avvicinarsi di persona a versanti e crateri, e in ogni caso restano episodi intermittenti, che non possono supplire da soli al fatturato di un’intera stagione». L’unica speranza, al momento, sembra quindi da riporre in un turismo estivo più fortunato, capace di riportare un boom di turistici sull’isola in attesa che un intervento più consistente contro il cambiamento climatico torni a regalarci scorci ancora più innevati, e incantevoli settimane bianche da tornare a trascorrere sull’Etna.